venerdì 29 aprile 2011

ANARCHICINI: * BRUNO MISEFARI ( 1892-1936)


MISEFARI GIOVANE

    BRUNO MISEFARI (1892-1936) nacque a Palizzi (Reggio Calabria).   Aderì assai giovane al Partito Socialista  e al tempo stesso si sentì sempre più attratto dalle idee anarchiche,  udite, per la prima volta, da Giuseppe Berti, uno dei suoi insegnanti dell’Istituto Tecnico “Raffaele Piria”. (cfr. brani da commentare)

Brani da commentare:  1)“ Uno dei suoi professori, quello di Fisica, era un uomo, calmo, dolce, erudito. Si chiamava Giuseppe Berti e proveniva dal Maceratese. Bruno si affezionò a lui e gli teneva compagnia nelle passeggiate che faceva lungo il viale Marina, da cui si ammira uno dei passaggi più belli del mondo. Si scambiarono le idee. Bruno quelle immature del giovane socialista. Berti quelle mature dell’anarchico…” ( Enzo Misefari,  Bruno, biografia di un fratello…) ;2) “..Ogni giorno, per ore, [nota mia: Misefari e Berti] discutono di tutti i problemi umani che assillano il vulcanico cervello del giovane ed alla fine Bruno scopre che i suoi pensieri sono più libertari che socialisti…” ( Pia Zanolli,  L’anarchico di Calabria...)

Bibliografia: Primo brano :Enzo Miséfari, Bruno biografia di un fratello, zero in condotta , 1989 p. 35-36  e  secondo brano: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p.65. Sto abbreviando per quanto possibile le citazioni perché lo spazio disponibile del post è sempre più ridotto.

Nel 1910 pur frequentando ancora la sezione socialista e scrivendo alcuni articoli per il giornale socialista “Il Riscatto” di Messina, di tendenze rivoluzionarie iniziò a tenere conferenze, in cui  assumevano sempre più consistenza idee socialiste libertarie. (cfr. brano) 

Brano da commentare: “ Imprevedutamente per i familiari, Bruno tenne la sua prima conferenza in pubblico a 18 anni. L’argomento svolto era sul significato del primo maggio: lutto o festa? […] Bruno richiamò alla memoria e all’attenzione degli intervenuti il Congresso di Parigi del 1889 e specificatamente le proposte di Bebel e Liebchnecht i quali sostenevano che la rievocazione dei martiri ( nota mia: cfr. post “ I 5 MARTIRI DI CHICAGO”)  in campo internazionale dovesse essere fatta il primo maggio di ogni anno […] La parola facile e suadente di Bruno fu ascoltata anche dai poliziotti, che non praticarono le solite interruzioni. …“ ( Enzo Misefari, Bruno ritratto di un fratello…)

Bibliografia: Enzo Misefari, Bruno ritratto di un fratello,Zero in condotta 1989, pp.47-48 . L’autore accenna anche a un seconda conferenza, tenuta al teatro Parisienne, conclusasi con insulti da parte di alcuni facinorosi messi a tacere dall’intervento energico di  “zio Vincenzo”(Vincenzo Autelitano), fratello della madre , a casa del quale Bruno visse, dopo, avere finito le scuole elementari e restandovi per tutto il periodo dell'adolescenza.   Di lui Bruno affermò più tardi in una sua poesia: " mi fu padre, fratello, amico".

Il 24 aprile 1911 il repubblicano Gaetano Sardiello, divenuto, anni dopo, un noto giurista, in un articolo  pubblicato su “ Il Corriere di Calabria protestò contro il brutale atteggiamento della polizia  e le anzioni disciplinari impartite ,in seguito, dal preside e di alcuni professori della sua scuola nei  confronti del giovane Misefari per un suo discorso pubblico critico nei confronti della monarchia e delle miserevoli condizioni socio-economiche della classe lavoratrice, tenuto a nome del circolo ”Luisa Michel”, durante una manifestazione ufficiale in commemorazione del cinquantenario dell’ Unità d’Italia. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ … E può essere vero che, dopo le violenze poliziesche, quel giovane Bruno Miséfari, abbia dovuto subire altre onte ; e da alcuni suoi professori… sia stato sottoposto a un tribunale di inquisizione rammodernato? Ciò è sconfortante e vergognoso e noi chiediamo di sapere se, fuori dalle aule della scuola, un giovane ha il santo diritto di manifestare le sue idee; chiediamo di sapere se nella scuola – dove ogni libertà trae sua vita e ragione – debba o no rispettare oni idea, ogni pensiero, ogni fede!... “ Vogliamo sapere se tutti i presidi ed i professori d’ Europa debbano fare i questurini… “( Gaetano Sardiello Gaetano Sardiello, Metodi… russi. La polizia nelle scuole , in Il Corriere Calabrese, 24 aprile 1911) 

Bibliografia: Enzo Misefari, Bruno ritratto di un fratello,Zero in condotta 1989, pp.52-53. Cfr. anche Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. , La Nuova Italia pp.55-57

 

  Nell' ottobre 1911  Bruno Misefari fu arrestato  per avere diffuso un manifestino  scritto da Benito Mussolini, allora direttore dell’ Avanti, a un gruppo di militari contro la guerra. La strategia di difesa di Bruno Misefari, durante  il processo, fu  condotta dall’amico del padre, l’ avvocato Nicola Lombardi, “mezzo socialista e mezzo liberale”. L'esito finale fu la condanna a  2 mesi  e 15 giorni e  a £ 100 di multa oltre alle spese processuali. L’appello fu, fissato a Catanzaro .   Il giorno in cui padre e figlio giunsero in quella città per presenziare all’udienza della corte d'appello, dove il difensore riuscì  ad ottenere la condizionale e la non iscrizione al cartellino penale (7 agosto 1912) si ebbe tra loro  una divergenza di vedute, che non venne poi, più superata. (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare: “  Lungo il corso di Catanzaro, oltrepassata la stretta curva, all’altezza del caffè Colacino, Bruno scompare. Ricompare sorridente, facendo mostra con orgoglio di una cravatta rossa. Il ragazzo attende che anche il padre ricambi il sorriso, invece questi, con impeto, gliela strappa dal collo e la riduce in mille pezzi. – Il fiocco rosso! Il fiocco rosso ci voleva per complicare le cose. I giudici proprio questo vanno cercando per poterti condannare. Incosciente, temerario, tu mi farai morire! Bruno resta folgorato. Capisce quale abisso  c’è tra le loro concezioni. Due mondi diversi. Per lui, quella cravatta rossa, simboleggiava il suo credo, il suo mondo a cui si sentiva orgoglioso di appartenere.  Con quel simbolo voleva affermare davanti ai giudici tutto il suo puro sentimento verso il socialismo.  Il padre ha guastato tutto. Da quel momento ha perduto spiritualmente il figlio prediletto. Non si comprenderanno mai più. “ ( Pia Zanolli Misefari , L’anarchico di Calabria )

Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp.60-61 

Dopo essere diventato un anarchico militante il suo antimilitarismo si  accentuò.  (cfr. brano)

 Brano da commentare: “ Nell’anarchismo italiano la nascita dell’ Alleanza apriva altresì in termini a volte assai aspri la discussione sull’atteggiamento ideologicamente e tatticamente più conseguente e conveniente da tenere di fronte all’obbligo del servizio militare.: propendendo taluni decisamente per la diserzione anche in tempo di pace, pronunciandosi altri, invece , per la necessità di guadagnare l’esercito alla rivoluzione , mediante la demolizione dello spirito patriottico e del clima autoritario, con una propaganda sistematica i cui principali strumenti potevano benissimo essere le reclute anarchiche e socialiste. Del primo parere furono fra gli altri Leonida Mastrodicasa, Renzo Novatore, Bruno Misefari, Ugo Fedeli e naturalmente  Augusto Masetti. …” ( Gino Cerrito ,  L’ antimilitarismo anarchico....) 

 Bibliografia: Gino Cerrito, L’ antimilitarismo anarchico in Italia nel primo ventennio del secolo, Edizioni RL- Pistoia 1968, p. 12

 All’apice dello scontro tra interventisti e neutralisti, Misefari, contestava insieme ad altri compagni anarchici di Reggio Calabria e provincia, con un'  intensa attività di propaganda e di agitazione politica l’entrata in guerra dell’Italia (cfr. , la testimonianza di NINO MALARA, nel post ANARCHICI/E AL CONFINO....., ove, tra l'altro,l'amico Misefari è ricordato da Malara con parole assai intense)

Durante un giro di conferenze in Calabria, Misefari parlò dei  grandi mali che si sarebbero riversati, soprattutto, sulla  classe lavoratrice, se la guerra fosse scoppiata (primo brano) e pochi giorni prima dell’entrata in guerra Bruno Misefari tornò sull’argomento con toni sempre più veementi (secondo brano)

Brani da commentare: 1)“ COMIZIO A REGGIO CALABRIA. Ieri alle ore dieci ad iniziativa della locale sezione giovanile socialista, si è tenuto un comizio privato contro la guerra , riuscito abbastanza numeroso nei locali della  Camera del Lavoro. Ha parlato, applaudito lo studente Bruno Misefari al quale in ultimo è stata fatta una calda ovazione. ...(Dal Corriere di Calabria del 22 settembre 1914); 2) Il primo maggio del 1915, nella ricorrenza del più significativo martirio operaio, Bruno è tra gli oratori designati.  […] Il periodico “Il Socialista” dell’8 maggio riassume come erano andate le cose: “L’anarchico Bruno Misèfari può tenere, fra gli applausi della maggioranza e la fiacca ostilità di pochi, un breve discorso antiguerresco ed antipatriottico, mettendo in guardia i lavoratori dalla politica dell’equivoca democrazia, puttaneggiante con la reazione e la monarchia” (in Enzo Misèfari, Bruno, biografia di un fratello…

Bibliografia: Enzo Misefari, Bruno ritratto di un fratello,Zero in condotta 1989, p. 71. Cfr. anche Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp., La Nuova Italia p. 69

 

BRUNO MISEFARI DISERTORE

 Allo scoppio della prima guerra mondiale Bruno Misefari fu assegnato , nel giugno del 1915, al  40°  Reggimento di fanteria a Benevento e mise subito in chiaro , ma inutilmente,  la sua indisponibilità ad andare a combattere al fronte cioé a uccidere o a essere ucciso . ( cfr. brani da commentare)

Brano da commentare: " Quando Bruno  si presentò  al 40° Reggimento di Fanteria in Benevento, non frappose indugio a far sapere al suo comandante che egli poteva accettare di essere adoperato come "territoriale" e fisso al deposito, mai di essere mandato in guerra, contro la quale si era battuto fino ad essere processato e condannato. Naturalmente il suo era un discorso a dei sordi "  (Enzo Misefari, "Bruno, biografia di un fratello..." )

Bibliografia: Enzo Miséfari, Bruno biografia di un fratello, zero in condotta , 1989 p. 74

Sin da subito la resistenza passiva e, per quanto possibile, attiva di Bruno Misefari  nei confronti dei superiori seminò consensi tra le altre reclute (cfr. brano)

 Brano da commentare:   "... Cammina come se fosse un automa. Arriva l'ufficiale. S'iniziano gli esercizi. -Att-entiii!!! - Bruno si mette in riposo. - Aaavantiii!!!- Bruno fa un passo indietro. - Maarch!!!- Bruno sta fermo. - Dieeetro front!- Bruno fa passi in avanti. - Riiiiposo!!!- Bruno si siede per terra. L' ufficiale grida in continuazione, fra un comando e l'altro - Incosciente! Vigliacco! Traditore! Via! Via!Via! Marcia! In cella! Bruno si avvia nuovamente verso la prigione. Ogni mattina gli fanno fare nuovi esercizi. Lui li esegue sempre al contrario.  […]  Questa volta lo fanno marciare assieme alla sua compagnia verso la campagna dell'Epitaffio, contrada isolata  e deserta. Colà si fanno gli esercizi di tiro a segno. [...] Il tenente con i baffi all’Umberto, porge a Bruno un fucile. Gli ordina: “Spara!” – No, non sparo- grida- Non voglio diventare un assassino così come domani lo sarete voi tutti ! Questo grido passa da cervello, da cuore a cuore. – Non è affatto pazzo  - si dicono i soldati. – Dovremo avere anche noi il suo coraggio. Dovremo fare tutti come lui. […]  Esercita su quegli uomini un notevole ascendente. Uno spirito di ribellione comincia a propagarsi per tutta la caserma.  Si teme l’insorgere di una rivolta. Per evitarla, dopo quattro mesi di “fermento”…” si decide di mandare in licenza il “ pazzo ribelle” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria...)

Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972  p.75

 Il 5 marzo 1916,  Misefari ottenuta una breve licenza  si recò a Reggio Calabria. Appena arrivato, quando era ancora in divisa,  si imbatté ,in piazza Garibaldi, in una manifestazione , a cui partecipavano, in conflitto tra loro, sia interventisti che anti-interventisti. Forse, indotto, da amici, che l’avevano riconosciuto, Misefari prese la parola esprimendo i suoi sentimenti antibellicisti  . Il contenuto del discorso, definito "violento" dalla prefettura ( cfr. primo brano), è riportato nel  libro  L’anarchico di Calabria, di Pia  Zanolli .  Ne riporto, per ragioni di spazio solo alcuni passaggi ( cfr. secondo brano)

 Brani da commentare: 1)  “ Il soldato Misefari Bruno, la sera del 5 marzo in Piazza Garibaldi  di questa città tenne un discorso violento contro il militarismo e contro la guerra, dopo di che si rese disertore. Venne arrestato a Canobbio e denunciato all’autorità giudiziaria”. ( Nota della prefettura di Reggio Calabria  del 31 marzo 1916) ; 2) Amici cittadini! Voi tutti mi conoscete, però mi presento ugualmente […] Sono e sarò sempre un antimilitarista.[…] Poveri giovani, poveri figli del popolo! Oggi vi si dice “ Lasciate l’officina, lasciate il libro e la casa e i figli, lasciate tutto! Correte nelle caserme, addestratevi nell’arte di uccidere, di incendiare, di stuprare, di rapinare, di morire nell’anima e nel corpo: la grandezza della patria sta nella vostra delinquenza! […]   Più sangue farete scorrere per la terra, più lutti, più stragi, più dolori seminerete, più lauri, voi buoni, voi semplici, porrete sul fronte della patria! "  Chi è costei che un giorno ci vuole uccisi sul lavoro e un giorno ci vuole uccisi nella guerra ? Chi o cosa è questa  cosidetta "patria" ? La patria è forse la terra sacra ove nacquero i più grandi uomini della terra? Ignoranza od inganno? Ogni terra ha avuto i suoi grandi uomini.La patria è una madre? Infamia! La madre ha sempre per i suoi figli un bacio e una carezza.  La sua ricchezza è la loro, la povertà è la loro. Non ha preferenze per alcuno. Essa li ama tutti di uguale amore. Essa non bistratta, non scaccia , non uccide il figlio lavoratore per orgiare col figlio ozioso e delinquente. Non profanate il nome di madre. Non vergognatevi di dire la verità! Uccidere è un delitto! […] Perché devo fare il soldato? Perché mai ho dunque indossato questa indegna divisa del servo e dell’assassino? Abbasso la guerra! Abbasso tutte le guerre! Via la guerra dalla vita dei popoli. “  Questo “soldato” italiano, così dicendo, con tutta la sua convinzione, strappa con tutta la sua forza, pieno di sdegno, le stellette maledette dal collo della sua giubba. [….] Mentre il "soldato" si accinge ad allontanarsi dalla pedana, viene afferrato simultaneamente da due individui. Il braccio sinistro è stretto dalla mano che rappresenta lo Stato, quello destro dalla mano che rappresenta il Militarismo. I rappresentanti delle due potenze se lo contendono; ognuno vuole portarselo via, ognuno   vuole farlo suo!  [...] Le autorità non sanno, in questo caso singolare, se farlo giudicare dalle leggi civili o da quelle militari. Era un soldato, quando venne arrestato? No, perché era senza stellette. Era un civile? No, perché era vestito da soldato. Non era un soldato perché non aveva  baionetta né  il fucile, nè le stellette! Eppure è un soldato. In tempo di guerra, in questi casi, non si va tanto  per il sottile.  Lo manderanno in Sicilia. Viene assegnato al carcere di Acireale. [...] Bruno, isolato in una cella di rigore, rimane in attesa della condanna per sette mesi. ... “ ( Pia Zanolli , L’anarchico di Calabria…)

Bibliografia: Primo brano in Giuseppe Tripodi,  L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) , Città del sole,  2020 p. 60. Secondo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari, La Nuova Italia 1972 pp. 76,77, 78

  Nella sua ricostruzione di quanto avvenuto dal giugno del 1915 sino all' arrivo in Svizzera nel giugno 1917    Giuseppe Tripodi  si limita ad elencare  pochi dati, secondo lui, sicuri. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ Le cose certe che risultano dagli atti del CPC sono : a) il primo arresto a Cannobio (31 marzo 1916); b) i quattro mesi di detenzione fino al 5 agosto, data di rientro al corpo “ [… c) la seconda diserzione, iniziata il 25 agosto 1916 durata fino al  19 giugno 1917…” ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle…)

Bibliografia: Giuseppe Tripodi,  L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) , Città del sole,  2020 p. 64. Si veda anche, Enzo Misefari, Bruno, biografia di un fratello,  Zero in condotta, 1989, p.75 dove la data della seconda diserzione è fissata per il 28 settembre 1916.

  In particolare Giuseppe Tripodi manifesta grossi dubbi  sulla  detenzione di Bruno Misefari nel carcere di Acireale ritenendola una probabile invenzione di Pia Zanolli (cfr. brano)

Brano da commentare: “ Dei mesi in carcere ad Acireale non c’è alcuna menzione, il disertore fu sicuramente agli arresti dal 31 marzo al 5 agosto 1916, in tutto  quattro mesi e cinque giorni in attesa di giudizio per la diserzione. Può essere , ma i dubbi sono fortissimi, che una parte del tempo intercorso tra l’arresto di Canobio e il rientro al corpo Bruno l’abbia passato nel carcere di Acireale. Ma quel soggiorno carcerario, ove ci fosse stato non è durato sette mesi come ha scritto confusamente Pia Zanolli e deve essere riferito al 1916. […] (nota mia: alcune pagine più avanti il giudizio di Tripodi  è più perentorio) . […] La prima invenzione di Pia Zanolli riguarda la presunta segregazione, 1915, nel carcere di Acireale. [...] Per come abbiamo argomentato, non ci furono i tempi per questo periodo carcerario, che, oltretutto non risulta da alcun documento ufficiale. Inoltre a favore della completa invenzione, milita inesorabile la circostanza che ad Acireale non è mai esistito un carcere militare nel quale, ove la carcerazione ci fosse stata ed essendo Bruno sottoposto alla giustizia militare in quanto mobilitato dal giugno 1915 in avanti per forza di cose avrebbe dovuto scontare la detenzione” ( Giuseppe Tripodi, L’ invenzione del ribelle…)

Bibliografia: Giuseppe Tripodi,  L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) , Città del sole,  2020 p. 61 e 203. A p. 60 Tripodi, dopo avere detto che secondo Pia Zanolli la detenzione nel carcere di Acireale fu conseguenza del comizio del 5 marzo 1916 ( come risulta, d'altronde,  dal libro L'anarchico di Calabria) cita il libro Utopia no!, (che io non sono ancora riuscito a leggere) dove " la detenzione  de qua sarebbe avvenuta nel 1915".

 La testimonianza di un giovane ufficiale, Vito Pappalardo, che svolse funzioni di avvocato proprio in quella prigione e in quell’anno mi sembra, però, se la mia interpretazione del brano è vera, contraddire l' affermazione di Tripodi sull’ inesistenza ad Acireale di un carcere militare , o, comunque avente  in quegli anni di guerra anche tale funzione.  (cfr. brano)

Brano da commentare : "Carissimo Neddu, ho ricevuto la tua lettera, godo che tutti stiate bene. Ieri fui ad Acireale per andare a sentire 3 militari detenuti in quel carcere e di cui io sono avvocato. ..." (Parte iniziale di una Cartolina postale italiana in franchigia. Corrispondenza del R. Esercito dell' 8 maggio 1916, scritta  dal sottotenente Vito Pappalardo 240° battaglione presidiario, indirizzata  al fratello Mariano Pappalardo )

Bibliografia: Giuseppe Alario Spadaro per conto Mascalucia DOC,  Carissimo Neddu… Le missive durante la prima guerra mondiale in https://mascaluciadoc.org/carissimo-neddu-le-missive-durante-la-prima-guerra-mondiale/ . La parte restante della cartolina  mi sembra che tratti di argomenti che non riguardano il carcere di Acireale.

 Raggiunta, come si è detto,   il 19 giugno del  1917  la Svizzera,  Misefari entrò in contatto con altri disertori italiani , alla cui vita in esilio  accenna Pia Zanolli nella sua biografia su Bruno (cfr. primo brano). Una testimonianza delle  notevoli capacità  propagandistiche di Bruno Misefari si trova nei ricordi di Attilio Copetti, anche lui obiettore della “grande guerra” e disertore. ( cfr. secondo brano):

 Brani da commentare:  1)  Dall'inizio della guerra-24 maggio 1915- fino ad oggi, renitenti di leva e disertori varcano le Alpi, più o meno con difficoltà, per rifugiarsi nella vicina nazione neutrale. Sono centinaia, migliaia. Ne arrivano anche da ogni parte d'Italia. [...] I più giovani fra essi, Mario Mantovani e Ugo Fedeli di Milano, non si sono presentati per la visita medica militare. Fra loro ci sono anche dei socialisti: Francesco Misiano, giornalista; Rainoni, direttore dell' Avvenire del lavoratore; Farina, assessore comunale di Milano, e tanti altri. La Cooperativa socialista alla Militaestrasse 36 , è la loro casa, il loro rifugio, il loro recapito. Chi viene e chi va. S'incontrano colà per potersi aiutare a vicenda, per discutere, per scambiare le idee politiche. Chi frequenta spesso, quando è di passaggio, questo simpatico, familiare ambiente, è la grande socialista russa Angelica Balabanof. Tutti i giovani socialisti sono suoi discepoli. Un altro ritrovo, molto frequentato, è la libreria Internazionale alla Zwinglistrasse gestita da Monanni, Ghezzi ed Arrigoni, tre inseparabili disertori milanesi. ..." ( Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria...); 2) “Il più forte gruppo di Zurigo si era poi arricchito di una schiera   di ottimi compagni italiani, che valicando le Alpi avevano saputo dire no alla guerra... Tra i nuovi arrivati, refrattari alla guerra...c’era pure Bruno Misefari e la sua personalità spiccò e si distinse subito tra noi, tutti lavoratori manuali. Era certamente l’unico che possedeva un grado di istruzione universitaria, ma era ben lungi dal trarne vanto e superbia. Il suo anarchismo quantunque non maturato dall’esperienza, si manifestava già in maniera profonda ed elevata. Il suo stile era alieno da ogni forma declamatoria, esibizionistica; aborriva le pose da super-uomo e detestava oltre ogni dire la polemica volgare e settaria che snatura e sterilizza ogni discussione. ” ( Attilio Copetti, Ricordi zurighesi, in “L’Agitazione del Sud”, Palermo, 1966.)

Bibliografia: Primo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 86-87. Secondo brano in Antonio Orlando , Lineamenti per una storia del movimento anarchico in Calabria in http://www.icsaicstoria.it/wp-content/uploads/2018/03/Orlando-lineamenti.pdf . Cfr. anche Enzo Misefari,  Bruno biografia di un fratello, zero in condotta p. 79 e nota. Per alcuni cenni biografici su Attilio Copetti, cfr ad nomen. in Cantiere biografico degli Anarchici in Svizzera in http://www.anarca-ch/.bolo.ch/cbach/biografie.php?id=231.  Per notizie su UGO FEDELI cfr. in questo blog il post: ANARCHICI/E AL CONFINO...) e su GIUSEPPE MONANNI, autore dell' opuscolo, A Testa Alta , cfr. post: ANARCHICI/E A MILANO...).

  Bruno Misefari  collaborò assiduamente con il noto giornale anarchico svizzero Il Risveglio.  Su questo giornale, apparve tra l'altro  un suo  resoconto, a puntate, delle lotte proletarie in Italia, negli ultimi anni di guerra, a cui contribuì, tra l'altro, "l'entusiasmo suscitato dalla rivoluzione del febbraio " del 1917 in Russia . ( primo brano).  Sempre su il Risveglio Misefari partecipò, inoltre, a un dibattito tra i (minoritari) anarchici   “dittatorialisti”, che si dichiaravano favorevoli alla  “dittatura del proletariato” intesa nella sua espressione più ampia, e i  (maggioritari ) “ortodossi”, che si opponevano risolutamente a ogni forma  di dittatura.( secondo brano) 

   Brani da commentare:  1) "... Sulla situazione italiana interessante l'analisi pubblicata su "Il Risveglio " a cura di Bruno Misefari che collaborò al giornale  di Bertoni con lo pseudonimo di Furio Sbarnemi: La situazione italiana, Il 1 settembre, 15 settembre, 29 settembre, 14 ottobre 1917."   2) “ Fu  “Il Risveglio “, per primo, a rilevare l’antitesi fra dittatura e rivoluzione e , ricordare a coloro che solidarizzavano con il potere bolscevico le sostanziali differenze tra  anarchismo e bolscevismo. […] Questa prima presa di posizione apriva sulle colonne del giornale un ampio dibattito che coinvolse i più noti collaboratori del periodico, Leonida Mastrodicasa, Carlo Friggerio, Bruno Misefari, Luigi Fabbri, ma interessò anche moltissimi militanti e anonimi lettori. …...”  (in Furio Biagini, Il Risveglio….);

Bibliografia : Primo brano in Furio Biagini, Il Risveglio (1900-1922. Storia di un giornale anarchico dall'attentato di Bresci all'avvento del fascismo, prefazione di Maurizio Antonioli, Piero Lacaita editore, 1991 p. 97 nota n. 31 e il secondo brano si trova, sempre in questo libro, a pp. 106-107.   Sul dibattito sulla “dittatura  del proletariato” nel movimento anarchico cfr. anche Franco Bertolucci, A Oriente sorge il sol dell’avvenire. Gli anarchici italiani e la rivoluzione russa 1917-1922 , BFS edizioni,  1917, pp. 85-89  e Claudio Strambi,  L’inquieta  attitudine. Camillo Berneri e la vicenda politica dell’anarchismo in Italia Secondo Libro “ Il biennio rosso e rosso-nero,  Kronstadt, 2017 pp. 80 ss.
 
A Zurigo  frequentò la famiglia Zanolli trasferita in Svizzera per la loro opposizione alla guerra e si innamorò della giovane primogenita, Pia, che diverrà la compagna della sua vita ( cfr. post PIA  ZANOLLI MISEFARI)   
 
  Nel 1918  Bruno Misèfari fu arrestato  dalla polizia svizzera,   con numerosi altri compagni , col pretesto di un  complotto  inesistente, culminato poi con un "processo", noto come "processo delle bombe" (cfr. post ANARCHICI/E SVIZZERI)  , da cui fu assolto insieme a tutti gli altri imputati, non senza però avere subito diversi mesi di carcere preventivo.  In questo periodo scrisse in carcere,  utilizzando lo pseudonimo anagrammatico di  “Furio Sbarnemi”, l’ opuscolo antimilitarista “ Nella morsa” , in cui si ispirò, in gran parte, alla propria esperienza personale  di militare coatto e di disertore. Da questo scritto traggo un breve brano dalla recente edizione del 2010 intitolata  Diario di un disertore.  (cfr. primo brano) . Il giudizio su questo libro espresso , alcuni anni più tardi, da Pia Zanolli Miséfari nella sua biografia del marito, mi sembra, ancora oggi, quanto mai attuale ( secondo brano)

Brano da commentare:  1)“ Sì, sono un traditore della  patria. Ho tradito le leggi statali, ho tradito gli interessi dell’ Alta Banca Internazionale, trafficante  sulla guerra per l’aumento dei suoi dividendi fantastici. Ho tradito le leggi di odio, di morte, di corruzione, di vergogna: leggi antisociali, antiumane, antinaturali. Le ho tradite per non tradire la grande e fondamentale legge dell’amore universale, la solidarietà umana, che è l’unica legge comprensibile, perché umana, sociale e naturale. Mi sono sottratto alla morte di stato per dare la morte allo stato. E’ una lotta ardua poiché sono solo e debole, e lo stato ha tutto con sé ed è forte. Sono un traditore ma non un vile. Chi è vile non insorge contro lo stato. […]E voi giovani di anni e di fede inalberate il vessillo della rivolta, rivendicate il diritto alla vita che è pane, amore e libertà!  Distruggete tutte le forze antinaturali, antisociali e anti umane. E’ questione di vita o di morte. O vivono loro o vivete voi.[…] Viva l’umanità e muoia la patria, cioè muoiano il capitale e lo stato! ( da  Furio Sbarnemi. (Bruno Misefari  “Diario di un disertore”); 2) “La casa editrice di Firenze, La Nuova Italia, pubblicherà il tuo [nota mia: è a Bruno Misefari che Pia si rivolge) libro Ne la morsa (con il titolo Diario di un disertore  scritto in carcere a Zurigo nel 1918”. Rileggendolo ho concluso che tu dimostri scientificamente come le “patrie non esistono e quindi come ogni guerra sarà inutile”. Soprattutto questo libro susciterà in ognuno quella coscienza indispensabile per far nascere più solidarietà, indicherà ed insegnerà il “mutuo appoggio” basato sull’amore universale, indispensabile , specialmente oggi, per  la sopravvivenza in ogni parte della terra.”  ( in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…)

Bibliografia:  Primo brano in Furio Sbardemi (Bruno Miséfari),  Gwynplaine, edizioni 2010 pp. 110-111.  . Secondo brano in    Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972   , pp. 285-286

Recentemente  si è ispirata a questo libro  la bella canzone, Il disertore,  griffata da Tony Canto e Ka,griballà  e cantata da  Turé Muschio. Per vedere il video  ascoltando la canzone, cfr. su google: Turé Muschio, Il disertore youtube

                                


CLARA ZETKIN E BRUNO MISEFARI

 Espulso dalla Svizzera, si recò, nel settembre 1919, in Germania a Zuffenhausen (attualmente " Stadtbezirk" (distretto, quartiere) di Stuttgart). A Stuttgart (Stoccarda)  conobbe Clara Zetkin e , durante una visita a casa sua, ottenne di poterle fare un’ intervista sulla situazione tedesca ed in particolare sul programma e gli obiettivi della Lega di Spartaco ( Spartacusbund). Per le solite ragioni di spazio mi limito qui a citare solo la parte in cui si tratta del rapporto tra anarchici e comunisti all’interno della Lega di Spartaco. (cfr.  brano) .

Brano da commentare: “  - E’ vero che nello Spartacusbund ci fossero degli anarchici? – Sì, ma essi sono entrati nel fascio Spartacus , quali comunisti e non quali anarchici. […] In che cosa, dunque, si differenziano gli spartachisti dagli anarchici? – Gli anarchici e i sindacalisti credono anche nell’atto individuale, mentre noi spartachisti crediamo solo negli atti delle masse. – Con tutte queste divergenze, come è da spiegarsi la permanenza ancor oggi degli anarchici nel Partito comunista. – La direzione del Partito comunista ha sempre rifiutato l’ammissione degli anarchici. Ci sono due correnti, la parlamentarista e l’antiparlamentarista. In questo caso gli anarchici prenderanno la loro via.” ( dall’intervista di Bruno Misefari a Clara Zetkin)

Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 130

Divenuto suo amico la Zetkin lo portò con sé nei comizi presentandolo come  “ Dieser italinischer Kriegsdienstverweigerer” e “ Dieser Sohn des Südens” (cfr. brano)

Brano da commentare: “ …” Clara Zetkin, l’antimilitarista rivoluzionaria tedesca, è all’opposizione; è contro qualsiasi nazione guerrafondaia. Combatte fino a morirne. E’ il Gramsci tedesco. Questa combattente dà a Bruno un grande privilegio. Lo porta con sé nei comizi, fra le folle, ovunque essa vada. Lui si fa trascinare ben volentieri da questa formidabile donna. Lo presenta: “ Dieser italinischer Kriegsdienstverweigerer” ( Questo disertore italiano) “ Dieser Sohn des Südens” ( Questo figlio del Sud)” “ Dieser Sonnenkind” ( Questo figlio del sole) “ Lui si è rifiutato di andare in guerra; non ha mai portato un fucile; non ha mai voluto sparare, uccidere” “ Voi direte: bene così! Un italiano di meno contro di noi tedeschi” Ed io vi rispondo: questo italiano non avrebbe mai puntato un fucile né verso di voi, né verso alcun altro cittadino del mondo. E’ un disertore, E’ un perseguitato. Sentite la sua parola. … “ ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria... )

Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 133-134.

Giuseppe Tripodi commentando, in un suo recente scritto " LA POLEMICA. Cretastorie, Clara Zetkin ...“ ( per la citazione completa si veda più avanti), "il resoconto dell' incontro tra Bruno Misefari e Clara Zetkin che sarebbe avvenuto il 7 settembre del 1919 a Stuttgart con connessa intervista sullo spartachismo.” lo ritiene un falso inventato da Pia Zanolli .  Io, per quanto possa valere la mia opinione di semplice cretastorico dilettante,  lo ritengo, invece, fondato su fatti realmente avvenuti. La descrizione dettagliata dell’aspetto fisico di una Zetkin, precocemente invecchiata e in cattive  condizioni di salute presuppone una, ben più che probabile,  conoscenza personale della rivoluzionaria tedesca. (cfr. brano) .

Brano da commentare : “ Stuttgart, 8 settembre 1919. Ieri! Una giornata da segnalarsi a caratteri d' oro nel diario di una giovinezza! Perché? Ero andato a visitare un museo a Stuttgart, quando ho incontrato un corteo di giovani socialisti e comunisti. […] E sono corso con loro al “Liederhalle”. […] Vi ho conosciuta Clara Zetkin. Parla con gesto maestoso, sicuro, qual tribuno antico. E non sembra, guardando, una vecchia così cadente! Sorretta per le braccia, quando l’ho vista accompagnare sul palcoscenico, credevo che fossi lì per vederla morire. Invece il suo dire, chiaro, argentino, fremente di idee e di forza, mi ha conquiso e l’avrei baciata tante volte…” (  in Pia Zanolli, L’anarchico di Calabria…).

Bibliografia:  Primo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 128.  Sull' aspetto senile e sulle precarie condizioni di salute della Zetkin tra il 1919 e il 1920 , cfr.  Angela Balabanoff, La mia vita di rivoluzionaria, Feltrinelli 1979, pp. 230-231;   Gilbert Badia, Zetkin. Femminista senza frontiere,  erre/emme 1994 p. 181 .  Cfr. Enzo Misefari, Bruno ritratto di un fratello, Zero in Condotta 1989 p. 88, dove l'incontro tra Bruno Misefari e la Zetkin è menzionato con qualche aggiunta in più.

Se, inoltre, il rapporto amichevole tra Clara Zetkin e Bruno Misefari, iniziato durante il suo soggiorno in Germania , fosse una mera “invenzione” di Pia Zanolli come si potrebbe spiegare lo scambio di lettere  tra la Zetkin e Misefari un anno dopo il suo ritorno in Italia. (cfr. brano)

Brano da commentare: “   5 Nel fascicolo, la questura di Napoli conserva e ritaglia un trafiletto apparso sul quotidiano «Il Mezzogiorno» di Napoli del 12-13 marzo 1920, che riferisce del suo arresto al Rettifilo, la via principale di Napoli che parte dalla stazione, perché trovato in possesso di giornali e corrispondenza con gli anarchici. […] Quel giorno il questore segnala al ministero dell’Interno che [nota mia: Misefari] è in corrispondenza con Clara Zetkin, una rivoluzionaria tedesca, e con altri, tra i quali il ferroviere Lorenzo Vitalone di Sapri (SA) “  ( Questura di Napoli , Archivio Gabinetto Seconda serie (192-1971) Sovversivi schedati deceduti busta 63/5-1 e 5-2)

Bibliografia: Giuseppe Galzerano, Bruno Misefari e la Campania contro la condanna a morte in Rivista della Resistenza e della Società Contemporanea in Provincia di Cuneo n. 91, semestre 2017 pp. 146 e n. 5 

Per una  identificazione, poi, dell’intervistata, vale, a mio parere, il contenuto stesso dell’ intervista . Soltanto Clara Zetkin   avrebbe potuto, con tale dovizia di particolari e da una prospettiva tendenzialmente marxista/leninista (bolscevica),   ricostruire l’ intricata e poco nota,  almeno in Italia per quel che ne so io,  politica perseguita dallo "Spartakusbund", divenuto  "Kommunistische Partei Deutschland (KPD)" durante il congresso  costitutivo del 29 dicembre 1918-1 gennaio 1919  e dal "Unabhängige Sozialdemokratisce Partei Deutschland" (USPD), nei mesi successivi alla tragica “Januaraufstand(Rivolta di gennaio) e all'assassinio di Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht e altriQuesta intervista, è, quindi,  a mio parere, un   documento storico  ,   pur nella sua concisione, assai interessante sotto molti aspetti.  Per esempio, in essa,  risalta con una certa evidenza  come al vertice del Partito comunista tedesco (KPD) nonostante il comune odio contro la guerra capitalistica, una tattica momentaneamente antiparlamentarista e la  proclamata concezione allargata di "dittatura del proletariato", si celasse, di già, un antianarchismo   precorritore dei tragici avvenimenti futuri in  Russia (1921) e in Spagna ( 1937). Infine per quanto riguarda le "indiscutibili prove"  addotte da Tripodi  esse sono, se ho capito bene,  la cartolina postale del 28 agosto inviata da  Bruno Misefari al padre di Pia e la lettera di Bruno del 30 settembre 1919 alla madre di Pia, che confermerebbero la presenza della madre e di Pia dal 28 agosto al 7 settembre a Zuffenhausen. Secondo i calcoli di Tripodi,  Bruno Misefari trascorse l' ultimo giorno del soggiorno di Pia e della madre  a Zuffenhausen  con loro e non poteva, pertanto, essere  a Stuttgart  e  incontrare   Clara Zetkin .  (cfr brani)

Brani da commentare: 1)“ sappiamo, da una Cartolina postale inviata il 28 agosto ad Enrico, padre di Pia Zanolli che si trovava a casa a Zurigo, che quel giorno Pia Zanolli e la madre andarono a trovare Misefari a Zuffenhausen ……”  2) “Da un'altra lettera di Bruno, del 30.09.1919 indirizzata alla mamma di Pia, sappiamo che la visita degli Zanolli durò dieci giorni : «In quel giorno e negli altri seguenti son riandato col pensiero in tutte le scene e in tutte le parole di 10 giorni di vostra indimenticabile dimora a Zuffenhausen.» I dieci giorni di cui sopra terminano esattamente il giorno 7 settembre; quindi in quel giorno Bruno era con Pia e la madre a Zuffenhausen e la sera le accompagnò a Gottmadingen, che è un paese alla frontiera con la Svizzera ( ciò risulta dalla lettera del 30 -09- 1919) " ( in Giuseppe Tripodi, LA POLEMICA. ......)

Bibliografia: Giuseppe Tripodi, LA POLEMICA. Cretastorie, Clara Zetkin e Bruno Misefari , dicembre 1921 in  http://www.zoomsud.it/).

Una versione alquanto diversa   mi sembra che  la  si possa ricavare tenendo conto della lettera di Bruno a Pia inviata da Stuttgart il 20 settembre 1919 dove Bruno si lamenta che  “ era passato un mese da quando avevano vissuto insieme ”,  e dalla lettera del 22 settembre 1919 dove Bruno invoca dopo un “forte attacco di appendicite” la  presenza di Pia accanto a lui ottenendo così , se ho capito bene,  un "secondo" viaggio di Pia e di sua madre   a Stuttgart/Zuffenhausen .  (cfr. brani) 

Brani da commentare : 1) “ Stuttgart , 20 settembre 1919. Adorata la mia madonnina! Pia, un mese!  Un mese è passato e a me sembra d’aver vissuto un secolo senza   di te! Che fa?  L’amore si è acciaiato (fatto d’acciaio). Ho tanto foco nel cuore capace  di incendiare anche… l’acqua. Sono un vulcano d’amore. ..." 2) ” Stuttgart 22 settembre 1919, torno adesso da casa  Mühlschlegel. Sono debolissimo. Ma grazie alle cure del dottore il pericolo è passato […] Speriamo bene! Come vedi non si può mai stare in pace! Il cuore però mi dice che devo farmi operare. In questo caso ti vorrei rivedere, Pia. Che ne dici? Sì, tu sola mi potresti guarire! Non mi dire che pretendo troppo da te. Bruno […]  Mamma Antonietta  con grande sacrificio accompagna Pia a Stoccarda per calmare quest’anima in pena.  (dal taccuino Ci abbracciammo  in un delirio d’amore, in treno, e a Stoccarda e a Zuffenhausen, ovunque, sempre non mai più dolce fiamma in due cor  arse”.... "Pia-Bruno ".…   " A Darmstadt per la iscrizione al Politecnico, in una comunione di sogno, di fede e di speranza... Pia-Bruno"" Fino a poche ore addietro qui risuonava la sua voce, qui splendevano i suoi occhi, qui palpitava il suo cuore. Ora tutto è vuoto. Resta solo l'alito del nostro amore... Pia il desiderio mi strugge..." (Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria...)

Bibliografia:  Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 135 (primo brano) e p. 136-137 (secondo brano). 
 
La lettera di Bruno Misefari del 20 settembre 1919 mi sembra indirettamente escludere  che Pia e la madre fossero  a Zuffenhausen/Stuttgart il 7 settembre 1919. Anche la lettera del 22 settembre 2019 e gli stralci dal taccuino mi sembrano dare adito a ipotesi diverse da quelle proposte da Giuseppe Tripodi.


 
BRUNO MISEFARI MARIA BERARDI GIUSEPPE IMONDI

Nel novembre 1919 Misefari  tornò in Italia  e in stretto contatto con il gruppo anarchico napoletano, “La Folgore”, fondato dal dentista anarchico, GIUSEPPE IMONDI (1860-1944) e aderente all’ Unione Anarchica Italiana (UAI),  riprese, secondo  una nota riservata della Questura di Napoli , un’intensa attività di propaganda ( cfr.  brano da commentare)

Brano da commentare: “ Il partito anarchico si sta mettendo alla testa di ogni agitazione e movimento di classe, cercando di anticipare e sorpassare quelli che sono i capisaldi delle teorie propagandate dai socialisti rivoluzionari […] Malatesta è in frequente corrispondenza epistolare con Misefari, al quale invia frequenti  istruzioni tramite ferrovieri. Recentemente ha invitato gli anarchici napoletani ad una più intensa ed estesa azione di propaganda, tendente alla sollecita formazione di gruppi in tutte le località del mezzogiorno , ed a raccogliere in essi tutti gli anarchici isolati e quelli che, per mancanza di sede locale, fossero iscritti alle sezioni socialiste. […] Il 18 aprile fu tenuta una riunione in casa del dentista Imondi e si procedé alla costituzione di un  Comitato detto dei “ Cinque”, composto da Abbate, Misefari, Vanucci,  Borsatti Domenico e Stasi Gennaro, con segretario Lauretta Erminio e cassiere Imondi…..” ( ASN, Questura, Gabinetto, prima parte (1919-1932) , b 819, f. Anarchici residenti a Napoli. Riservatissima della Questura di Napoli, in data 28 aprile 1920)

Bibliografia: Fabrizio Giulietti, Giuseppe Imondi. Un dentista anarchico   1860-1944, Galzerano editore , 2020 p. 65 e a p.  165 . Cfr. anche p. 66, dove nella nota n. 135 si dice anche che, secondo la polizia,   l’anarchico calabrese  fosse giunto a Napoli “ per conto di Errico Malatesta con lo specifico intento di compiere attentati terroristici”.

Con Giuseppe Imondi , Bruno Misefari, fondò, il  17 giugno 1920, il quindicinale L’Anarchia, di cui, uscirono,  sei numeri e che poi dovette chiudere per l’accanimento persecutorio da parte della forze dell’ordine . (cfr. brano)

Brano da commentare : “ L’Anarchia si presenta non soltanto come un tipico organo di agitazione e di battaglia ma anche come strumento di dibattito e approfondimento teorico-dottrinario su alcune delle principali determinazioni della concettualizzazione comunista libertaria. Accanto alla trattazione di tematiche strettamente inerenti l’attualità, frequenti sono di conseguenza gli articoli che racchiudono analisi e spunti riflessivi sull’internazionalismo, l’anticlericalismo, la dialettica riforme-rivoluzione e altro ancora. […] Va segnalato che, già nei mesi precedenti, Imondi aveva lanciato una campagna di sottoscrizioni a livello nazionale per fondare una rivista bisettimanale, che avrebbe dovuto intitolarsi “Amore Libero”. Ma il progetto sfuma a causa non soltanto dell’esiguità dei fondi raccolti, ma anche per i dissensi suscitati tra molti degli stessi componenti de “La Folgore”, propensi invece a dar vita ad una pubblicazione di carattere più prettamente  politico sociale. ( Fabrizio Giulietti, Giuseppe Imondi. Un dentista anarchico (1860-1944) …)

Bibliografia:  Fabrizio Giulietti, Giuseppe Imondi. Un dentista anarchico (1860-1944),  Galzerano Editore, 2020, pp. 72-73 e nota n. 159

Nel giugno 1920 a Napoli tra le tante provocazioni poliziesche imbastite  contro gli anarchici particolare importanza   assunse quella connessa all’assalto  e al lancio di una bomba da parte di reduci degli arditi  fiumani, , contro un corteo operaio, a Piazza Dante procurando 25 feriti tra i manifestanti.  La notte stessa dell’attentato Misefari, Imondi  e altri compagni, che erano stati alla guida del corteo furono arrestati e in seguito processati . (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare:  “ Dopo il conflitto di ieri la polizia ha voluto prendersi la rivincita e nella notte arrestava al domicilio del nostro vecchio e  simpatico dott. Imondi, il caro Bruno Misefari ed Imondi stesso.  […] Coll’arresto del compagno Misefari si viene ad impedirlo di dare i suoi esami di ingegneria con immenso svantaggio del nostro compagno contro il quale la polizia non ha mai risparmiato i suoi dardi velenosi. Stamane per l’interessamento di Corso Bovio si è potuto sapere che i nostri compagni sono ritenuti responsabili dei conflitti che si sono svolti ed imputati di rivolta contro la forza pubblica. Spudorata menzogna. I conflitti – e lo attestano gli stessi poliziotti- furono provocati dagli arditi, noi aggiungiamo, con la complicità della polizia, perché il corteo diretto e condotto dai sindacalisti confederati era prossimo a sciogliersi tiepidamente se non fossero intervenuti gli arditi a caricare i dimostranti. Allo scoppio della bomba sul luogo della mischia un agente della squadra politica puntò la rivoltella contro i nostri compagni presenti alla scena. L’atto inconsulto dell’agente scatenò la folla, che lo assalì col suo peso e travolse i compagni nostri. Gli anarchici sono quindi tirati in ballo solo per attenuare la brutale e canagliesca aggressione degli arditi.Sulla questura di Napoli molto ci sarebbe da dire e lo faremo presto.” ( Lucio, Dopo l’aggressione dei D’ Annunziani a Napoli. L’arresto dei nostri compagni. In Umanità Nova, n. 103, 27 giugno 1920 p. 1)

Bibliografia: in Cronache anarchiche. Il giornale Umanità Nova nell'Italia del Novecento (1920-1945) a cura di Franco Schirone, Zero in condotta, 2010 in DVD volume 1 1920.1921.   Cfr. Fabrizio Giulietti, Giuseppe Imondi. Un dentista anarchico   1860-1944, Galzerano editore , 2020 p.77 note n. 173 e 174. e cfr. p. 76 n. 172 dove vi è la  sfrontata versione  del tenente degli arditi,  Raffaele Tonacci, che aveva lanciato la bomba.  Per un resoconto scritto, da un punto di vista anarchico,   immediatamente dopo i fatti, si veda Mandano da Napoli, 23, Le gesta eroiche degli arditi D'Annunziani a Napoli. ,  apparso su Umanità Nova n. 101 venerdì 25 giugno 1920 p. 1, infra  Cronache anarchiche.... op. cit.

Il processo si concluse  nell’agosto 1920 con l’assoluzione di Bruno Misefari e di Giuseppe Imondi per inesistenza di reato.

La maturità, raggiunta in questo periodo,  del pensiero rivoluzionario di Bruno Misefari  si desume, tra l’altro, da un interessante  articolo, pubblicato in più puntate sull’Avvenire anarchico, sul problematico rapporto ,  nel corso dei secoli, tra la rivoluzione e il Potere, ritenuto quest' ultimo come il "grande nemico" di ogni tentativo di emancipazione popolare e lo "strangolatore della rivoluzione". Misefari affrontò l’argomento passando in rassegna  i principali eventi rivoluzionari (occidentali) del passato ( comunismo cristiano delle origini, movimento hussita in Boemia, movimento anabattista in Germania, rivoluzione dei Paesi Bassi, rivoluzione inglese, rivoluzione francese) e le anti-rivoluzioni che si produssero immancabilmente nel loro interno. Infine Misefari, volgendo lo sguardo al presente, denunciò la svolta sempre più autoritaria della rivoluzione russa ad opera dei bolscevichi  e ciò  prima ancora della cruenta repressione della rivolta di Kronstadt e del movimento makhnovista e dell’avvento della dittatura di Stalin. (cfr. brano)

Brano da commentare “ “…Mi si dirà: E avete dimenticato la rivoluzione Russa? Non vedete che essa vive mercé la Dittatura del proletariato? No; non l’abbiamo dimenticata, e se volete vi diamo il nostro parere, eccovelo: La Rivoluzione Russa è stata fermata a metà strada dalla Dittatura dei Bolscevichi, che non è la Dittatura del Proletariato vera e propria, giacché questa consiste nella Rivoluzione armata in permanenza delle classi lavoratrici, contro le classi parassitarie, mentre quella di Russia è l’inaugurazione e il dominio di un governo di socialisti. […] L’unica, la più grande, la più bella conquista dei proletari russi — i Soviet costituiti quando Lenin e Trostky erano cento miglia lontani dalla Russia e volevano la Repubblica democratica! — i Soviet hanno perso ogni significato, grazie alla Dittatura Bolscevica, e perdono sempre più «la loro forza rappresentativa» perché le elezioni sono fatte sotto la pressione della Dittatura del partito bolscevico. E dove mai la Dittatura del Proletariato, dov’ è mai la Rivoluzione, quando il popolo non può esprimere il suo parere e, peggio ancora, quando un partito, anche se socialista, denatura le conquiste popolari a detrimento del popolo? No: la Rivoluzione Russa è stata fermata dai bolscevichi. Questo è il vero. …” (in Bruno Misefari, Il Potere: ecco il nemico! ….., agosto-settembre 1920)

 Bibliografia :  Bruno Misefari, Il Potere: ecco il nemico! Come e perché tutte le Rivoluzioni non abbian realizzate le aspirazioni popolari, (non so se è il titolo originale) in  L’Avvenire Anarchico, n. 25 del 13/8/1920, n. 26 del 20/8/1920, n. 27 del 3/9/1920, n. 28 del 17/9/1920, in https://finimondo.org/node/560 . Ho tagliato con rammarico la parte storico-filosofica di questo lungo articolo per ragioni di spazio. Rinvio pertanto al testo originale che  è , per ora,  facilmente consultabile” su google.

Durante  il  cosiddetto “biennio rosso”  Misefari   si rivelò anche come “uomo d’azione” dotato di mirabili capacità oratorie e organizzative .

Nel luglio del 1920 si svolse  a Bologna il Secondo  Congresso dell'Unione Anarchica  Italiana (UAI), in cui , tra l'altro, fu deciso, su proposta anche di Errico Malatesta,  di  intensificare la propaganda nel Meridione d’Italia.   A questa proposta fece seguito tutta una serie di iniziative (cfr. brano)

Brano da commentare:  " Da quel momento il giornale [nota mia: Umanità Nova]  aprì una specie di rubrica “ per la propaganda nel Meridione” e venne dato incarico di iniziare giri di propaganda e collegamento tra i vari centri del Sud a Bruno Misefari. Questi (1892-1936), ingegnere, divenne da allora figura centrale dell’anarchismo meridionale. …” ( Luigi di Lembo, Guerra di classe e lotta umana….)

  Bibliografia: .;   Luigi Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L'anarchismo in Itaia dal biennio rosso alla guerra di Spagna (1919-!939) BFS 2001 p. 68 n. 131. Sulle decisioni del Congresso  e sull' incarico dato dalla Commissione di Corrispondenza dell'UAI a Bruno Misefari di fare un giro di conferenze nel Meridione, cfr. Umanità Nova n.171 il 15-9-1920 p. 2 in Cronache anarchiche. Il giornale Umanità Nova nell’Italia del Novecento (1920-1945) a cura di Franco Schirone, Zero in condotta, 2010 in DVD volume 1  1920-1921

     Tra le  numerose conferenze  e gli interventi come oratore nei comizi tenuti da Bruno Misefari nel Meridione mi limito a citare il suo discorso pubblico  tenuto a Taranto, mercoledì 6 ottobre 1920, in occasione di una grande manifestazione  pro vittime politiche, organizzata dal Sindacato Ferrovieri. (cfr. brano )

 Brano da commentare: “ Ad iniziativa della sezione di Taranto del Sindacato Ferrovieri Italiani ha avuto luogo una grandiosa manifestazione pro vittime politiche a cui hanno aderito tutti i partiti e le organizzazioni rivoluzionarie di Taranto e provincia che seguono le direttive della lotta di classe. […] Un affollatissimo comizio ha avuto luogo al Politeama Alhambra, dove hanno parlato gli oratori  delle diverse organizzazioni ed il giovane propagandista dell’anarchia, Bruno Misefari, che per oltre un’ora ha tenuto inchiodato l’uditorio di parecchie migliaia di persone, suscitando entusiasmo e raccogliendo calorose adesioni” (  Taranto 6 (C.S.),  Grande manifestazione pro vittime politiche , in Umanità Nova  Quotidiano anarchico   n. 192 Sabato 9 ottobre 1920 p. 2 )

Bibliografia: in  Cronache anarchiche. Il giornale Umanità Nova nell’Italia del Novecento (1920-1945) a cura di Franco Schirone, Zero in condotta, 2010 in DVD volume 1  1920-1921. 


MISEFARI ANARCO-SINDACALISTA

 L’ammirazione suscitata nei confronti di Bruno Misefari, a Taranto, nell' ottobre del 1920, come  propagandista anarchico fu il motivo principale,   della sua nomina a segretario provvisorio della locale Camera del Lavoro sindacale, ( aderente all' U.S.I., cfr. in questo blog il post: UNIONE SINDACALE ITALIANA), in seguito alle dimissioni del segretario in carica in un momento di grave tensione per la durissima vertenza in atto da mesi tra  gli operai metallurgici  della Ditta Tosi con il proprietario. ( cfr. brani da commentare).

Brani da commentare: 1 )  “ L’assemblea generale dei soci della Camera del Lavoro sindacale ha accettato all’unanimità le dimissioni del  Segretario Cicala, deliberando il proseguimento dell’agitazione dei metallurgici locali serrati dalla  ditta Tosi da oltre due mesi. E’ stata provvisoriamente affidata la direzione del movimento al compagno Misefari, qui di passaggio per un giro di propaganda. Il nostro Comitato di agitazione al quale aderiscono la locale  Camera Confederale, il Sindacato Ferrovieri ed i lavoratori del Mare deliberò l’invio di un ultimatum alla ditta Tosi di 48 ore esigendo la riapertura del  Cantiere con la riassunzione  di tutte le maestranze e l’accettazione di miglioramenti economici riservandosi di ricorrere all’azione energica delle organizzazioni proletarie locali e nazionali per piegare  la tracotanza padronale ove questa volesse perdurare “ ( Taranto 6 Furio (Bruno Misefari), La lotta dei metallurgici di Taranto  in Umanità Nova Quotidiano anarchico n. 190, Giovedì 7 ottobre p. 1; );   2)  “ Nostro telegramma particolare: L’ agitazione locale dei metallurgici della ditta Tosi prosegue fra l’entusiasmo dell’intero proletariato. Si tengono quotidianamente comizi indetti dalla Camera del Lavoro Sindacale. Prevedesi prossima la proclamazione dello sciopero generale per fiaccare la tracotanza padronale. Il proletariato rivoluzionario italiano sia con noi e ci sorregga nella battaglia. Per la C.d.L. sindacale, Misefari.   Questo telegramma speditoci il 7 è stato recapitato il 9!  (  Taranto 7, Misefari, Il proletariato di Taranto pronto ad impegnare la battaglia in  Umanità Nova . Quotidiano anarchico  n. 193. Domenica 10 ottobre 1920 p. 1)

Bibliografia: Primo e secondo brano in  Cronache anarchiche. Il giornale Umanità Nova nell’Italia del Novecento (1920-1945) a cura di Franco Schirone, Zero in condotta, 2010 in DVD volume 1 1920-1921. 

Per quanto riguarda il primo brano , mi sembra, interessante notare come le rivendicazioni operaie esposte   coincidano, in gran parte, con l'ultimatum scritto da Misefari, riportato integralmente da   Pia Zanolli (cfr. brano)

Brano da commentare: “ Ultimatum: Signor Franco Tosi, duemila uomini, duemila famiglie, diecimila esseri umani, da più di tre mesi soffrono la fame. Per il bene di questi, per il bene vostro e della vostra grande industria nazionale, vi consiglio di concedermi un colloquio. Desidero discutere, trattare ed accordarmi con voi, solo, solo con voi, accordi di cui dovranno beneficiare esclusivamente gli scioperanti. Il cantiere deve riaprirsi al più presto possibile. Se non mi ascolterete, il cantiere di Franco Tosi avrà sulla coscienza anche dello spargimento di sangue. Pensateci bene e fate del tutto per evitarlo. Il segretario della Camera del Lavoro  Bruno Misefari. “ All' ultimatum si risponde evasivamente. Il nuovo segretario non sarà ricevuto da Franco Tosi. Il fermento di rivolta è in aumento intorno al cantiere. Lo stato d'assedio regna già in tutta la città . ..." (Pia Zanolli Misefari , L’anarchico di Calabria… )

Bibliografia:  Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari, La Nuova Italia 1972  p. 162.

  Il primo articolo scritto dallo stesso Bruno Misefari ( Furio) mercoledì  6 ottobre e pubblicato su  Umanità Nova (U. N. n. 190) giovedì 7 ottobre  e il secondo articolo scritto sempre da Misefari, da Taranto il 7 ottobre, recapitata al giornale Umanità Nova n. 193, il 9 ottobre e pubblicata domenica 10 ottobre contrastano con l’affermazione di Giuseppe Tripodi   che Misefari non era presente a Taranto il 6 e il 7 ottobre e  che , quindi   non poteva  essere  stato il firmatario  dell’ultimatum alla ditta di Tosi. (cfr. brano da commentare)

 Brano da commentare: “ ... lo stesso giornale [nota mia: Corriere delle Puglie 9.10.1920] ... precisa: "All'ultimatum inviato dalle maestranze dopo il comizio di mercoledì, il commendator Tosi ha risposto negativamente". Il mercoledì cui si riferisce era infatti giorno 6 ottobre. Bruno era stato segnalato il 3 ottobre a Taranto per un comizio ( Nota del prefetto Limongelli del 4 ottobre 1920  “ Anarchico Bruno Misefari .. dopo avere tenuto ieri comizio  Taranto è partito stamani per Castellamare di Stabia” Ma anche il " Corriere delle Puglie" del 4 ottobre registra il comizio: Al Politeama Alhambra ha parlato il signor Bruno Misefari di Reggio Calabria e dopo hanno preso la parola i rappresentanti delle diverse organizzazioni". Quindi Pia, che[ imputa l’ultimatum all’azione di Bruno fornendo un testo da lui firmato […] si sbaglia o millanta: risultando il ritorno di Bruno a Taranto il 9 ottobre da documento certo ed essendo stato inviato l’ultimatum giorno 6 ottobre, quanto lei scrive non corrisponde a realtà. [...] 9.10.1920 Anarchico Bruno Misefari... ritornato a Taranto per incarico quela (sic!) Camera Sindacale del Lavoro”  dirigere agitazioni  e operai Cantiere Tosi. Prefetto Limoncelli" , nota del prefetto di Lecce  al Ministero dell'Interno in CPC.( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle…)

Bibliografia: Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-19369 cosiddetto “anarchico di Calabria, Città del sole, 2020 p. 103 nota 5 e  nota n. 6.

A mio parere , al fine di avere su questa  vicenda una visione un po’ più chiaraè consigliabile,  innanzitutto, tenere ben distinta la conferenza  su  “La  Società dell’amore “ , tenuta da Misefari  al teatro "Paisiello" di Taranto il giorno 3 ottobre 1920 dall’ intervento di Misefari in occasione della grande manifestazione  pro vittime politiche, organizzata dal Sindacato Ferrovieri al  teatro "Politeama Alhambra" di Taranto, il 6 ottobre 1920 . E a questo proposito mi sembra importante notare  che un  non meglio identificato sottoprefetto di Taranto fornisce un' informazione che  contraddice quella  del  " Corriere delle Puglie del 4 ottobre" e , in parte, le  segnalazioni del prefetto Limongelli di Taranto talvolta menzionato con il nome di Limoncelli .   (cfr. brano)
Brano da commentare: "Il 4 ottobre 1920. Il sottoprefetto di Taranto informa oggi che il Misefari è colà giunto tenendo in quel teatro "Paisiello" una conferenza sull' "Anarchia". Soggiunge che domani partirà pel comune di Castellaneta in quel circondario , continuare azione propaganda (CPC)
 Bibliografia: Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-19369 cosiddetto “anarchico di Calabria, Città del sole, 2020 p. 101. 
 
Esiste, a mio parere, per esempio, una contraddizione  tra la segnalazione del prefetto Limongelli che Misèfari sarebbe partito il giorno 4 ottobre 1920  per Castellamare di Stabia e quella invece del non bene identificato sotto prefetto di Taranto  che indicava come meta di quel viaggio il vicino comune di Castellaneta appartenente al medesimo circondario di Taranto.   Inoltre la presenza di Misefari a Taranto il 7 ottobre , contrariamente a quanto afferma Tripodi, può trovare una  ulteriore conferma nella  lettera di   Bruno a Pia scritta da Taranto proprio quel giorno ( cfr. brano).
Brano da commentare : “  Taranto 7 ottobre 1920 […] Ho tenuto a Taranto una conferenza “ la Società dell’amore”. E’ venuta tutta la cittadinanza, operai e professori, ad ascoltarmi come a Reggio. E’ stato un trionfo, Pia. Sono stato trattenuto qui a forza. Ho tenuto una conferenza per sera e ora Taranto  tutta  è d’attorno a me….” (Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria …”)
 

Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari, La Nuova Italia 1972 p. 160.  Cfr. anche Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-19369 cosiddetto “anarchico di Calabria, Città del sole, 2020 p. 101 dove probabilmente per una dimenticanza  questa lettera è citata senza   indicare la città da dove Misefari scriveva.  

Il  silenzio di Bruno in questa lettera a Pia   del gravoso  impegno di assumere la guida degli operai nella vertenza contro il  Cantiere Navale Tosi si spiega probabilmente [ma è solo una mia ipotesi] con il proposito di Bruno di non volere preoccupare la sua compagna prima dell’inizio di una lotta che si annunciava come particolarmente dura.

  Bruno Misefari,  dopo il rifiuto da parte della ditta Tosi di un accordo, comunicò poi  (quasi) quotidianamente sulle pagine di Umanità Nova l'evoluzione degli avvenimenti. Mi limito, per ragioni di  spazio, a citare soltanto  la notizia dell'inizio dello sciopero generale e quella in cui era annunciato l' esito finale. (cfr. brani)

 Brani da commentare: 1) Proclamato sciopero generale a Taranto in solidarietà con gli operai  … e per protesta contro ... della regia sbirraglia è conclamato lo sciopero generale  per fiaccare l’ insolente tracotanza del pescecanismo affamatore e respingere la sfacciata reazione governativa” ( Sciopero generale a Taranto 10 (M.) in Umanità Nova. Quotidiano anarchico n. 194 ,  12 ottobre 1920 p. 1) ( nota mia: una fascetta impedisce la lettura di alcune parole e per questo ho messo dei puntini); 2) "... Segnaliamo al proletariato italiano  la vergognosa defezione della locale  Camera del lavoro confederale che pur avendo accettata la proclamazione dello sciopero generale, rifiutò all’ultima ora la propria adesione.  Manovre inqualificabili  vanno compiendo a scopo bottegaio gli elementi confederalisti che indicono comizi indetti  per disgregare la compagine della massa scioperante.[…] La vertenza dei metallurgici della ditta Tosi essendo in via di soluzione mercé l'intervento dei ferrovieri e dei Lavoratori del Mare, lo sciopero generale è stato sospeso. La massa lavoratrice si stringe vieppiù intorno all' U.S.I." ( Le gesta dei confederalisti a Taranto,  Taranto, 14 (Misefari) in Umanità Nova n. 198, 16 ottobre 1920 p. 3)
 Bibliografia: in  Cronache anarchiche. Il giornale Umanità Nova nell’Italia del Novecento (1920-1945) a cura di Franco Schirone, Zero in condotta, 2010 in DVD volume 1 1920-1921.  Cfr. anche su quelle giornate di lotta le notizie  pubblicate su Umanità Nova  :   Grave situazione a Taranto.  Lo sciopero generale contro l'affamatore Tosi   Taranto 11 . (M.N.) n. 195, 13 ottobre 1920 p. 1; L' agitazione prosegue compatta. ( Furios) Taranto 12 n. 196,   giovedì 14 ottobre 1920. Cfr. anche Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari,  La Nuova Italia, 1972, pp. 160-163. 

 Assolto come era stato convenuto,  il compito , di  “segretario provvisorio” della Camera del Lavoro sindacale  (USI), Misèfari  riprese i tour di propaganda nel meridione organizzando in particolare la promozione di  interventi di massa finalizzati alla liberazione di Errico Malatesta, arrestato il 17 ottobre  (cfr. post ERRICO MALATESTA 1914-1932) e degli altri compagni arrestati. Il 22 ottobre 1920, seguendo le direttive enunciate dal giornale  anarchico Umanità Nova  Misefari e numerosi altri proletari/e interruppero, a Taranto un comizio elettorale socialista al grido di “ Liberate Malatesta” (primo brano) . La presenza di Miséfari alla testa del corteo non sfuggì alla polizia che lo incriminò di vari reati , tra cui l’incitamento all’odio di classe.  (secondo brano). Sfuggito all’arresto venne considerato latitante, il che non gli impedì di essere testimone, il giorno dopo,  delle violenze  della reazione poliziesca. Una descrizione dettagliata dei fatti, in cui mi sembra di intravedere un presagio dell'imminente fine del cosiddetto "biennio rosso"la raccontò lui stesso in una lettera da Pia Zanolli, senza però, io credo per non preoccuparla, menzionare esplicitamente  la sua personale  partecipazione al comizio sovversivo e la sua attuale condizione di latitante e ricercato dalla polizia. ( terzo brano)

Brani da commentare:1) "Operai! Nei comizi elettorali prima di permettere ai candidati di parlare reclamate a gran voce la liberazione di Errico Malatesta, di Armando Borghi e di tutti gli anarchici o sindacalisti incarcerati per reati di pensiero o di stampa!"[...] "Taranto, 22- Questa sera in un comizio indetto dai socialisti, tutto il proletariato tarantino acclamava alla liberazione di Malatesta.  (Comizio pro Malatesta a Taranto in Umanità Nova n. 205, Domenica 24 ottobre 1920 pp 5 e 6) ; 2)“ Il 26 ottobre 1920 il Prefetto Caffari informa che a Taranto “il Misefari Bruno è stato denunziato  all’autorità giudiziaria per istigazione a delinquere incitamento odio di classe e vilipendio istituzioni  statali , reati commessi quella città la sera del 22  andante in occasione di pubblico comizio elettorale indetto dal partito socialista. Allontanatasi , ignota direzione, sono state diramate ricerche (CPC) “ 3)... La bufera  si è scatenata e la lotta è ingaggiata. Perquisizioni in tutte le case dei più rossi: arresti  su tutta la linea  e persecuzioni senza fine.  Amato dal popolo di questa città (tu sapessi, o Pia, che delirio di entusiasmo per me!), le donne del popolo, anche poveri cenci umani, vecchie madri piangenti, scarne e scarmigliate mi accarezzavano per la mia opera svolta a favore della riapertura del Cantiere Navale "Tosi" ( che ha dato lavoro a ben duemila famiglie); ben voluto a tal modo, il governo non ha creduto opportuno toccarmi un capello. Ma ieri ho visto l’assedio all’albergo e alla Camera del Lavoro: ho pensato di diventare uccel di bosco, come nei giorni della guerra quando ero disertore…Non spaventarti, sto in montagna  e studio. E’ una precauzione la mia. Se la situazione non schiarirà, deciderò  il da fare; se debbo, oppure no, ripigliare la vecchia via. La grande lotta fra il popolo d’Italia e il Governo è iniziata: e purtroppo, mia cara, il sangue scorrerà e le galere se non saranno demolite diventeranno piene di sovversivi. " Attendo alcuni giorni ancora per vedere come si delineerà la lotta: Indi mi deciderò” ( Lettera a Pia, Taranto, 24 ottobre 1920)

 Bibliografia: Primo  brano in Cronache anarchiche.  Il giornale Umanità Nova nell’Italia del Novecento (1920-1945) a cura di Franco Schirone, Zero in condotta, 2010 in DVD volume 1  1920-1921.  Secondo brano  in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto anarchico di Calabria , Città del Sole, 2020 p. 104, Terzo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria . La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 128 , La Nuova Italia 1972, p. 163-164

Cosa decise Bruno Misefari  è noto.  Stando a quanto riferisce Giuseppe Tripodi, il 22 novembre del 1920, Misèfari fu di nuovo alla testa dei proletari/e tarantini/e per rivendicare nuovamente la liberazione di Malatesta e degli altri compagni  detenuti. (cfr. brano)

Brano da commentare: "Il 2 dicembre 1920 il Questore Napoli informa il Ministero dell’Interno di una comunicazione del sottoprefetto di Taranto : “ il Misefari è stato denunciato all’ autorità giudiziaria per istigazione a delinquere, eccitamento  odio di classe e vilipendio istituzioni statali, reati commessi quella città la sera del 22 novembre in occasione di un pubblico comizio elettorale indetto dal partito  socialista (CPC)" . ( in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle…)

Bibliografia: in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto anarchico di Calabria , Città del Sole, 2020  p. 106 

Se le due denunce ( del 26 ottobre  e del 2 dicembre 1920)  della polizia di Taranto contro Misèfari per " incitazione all'odio di classe e altro " sono  vere mi sembra che sia  priva di fondamento l' ’osservazione di Tripodi che Misèfari abbia , dopo la fine dello sciopero, “disertato ” il fronte dell lotta di classe a Taranto o altrove. (cfr. brano)

Brano da commentare:  “ L’anarchico (nota mia: Bruno Misèfari) abbandona il suo impegno sindacale a Taranto e svolge propaganda in altre città: tutt’altro che un impegno a tempo pieno a fianco dei lavoratori di Taranto, soprattutto quando le cose si mettono al peggio […] Disertore dunque, come nella  Grande Guerra, solo che questa volta, essendo sul fronte giusto, avrebbe dovuto combattere  e non disertare” ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle… )

Bibliografia: in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto anarchico di Calabria , Città del Sole, 2020 p. 105-106.

  Giuseppe Tripodi adduce come prove della presunta "diserzione" di Misefari le lettere del 26 novembre 1920 alla mamma di Pia Zanolli e del 25 dicembre 1920 a Pia, in cui Bruno  prometteva di volere riprendere gli studi di ingegneria e di abbandonare la lotta,  Bisogna però notare che tali promesse di Misefari non furono, nè nel 1921 nè per la maggior parte del 1922, mantenute. ( cfr. post: PIA ZANOLLI MISEFARI. )
 
TRIADE ANARCHICA
 
 
Nel gennaio  1921 si era costituito, come è noto,  il Partito Comunista d’Italia e a Napoli i comunisti  guidati  da Amedeo Bordiga si impadronirono della Camera Confederale del Lavoro. Una crescente divergenza di vedute nacque tra i comunisti e gli anarchici del gruppo “La Folgore” che rimproveravano ai bordighisti  di praticare, nelle lotte operaie,  la medesima politica riformista dei socialisti, con l’aggiunta, in più, di velleità “ bolscevico-dittatoriali” . La punta massima del conflitto fu raggiunta con la cacciata dalla Camera Confederale del Lavoro di Bruno Misefari, Giuseppe Imondi e  Maria Berardi, definiti polemicamente come ”la triade anarchica”(cfr. primo brano). Ripercussioni di quegli scontri si ebbero anche  all’interno del movimento anarchico. Durante  il 3° Convegno  Anarchico Campano del settembre 1921, Bruno Misefari difese Imondi dall’accusa di essere una spia da parte del gruppo scissionista “Libera Intesa”, più aperto del gruppo “La  Folgore” nei confronti dei bordighisti. (cfr. secondo brano)

Brani da commentare: 1) “ Amici ferrovieri […] Noi ci siamo ribellati all’odioso editto ( nota mia:  riferimento all’ingiunzione di stare lontani dalla Camera del Lavoro) e siamo tornati  con quel coraggio e quella coscienza pura che ci distingue. Voi avete risposto degnamente con solidarietà aprendo il passo a chi è sempre degno di chiamarsi rivoluzionario. La fragorosa accoglienza vostra in mezzo a voi ci ha commossi  , ci ha riempito l’anima di santo orgoglio, ritemprandoci il coraggio e la coscienza. […]” ( da il  manifesto “ Contro la Dittatura dei falsi amici del proletariato” firmato da G. Imondi, M. Berardi, B. Misefari ); 2) “ Il Convegno è unanime nel votare un ordine del giorno, in cui deplorando tale contegno ( nota mia: Carlo Melchionna, rappresentante  di “Libera Intesa” si ritirò per protesta dal Convegno per l’assenza del  richiesto rappresentante dell’Unione Anarchica Italiana) che non  s’informa a concetti anarchici, ma ad un inqualificabile metodo di pettegolezzi, si ritiene autorizzato a considerare inesistenti le pretese accuse mosse da alcuni pseudoanarchici di detto gruppo contro provati compagni e nomina su proposta di Misefari di una commissione d’inchiesta….” ( Furios), 3°Convegno Anarchico Campano ....)

Bibliografia:  Primo brano  in Fabrizio Giulietti, Giuseppe Imondi un dentista anarchico 1860-1944, Galzerano Editore 2020,  p. 174  e riproduzione dell' originale nell'Appendice fotografica e anche pp. 96-97 n. 218. Sui rapporti tra anarchici e comunisti si veda anche l'articolo di Bruno Misefari (Furios) , Lettere napoletane. La scomunica e la malafede dei "duci comunisti", in Umanità Nova n. 200 p. 3  dell' 8 dicembre 1921 e anche Giuseppe Imondi,  Movimentato comizio dei metallurgici a  Napoli, Umanità Nova, n. 155 p. 2  dell' 11 ottobre 1921, dove l'autore riporta il forte contrasto sulla conduzione di quello sciopero tra Bruno Misefari e Bruno Buozzi che degenerò in una "violentissima collutazione" tra i loro rispettivi seguaci. Secondo brano: articolo di Bruno Misefari nel  3° Convegno Anarchico Campano in Umanità Nova n. 132 p. 4 del 14 settembre 1921. Cfr. Fabrizio Giulietti, Carlo Melchionna. Anarchismo e lotte sociali 1886-1932), Galzerano Editore, 2019 pp. 100-101. Nota:  tutti gli articoli citati , qui, di Umanità Nova si possono trovare su Cronache anarchiche. Il giornale Umanità Nova nell'Italia del Novecento (1920-1945) a cura di Franco Schirone, Zero in condotta, 2010 in DVD volume 1 1920.1921.

Nell’ ottobre 1921 alla notizia della condanna a morte di Sacco e Vanzetti  si organizzarono in tutta Italia manifestazioni e comizi di protesta . Bruno Misefari svolse come  organizzatore e conferenziere un importante ruolo in Campania. Il tour di comizi iniziò a Napoli, il 13 ottobre 1921, in piazza Principe Umberto alle ore 19 e 30. Del lungo e appassionato discorso in difesa di Sacco e Vanzetti, tenuto , in quell'occasione da Misèfari, cito per le solite ragioni di spazio, solo qualche brano. (cfr .brano da commentare)

Brano da commentare: “…Intendiamo parlare di Nicola Sacco e di Bartolomeo Vanzetti. Chi sono essi mai? Sono due proletari, figli della grande miseria italiana, che porta per tutto il mondo i suoi cenci doloranti. […] Sono due «senza patria» per colpa della patria; due di quei figli del popolo, che – posti tra la fame il delitto, la vergogna e il vagabondaggio pel popolo – lasciati per non morir di fame [sic] e per non darsi al delitto, lasciano il tugurio squallido, i grami amici, i cadenti genitori, le spose, i figlioletti intenti, le fanciulle adorate, e se ne vanno – un sacco di cenci su le spalle e una grande speranza nel cuore – a «pigiarsi nelle stive dei transatlantici, e a portare la loro miseria al di là dell’oceano, dove la febbre della vita e del lavoro non ha soste». Sono due di quei cenci umani che la Borghesia dell’al di là dell’oceano accetta finché essi hanno braccia robuste per creare la sua ricchezza, e rassegnazione per lasciarsi sfruttare. E quale reato han compiuto? Ah, cittadini, è triste dover constatare certe orribili verità! Se quei poveri cenci umani che sono gli emigranti curvano la fronte al duro sfruttamento della Borghesia americana senza un grido di ribellione, servi per volontà e per rassegnazione – oh, allora sì che essi sono della buona, dell’ottima gente, perdonabile anche se affidata alla Mano nera, si dia ad ogni sorta di delitto. Ma se uno di questi cenci umani – creatori della ricchezza e fulcro della Gloria del mondo – leva la fronte dal duro lavoro e guarda il sole e pretende pane e libertà […] oh allora,quel povero ma sublime cencio umano diventa delinquente e malfattore; e se il delitto non c’è, lo si crea; imperocchè chi colpisce la società borghese, è degno di morte e deve morire. […]  Permetterete voi che si compia il misfatto? [...]  Se dunque, la difesa dell’Italia e degli italiani non può venire da coloro che a parole dicono di effettuarla, effettuiamola noi con i fatti. ” (Bruno Misefari, Discorso in difesa di Sacco e Vanzetti)

Bibliografia:  La  versione integrale è in Giuseppe Galzerano, Bruno Misefari e la Campania contro la condanna a morte in Rivista della Resistenza e della Società Contemporanea in Provincia di Cuneo n. 91, semestre 2017 pp. 149-150 facilmente consultabile , su google, in http://www.acratie.eu/FTPUTOP/ANR-ITA-SACCO-VANZETTI-2017.PDF  .    Cfr. anche   Giuseppe Tripodi,  L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) , Città del sole,  2020 p. 110  , dove il discorso di Misefari,  è giudicato “ non discosto dalla tronfia tradizione dell’oratoria politica meridionale".

Manifestazioni e comizi , spesso repressi violentemente dalle forze dell’ordine e caratterizzati anche sovente da ausiliarie incursioni fasciste, si svolsero poi a Benevento, Elena ( un comune che ora non esiste più) Pozzuoli, Nocera inferiore, ove il nome   di Bruno Misefari, quasi sempre  presente di persona, era, in modo particolare,  segnalato, ovviamente con diversi accenti,  sia dalla stampa anarchica che da quella borghese. 

 
BRUNO MISEFARI E ROBERTO ELIA
 
 Ai primi di gennaio 1922 Bruno Misefari e Roberto Elia ( cfr.post ANARCHICI ITALIANI NEGLI USA) organizzarono il Primo Convegno Anarchico di Calabria, il cui programma tendeva  a rinforzare e accrescere i gruppi locali . (cfr.brano)

Brano da commentare: “ cominciare una larga e profonda seminagione delle nostre idee in Calabria . Con criterio nuovo. Con criterio più corrispondente alle condizioni e ai bisogni del nostro popolo lavoratore. Esso è fra i più sfruttati d’Italia, e perciò è fra quelli meno evoluti che rappresentano la immane palla ai piedi della umana Redenzione. Questo non deve più essere .  Il proletariato calabrese non deve più essere l’ultimo nel glorioso esercito della Libertà. Bisogna dunque lavorare, indefessamente lavorare in tal senso . ( in  Aldo G.M. Ventrici, Roberto Elia …)

Bibliografia: Aldo G.M. Ventrici, Roberto Elia. L’anarchismo anti organizzatore negli Stati Uniti di primo’900, Larondine, 2019, p. 208-209

Nel programma era inclusa anche la pubblicazione di un giornale, il cui titolo Pane e Libertà fu annunciato ma non vide mai  la luce per mancanza di fondi.

 

Nel maggio 1922 Misefari aderì  al nuovo gruppo libertario, "Prometeo",  che determinò, tra l’altro, la fine della scissione, avvenuta il luglio 1921, tra i membri del  gruppo “Libera Intesa “, tra cui  Carlo Melchionna, e  la maggior parte dei componenti del gruppo  “La Folgore” tra cui, appunto, Bruno Misefari. La presenza di Misefari all' inaugurazione di questo gruppo fu  riferita alla questura di Napoli da un infiltrato della polizia (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare: “ Accludo ( nota mia: chi scrive è l'infiltrato) alla presente due manifestini, uno del gruppo anarchico “La Folgore” dove sono rimaste non più di quattro persone – Imondi, Berardi ed altri due giovanotti, fra cui Cacace che dai giovani comunisti è passato al gruppo di Imondi.  L’altro manifesto del nuovo gruppo "Prometeo". Dunque udienza ore 11.00, intervenuti 194 tra simpatizzanti ferrovieri, comunisti e socialisti. Presiede la conferenza Bruno Misefari che dà la parola all’avvocato Cantone che parla per circa due ore  sul tema "Il simbolo universale ed eterno di Prometeo"…[…] Sono stato invitato dal Misefari ed Abbate a far parte del nuovo gruppo e mi sono riservato di rispondere. Ora voi dovete darmi disposizioni, poiché iscrivendomi al gruppo dovrei dimettermi dal partito comunista ….” (Relazione fiduciaria inviata alla Questura di Napoli in data 4 giugno 1922).

Bibliografia: Fabrizio Giulietti, Carlo Melchionna. Anarchismo e lotte sociali 1886-1932, Galzerano Editore, 2019 p. 264. Cfr. anche Fabrizio Giulietti, Giuseppe Imondi. Un dentista anarchico   1860-1944, Galzerano editore , 2020 pp. 264 e 265, dove sono presenti alcuni particoari in più.

Nel giugno 1922, alcuni giorni dopo l’ entrata nel carcere dell’isola di Santo Stefano di GIUSEPPE MARIANI ( 1898- 1974 ) condannato all’ergastolo per essere stato, il 23 marzo 1921, uno degli attentatori del teatro Diana di Milano, Bruno Misefari fu il primo, per conto anche di Errico Malatesta a scrivergli ( cfr. primo brano). Mariani stesso riferì  , anni più tardi, questo gesto di conforto da parte del Misefari (secondo brano), e inoltre ricordò l’aiuto nel settembre del 1925 dato da Misefari e  Giuseppe Imondi a sua madre e a suo fratello. (terzo brano)

Brano da commentare: 1) “ Il primo a scrivergli ( nota mia: Giuseppe Mariani) fu Bruno Misefari, allora studente universitario, che in agosto gli spedì un vaglia di sessanta lire e un libro Ecce Homo di Nietzsche.  “ Nel tagliando (…) erano scritti i saluti speciali e [i] baci del famoso anarchico Errico Malatesta” riferì il direttore del penitenziario dopo avere provveduto al sequestro del libro e alla cancellazione di tutte le parole non permesse, compresi i saluti e i baci del “furfante sopracitato “ ( in Vincenzo Mantovani, Anarchici alla sbarra…); 2) “ Il primo a scrivermi fu il compagno Bruno Misefari, inviandomi un vaglia di 60 lire e di un libro “ Ecce Homo” di Nietzsche che mi fu passato agli atti. Questa testimonianza di tanto ricordo nelle profondità dell’abisso che ormai mi separava dal mondo dei vivi, mi fu di grandissimo conforto. Mi fu permesso di scrivergli una cartolina per avvisarlo di aver ricevuto quanto mi aveva spedito.” ( Giuseppe Mariani, Memoria di un anarchico); 3) “ Nel mese di settembre del 1925 vennero a trovarmi mia madre e mio fratello. […] Mi dissero che arrivando a Napoli erano attesi alla stazione da Bruno Misefari e da una figlia del dottor Imondi: che al ritorno avrebbero riposato un paio di giorni in casa di questo stesso compagno dottore …” (Giuseppe Mariani, Memoria di un anarchico )

Bibliografia: Primo brano in Vincenzo Mantovani, Anarchici alla sbarra, La strage del Diana tra primo dopoguerra e fascismo, ll saggiatore, 2007, p. 589. Secondo e terzo brano in Giuseppe Mariani, Memoria di un anarchico  Edizioni de su Arkiviu –bibrioteka “T. Serra” Guasila, 2005. p. 94 e p. 99.  Per quanto riguarda il secondo brano mi piacerebbe sapere se, prima della sua morte abbia mai saputo di “saluti e baci” di Errico Malatesta.

 Sulla possibile presenza di Bruno Misefari insieme a Errico Malatesta a Saint_Imier nel settembre del 1922, cfr. in questo blog alla fine del  post ANARCHICI/E SVIZZERI...
 
Il 28 ottobre, vi fu la cosiddetta "marcia su Roma". Il 30 ottobre il re nominò Mussolini  capo del governo.
 

 Il 23 agosto 1923, dopo anni di studio, continuamente interrotti da una intensa attività rivoluzionaria,  Bruno Misefari,  con  l'assiduo appoggio finale di Pia Zanolli,   si laureò in ingegneria. (cfr. post: PIA ZANOLLI MISEFARI)

Appena laureato Bruno Misefari  presentò  al  commissario del Comune di Palizzi un progetto per la conduttura dell’acqua, che mancando nel paese, creava,  grandi svantaggi alle donne del paese (cfr. post: PIA ZANOLLI MISEFARI).  Il progetto fu rifiutato sebbene  Misefari si fosse offerto di realizzarlo gratis. (cfr. secondo  brano)

Brano da commentare: “ Reggio Calabria, 28 agosto 1923. Ill.mo R. Commissario del Comune di Palizzi. Quale primo ingegnere palizzese sento il dovere di rendermi utile al popolo del mio paese nativo, ed offro pertanto gratis (ad eccezione delle spese vive, che non posso sopportare perché povero, la mia opera professionale per la redazione del progetto della conduttura per Palizzi Centro di acqua potabile che è di assoluta importanza per la vita e il decoro degli abitanti. […]  Il Commissario – per paura… o per noncuranza – ha rifiutato a priori il progetto dell’acquedotto  “gratis” del primo ingegnere di Palizzi. Per tanti anni ancora le povere donne di questo remoto paese di Calabria – uno dei tanti-  dovranno salire, giorno per giorno, il loro calvario per attingere l’ acqua con le "quartare  ed i bomboli” portati dignitosamente sulle loro stanche teste, salendo il monte, verso la sorgente” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…)

 Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria . La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 188-189 

 

BRUNO MISEFARI E NINO MALARA

Nel 1924, quando il fascismo era  al governo già da due anni e la dittatura si faceva sempre più vicina , venne fondato il giornale L’amico del popolo da Bruno Miséfari e i compagni NINO MALARA (cfr.  post ANARCHICI/E AL CONFINO...) e il siciliano NINO NAPOLITANO (1893-1958). Nel primo numero del giornale  Miséfari scrisse l’articolo  Chi sono e cosa vogliono gli anarchici, di cui cito un breve estratto. (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare:   “Alcuni soltanto conoscono forse gli anarchici. Altri li disprezzano o li fuggono o li calunniano, perché ignorano la loro filosofia o perché la stampa venduta alla borghesia snatura ogni giorno loro pensieri e i loro atti.  […]Popolo essi stessi e figli del popolo, sono cresciuti nel silezio e nell’ombra. E, nel silenzio, hanno studiato, anatomizzato, analizzato tutto quel che s’agita d’attorno a loro. La loro università è stata il dolore. Che hanno visto? Che cosa vedono? Tutto quel che la grande maggioranza degli uomini non vede. Hanno visto e vedono la società umana, questo immane monumento, innalzato col fango e con il sangue. In fondo il popolo; sopra il popolo, la religione e lo Stato; sopra di tutti il capitalismo omicida. E che cos’era il popolo? Quel che è tuttora: Una macchina che si sfrutta e si calpesta e si deride. Che cos’era la religione? Quel che è stata sempre: l’interesse capitalistico obbiettivato in formule sacramentali. Che cos’era lo Stato? Quel che è stato da secoli, da sempre: la guerra dentro e fuori i confini della “patria”. Cos’era il capitalismo? Quel che è stato ed è ancora: un potere, una forza d’inganno e di frode: lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. […] Allora hanno mandato un grido di dolore, allora hanno covato nell’animo un tremendo odio contro le tirannidi, responsabili di tanto male nel mondo e sono insorti, in nome del diritto alla vita. Allora sono diventati anarchici. …..  (Bruno Miséfari,  Chi sono e cosa vogliono gli anarchici, in L’amico del popolo, 14 dicembre 1924)

Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 194-195.Gli scritti  di Bruno Misefari, “Chi sono e cosa vogliono gli anarchici,” e “La gioventù anarchica, Chi sono gli anarchici, L’ANTISTATO, 1967  sono stati, , se ho capito bene ristampati recentemente.Per notizie più precise sul come  richiederli , cfr.in  https://www.rivoluzioneanarchica.it/e-stato-ristampato-lopuscolo-contenente-gli-scritti-di-bruno-misefari-chi-sono-e-cosa-vogliono-gli-anarchici-la-gioventu-anarchica/

  Il giornale, nonostante il relativo (data la situazione) successo ottenuto, ebbe vita breve  a causa della repressione coordinata di fascisti e forze dell’ordine. (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare: “ Agli operai della tipografia i fascisti armati di manganelli impongono di sospendere la tiratura del giornale, diversamente sfasciano e distruggono ogni cosa. Il giorno dopo due poliziotti ci raggiungono all’entrata della tipografia, si spingono dentro e dopo una perquisizione accurata della mia persona mi portano in Questura. Da quel momento il giornale L’amico del popolo riceve la diffida e la sospensione. Il giornale anarchico è dichiarato illegale. Travestiti da frati portiamo via le copie già stampate del quinto numero che distribuimmo nei modi più strani. I compagni contadini, a Reggio come a Cosenza, lo portano al mercato e lo usano per avvolgerci la frutta e la verdura che vendono. I compagni ferrovieri fanno da postini lasciandolo nelle stazioni e sui treni, se lo passano di mano in mano. Non era gran cosa ma almeno era una speranza, era che non c’eravamo arresi. Poi venne il trionfo della reazione e tutto il paese fu sommerso da una ondata di terrore. […] Isolati, privi di lavoro, insultati, spiati, ci siamo separati . Bruno Miséfari per una strada, io per un’ altra. Ci rivedemmo in carcere a Cosenza dopo il delitto  Matteotti e quello è stato l’ultimo abbraccio; dopo non ci siamo più rivisti. …”  ( Nino Malara, Antifascismo anarchico 1919-1945)

Bibliografia: Nino Malara, Antifascismo anarchico 1919-1945,  sapere 2000, 1995 pp. 67-68

Il 20 settembre 1925 Bruno Misefari fu arrestato per reati connessi alla figura del re e detenuto prima a Reggio Calabria e poi a Cosenza e poi scarcerato il 2 ottobre  (primo e secondo  brano)

Brani da commentare:  1) “Ma il 20 settembre viene denunciato dalla Questura di Cosenza per violazione degli art. 117 (attentato al Re)  118 (impedimento al Re dell’esercizio della sovranità) 122 (offesa al Re) 125(per aver fatto risalire al Re il biasimo per gli atti del suo governo) 134 (associazione per commettere reati di cui agli articoli precedenti del codice penale…” ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle …); 2)  “Cara la mia “piccola Pia”, ancora una volta ti scrivo da un luogo di pena e di dolore. Ma ti scrivo sempre con la mente calma e serena e con l’animo sempre inghirlandato di sogni: la vita è una battaglia che si combatte all’ombra di una Idea. Colui che questo non comprende e non sente è tutto ventre o borsa, non uomo"...... (Lettera di Bruno a Pia, Carcere, Reggio Calabria, 22 settembre 1925 )

Bibliografia:  Primo brano in  Giuseppe Tripodi,  L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) , Città del sole,  2020 p. 120 .Secondo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 201

L’interesse di Bruno Misefari, per la sorte di Sacco e Vanzetti continuò, anche dopo il consolidamento della dittatura fascista,  sino alla loro morte avvenuta nel 1927. (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare: “   Appresa dai giornali la notizia dell’esecuzione, da Reggio Calabria il 25 agosto 1927, alle ore 16,40, Misefari, con molta audacia per i tempi che corrono nell’Italia fascista, testimonia la sua vicinanza e le sue lacrime, inviando un telegramma alle due famiglie, a Torremaggiore e a Villafalletto: Con voi nel dolore senza nome Ingegnere Bruno Misefari. Dalle famiglie arrivano indisturbati i due bigliettini di ringraziamento, ma l’audacia... telegrafica di Bruno Misefari viene singolarmente punita con tre giorni di carcere"

Bibliografia:  Giuseppe Galzerano, Bruno Misefari e la Campania contro la condanna a morte in Rivista della Resistenza e della Società Contemporanea in Provincia di Cuneo n. 91, semestre 2017 p. 166

Più o meno in quel periodo Bruno Misefari e il fratello Enzo furono contattati per entrare a far parte del Consiglio delle Corporazioni  .  (cfr. brano)

Brano da commentare.  “ Un bel giorno dell’anno 1927, ma non siamo ben sicuri della data, Bruno e chi scrive furono chiamati alla  sede dell’ Artigianato fascista della città. Era arrivato una persona da Roma che desiderava parlarci […] Il  segretario dell’ Artigianato ci accolse da amico e ci condusse subito dal misterioso personaggio. Con Bruno si erano conosciuti? Io lo fissavo dai piedi alla testa e lo seguivo attentamente. Ci spiegò le ragioni del suo invito: “ Nel Consiglio delle Corporazioni i delegati dei lavoratori sono un’infima  minoranza. Prevalgono in ogni decisione i rappresentanti della classe padronale. E’ il caso di continuare così oppure di rafforzare il numero dei delegati dei lavoratori? La risposta è ovvia. Abbiamo da aggiungere altri componenti ben noti come voi. Che ne dite?” Bruno rispose: “ passa alle proposte. Siamo venuti in qualità di amici”. “Bene , continuò. Sarete disposti a entrare nel Consiglio? Avrete molte soddisfazioni..” Rispose ancora Bruno : “Sai bene che siamo antifascisti per ragioni di principio. Non possiamo oscurare i nostri ideali”. A mia volta dissi : “ Siamo perseguitati e poveri, ma non possiamo deviare dalla rotta scelta fin da ragazzi”. Il tono pacato e sicuro e il nostro sguardo sconsigliò il personaggio del quale Bruno mi disse il nome, che ora non ricordo più . Ci tenevo - disse - ad avervi con noi, dato il vostro passato e la vostra preparazione. Me ne dispiace…” Sorrise. Noi pure. Gli stringemmo la destra e lo lasciammo. Lungo la strada ci scambiammo le impressioni. Chi lo aveva mandato? Ci volevano comprare? Oppure soltanto provare la nostra incorruttibilità? Ad entrambi vennero sulle labbra due nomi, ma potevamo anche sbagliarci. Rossoni o Mussolini…? (  Enzo Misefari, Bruno biografia di un fratello...)

Bibliografia: Enzo Misefari, Bruno biografia di un fratello, Zero in condotta 1989, pp. 109-110

Con le «Leggi speciali per la difesa dello Stato», del 6 novembre 1926, l'istituto della "diffida, già valida per molti reati comuni, fu estesa anche a coloro che erano considerati  “pericolosi agli ordinamenti dello Stato” ( cfr. primo brano). Da una  lettera prefettizia del dicembre 1926 risulta che Bruno  Misefari fu, stando alle date, tra i primi ad essere sottoposto a questa misura di sicurezza  (cfr. secondo e terzo brano) e che lo fosse ancora nel dicembre 1929 (quarto brano)

 Brani da commentare: 1) Con le «Leggi speciali per la difesa dello Stato», del 6 novembre 1926, il regime fascista estese agli esponenti politici l’istituto della diffida, un provvedimento superiore all’ammonizione. Il provvedimento fu perfezionato con il nuovo testo delle leggi di PS del 18 giugno 1931. …” (Istituto della diffida nelle cosiddette Leggi specialissime durante il fascismo); 2) "A Bruno pervenne il 19 dicembre la diffida ( ai sensi dell'art. 166. u. c. del Testo Unico Leggi P.S.) di astenersi per l’avvenire "da qualsiasi attività politica che comunque possa essere diretta a sovvertire gli ordinamenti nazionali dello Stato o a menomare la sicurezza ovvero a contrastare od ostacolare l’azione dei poteri dello Stato". ma già, due giorni prima del misterioso attentato al cosiddetto Duce ( nota mia: riferimento all'attentato, il 31 ottobre del 1926, a Mussolini attribuito al quindicenne Anteo Zamboni) Bruno era stato arrestato e tenuto dentro nei tre giorni successivi la barbara uccisione del giovanissimo Anteo" ( Enzo Misefari, Bruno biografia di un fratello...);  3) “Ai sensi dell’art. 166, ultimo capoverso, del Testo Unico della Legge di P.S., come  primo provvedimento [nota mia: Bruno Misefari] è stato diffidato dal locale Sig. questore ad  (CPC) ad astenersi... " (Comunicazione del 20.12. 1926 del Prefetto di Reggio Calabria alla direzione generale della PS);  4) “… Misefari Bruno di Carmelo e di Autelitano Francesca nato a Palizzi il 17 gennaio 1892. Ingegnere celibe. E’ il noto anarchico schedato che è ora Direttore Tecnico di una costruenda vetreria nella frazione Pezzo di Villa San Giovanni, diffidato politico. ( Lettera del 14 dicembre 1929 della Prefettura di Reggio Calabria su presunte attività anti fasciste nella città dello Stretto. )

Bibliografia:  Primo brano in Storia e Memoria di Bologna, Diffida. in https://www.storiaememoriadibologna.it/diffida-1-persecuzione. Sui  rapporti della diffida con l'ammonizione e il confino mi piacerebbe saperne di più. Secondo brano in Enzo Misefari, Bruno.biografia di un fratello, Zero in condotta, 1989 p. 108.   Terzo  e quarto brano in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del Sole editore , 2020, p. 123 e p. 318. Cfr. anche p. 213 dove, probabilmente per una dimenticanza,  l’ autore non menziona la qualifica , attribuita  a Misefari di  “diffidato politico”.

   Alcuni giorni  dopo la comunicazione della  prefettura del 14 dicembre 1929,  Bruno Misefari fu detenuto  , a causa della sua sospetta pericolosità, in occasione  del viaggio di nozze del principe Umberto di Savoia con Maria José, dal  1 gennaio al 13 gennaio 1930 nel carcere di Bagnara, a cui seguì, poi, tra l’altro, nel luglio 1930,  la revoca dell' abbonamento ferroviario a causa delle sue professate idee anarchiche e l'inserimento nello schedario dei politici pericolosi. (cfr. primo brano). Ulteriori misure repressive emesse contro Misefari   sono elencate in una sua lettera a Mussolini che non ebbe risposta .  ( cfr. secondo brano).

Brani da commentare: 1) “ L’anno del 1930 non cominciava bene per Bruno. Il prefetto di Reggio Cal. Longo informava il Ministero dell’Interno che l’anarchico  “ in data 1.1.1930 è stato fermato per misure di PS. in occasione nozze S.A.R. Principe Ereditario e rimesso in libertà il 13.1. 1930”. Ad aprile 1930, come già si è detto, maturava definitivamente la crisi con la  Società vetraria Calabrese e nella seconda metà dell’anno si addensano sul capo di Bruno ulteriori e consistenti nubi repressive. […] In data 28.7. 1930 il prefetto di Reggio Calabria comunica al Ministero dell’Interno che in data 18 luglio è stata ritirata a Bruno la carta dell’autorizzazione ferroviaria e che è stato incluso nell’elenco delle persone pericolose della provincia da arrestare in determinate circostanze.  ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle…); 2) “Dopo l’arresto dei miei calunniatori ( nota mia : Misefari si riferisce qui a certi Sottilaro e Giunta)  potetti alquanto respirare, quantunque l’autorità non abbia pensato di cancellare quei provvedimenti presi in seguito alle denunzie calunniose contro di me, come l’espulsione da Roma, dove pur mi chiamano affari professionali importanti, l’ordine di non uscire  fuori residenza senza  previo avviso  alle autorità di P.S. e la rigorosa sorveglianza nei paesi dove vado, per cui molti affari non posso portare a compimento per ritegno che si ha a contattare con chi è sorvegliato in tal modo. […]  Se non che – da qualche tempo -  sento che un’altra atmosfera di tempesta si sta addensando sul mio capo. Diversi segni me ne danno avviso: 1) la sospensione dall’albo degli ingegneri senza giustificato motivo;   2) il sequestro di una carta di autorizzazione ferroviaria avvenuto dopo qualche giorno dopo il rilascio; 3) un rincrudimento nella sorveglianza da parte della polizia. Poiché nessuno e neppure quindi la Polizia, può dire che io sto esplicando attività politica di sorta, sono pienamente convinto che questa atmosfera di tempesta si stia addensando su di me per opera di nuovi calunniatori. [...]  Posso solo intuire da che parte potrebbero venire i colpi; e non esito a svelare i nomi di coloro che avrebbero interesse a perseguitarmi e i motivi per cui essi potrebbero agire contro di me. [ nota mia : tra i nomi dei suoi detrattori, che Misèfari citava, in questa lettera al capo del governo, spiccava quello dell' ex deputato popolare e  "attualmente presidente dell Associazione Industriale Fascisti", Nicola Siles, consigliere delegato della Società Vetraria Calabrese]” ( Lettera di Bruno Misefari a S.E. Benito Mussolini scritta tra il 1930 e il 1931)

 Bibliografia: Primo brano in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del Sole editore , 2020, p. 143-144-145 .  Secondo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p.236. Sulla lettera di Bruno Misefari a Benito Mussolini,  cfr. post: PIA ZANOLLI MISEFARI . Sulla relazione tra Nicola Siles e Bruno Misèfari si veda Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del Sole editore , 2020, pp. 128-136-137.
   

   Nel 1931, quale conclusione finale di questo accanimento poliziesco, Bruno Misèfari fu condannato,  con l'accusa di essere "un elemento pericoloso" per lo Stato fascista, al  confino nell’isola di Ponza   (cfr. primo brano). ) Pretesto occasionale per la condanna fu il discorso tenuto durante il  funerale di Giuseppe Zagarella presidente della  Società Vetraria Calabrese, in cui l’anarchico calabrese svolgeva il ruolo di direttore tecnico. (cfr. secondo brano). Cito alcuni dei passi del discorso funebre contestati dalla questura di Reggio Calabria. ( cfr. terzo brano )

Brani da commentare: 1) “ Presi in esame  i precedenti penali e politici del nominato … considerato l’atteggiamento antinazionale da lui assunto in questi ultimi tempi in aperto contrasto con le direttive del Governo nazionale Fascista […] ritenuto che il nominato ing. Misefari è da considerarsi elemento pericoloso all’ordine nazionale dello stato ordina l’immediato arresto del Misefari e l’assegnazione al confino di polizia per anni due.” (  decisione della Commissione provinciale per il Confino); 2) “ Il presidente cav. Zagararella muore il 10 aprile, proprio nel periodo più scabroso, nel momento in cui essi ( nota mia: Bruno e Pia) hanno più bisogno del suo appoggio morale. Pur essendo di idee opposte, il cavaliere e Bruno si stimavano. La loro affettuosa amicizia si era ancora più radicata per il grande sentimento umanitario da cui erano ispirati. La morte del caro amico ha profondamente addolorato Bruno. Gli dedica un discorso funebre. …” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…) ; 3)  “ Alcuni giorni fa si è potuta avere la prova più precisa della sua perfetta malafede e del suo irriducibile attaccamento alle teorie anarchiche.  Approfittando delle solenni onoranze funebri , che venivano rese, nel rione Villa San Giovanni, alla salma del Cav. Giuseppe Zagarella, il Misefari  contro la volontà e il parere di molti e senza avvertire i dirigenti della cerimonia si è fatto largo ed ha pronunciato un discorso, nel quale sotto la parvenza di rendere un tributo d’affetto alla memoria dell’estinto, ha usato frasi ed espressioni intonate alle teorie anarchiche, arrivando, persino, a descrivere l’attuale società come “ una landa deserta in cui  larve di uomini, non uomini, armati di veleni e di pugnali, s’inseguono e si accapigliano tra loro, si straziano e si uccidono tra loro. Bolgia infernale di fango e di sangue echeggiante degli urli ferini dei vincitori e dei rantoli dei vinti, dei pianti dei bimbi e dei lamenti delle madri e dei singhiozzi dei vecchi … “ ( Copia trascritta in Archivio  Stato di Latina, Confinati politici Ponza….)

 Bibliografia :  Primo brano in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle, Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936), Città del Sole, 2020 p. 152 . Secondo brano in  Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 241.  Terzo brano in  Giuseppe Tripodi,  L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) , Città del sole,  2020 p. 149-150 , dove si afferma, tra l'altro, che  Giuseppe Zagarella morì il 20 marzo 1931 in contrasto con la data del 10 aprile proposta sia da Pia Zanolli che da Enzo Misefari,  Bruno, biografia di un fratello, Zero in condotta, 1989, p. 119. Sarebbe bene, se possibile,  chiarire questa discordanza nelle date.

  Per l' ipotesi,  avanzata già da allora,  che per la condanna al confino di Misèfari  abbiano contato  anche le subdole manovre, all'interno della Società Vetraria Calabrese, per eliminarlo dalla direzione dell'impresa, cfr. post infra PIA ZANOLLI MISEFARI.   Sull'esemplare comportamento di Bruno Misèfari al confino, prima di essere rinchiuso nel carcere locale di Ponza per "offese al capo del governo e oltraggio a un pubblico ufficiale", esiste la testimonianza diretta  di ALFONSO FAILLA, confinato a Ponza dal 1931 al 1937 salvo alcuni periodi in cui fu detenuto  nel carcere di Napoli "per contravvenzioni agli obblighi del confino"  (tra cui per es. il rifiuto di fare il saluto romano)   .  (cfr.  post ANARCHICI/E AL CONFINO DURANTE IL FASCISMO: ALFONSO FAILLA.....)

Brano da commentare:   “  Lo [ Bruno Misefari] condussero nell’isola ( nota mia: di Ponza) in primavera del 1931. Il suo arrivo ravvivò i legami associativi tra gli anarchici mentre contribuì ad alzare il livello culturale medio dei confinati per il contributo prezioso da lui dato allo sviluppo della biblioteca comunale. In seno al nostro movimento la sua venuta portò nuova febbre di attività. Quasi tutti i giorni Bruno riuniva ora un gruppo, ora un altro, di compagni, suscitando precisazioni teoriche e conclusioni pratiche di impegni per attività future per quando ognuno sarebbe tornato a casa, finito il proprio periodo di confino. Bruno aveva una preparazione teorica dell’anarchismo delle più vaste che univa ad una febbre di azione veramente eccezionale. Riuscì a contrabbandare nell’isola quasi tutte le opere di Bakunin e di Kropotkin in francese, che furono preziose per la formazione culturale-teorica dei compagni confinati. L’attività di Bruno era multiforme. Ingegnere minerario, si interessava di ricerche sul caolino che viene ricavato dalle colline di Santa Maria di Ponza, mentre praticava l’edilizia nella costruzione di case da cui riceveva i mezzi di sussistenza. Bruno aveva spiccate capacità cospirative.  Sapeva nascondere l’intenso lavorio propagandistico ed associativo dietro un’espressione di serenità e di noncuranza che non lo abbandonava neanche nei momenti più difficili.  A Ponza visse uno degli episodi più tormentosi della sua vita di militante usato alle persecuzioni. Fu la sera dell’arresto di Angelo Sbardalotto.  Passeggiava lungo la strada che costeggiando la spiaggia di Sant'Antonio conduce al grottone di Santa Maria che era limite insuperabile per noi confinati. Incontrando un allora giovane compagno siciliano Bruno lo apostofrò senza fermarsi:” Ci dissi ‘u surci a’nuci: dammi tempo ca’ ti perciu” ( disse il topo alla noce: dammi tempo che ti buco” ).  Al che il compagno siciliano rispose con una piccola variante nel suo dialetto quasi identico a quello calabrese di Reggio, regione natale di Bruno. Ma quella sera noi eravamo più spiati del solito e dopo pochi minuti Bruno ripassò in mezzo a due militi fascisti. Un isolano lo aveva individuato mentre pronunciava la frase che quella sera era allusiva al mancato attentato  di Sbardelotto contro Mussolini. L’altro compagno a cui la frase era stata rivolta non era stato riconosciuto nella semi-oscurità. Bruno passandogli accanto riuscì a raccomandargli, in francese, di non autodenunciarsi e di non preoccuparsi d’altro.  La frase contestata gli costò l’arresto e la denuncia al Tribunale Speciale, ma non trovandosi colui a cui era stata rivolta, il reato di apologia dell’attentato , alla fine, cadde. Insidie erano state tese invano dalla Milizia fascista. Un sedicente compagno, in realtà truffaldino e spia, certo Umberto Hirsch Brandes, ebreo fiorentino, allora confinato, venne introdotto nella cella di Bruno che continuava a sorridere serenamente di tutti gli agguati nemici Ma intanto passò circa un anno in carcere a disposizione dei giudici del Tribunale Speciale  . Un anno prezioso  per la sua salute che ricevé  un gran colpo e fece cadere nelle spire di un male mortale colui che aveva superato , sereno e forte, lunghi periodi di persecuzioni e di lotte. Una lastra di marmo nero del Belgio posta dalla sua compagna Pia, lo ricorda ai visitatori di Campo Verano a Roma, non molto lungi dalla tomba di Errico Malatesta. Ma quanti compagni lo conobbero lungo il cammino della lotta per l’ Anarchia non potranno mai dimenticare Bruno Misefari che per loro, oltre che compagno, fu maestro ed animatore con la parola densa di pensiero e con l’esempio.”  ( Alfonso Failla, Ricordando Bruno Misefari in Umanità Nova 13 marzo 1949)           

Bibliografia: in  Insuscettibile di ravvedimento. L’anarchico Alfonso Failla (1906-1986). Scritti e Testimonianze , a cura di Paolo Finzi, La Fiaccola, 1993, pp.85-86 . ( nota mia: in realtà il periodo passato in carcere di Misèfari fu più breve di un anno, ma fu , comunque, sufficiente per essere deleterio per la futura salute di Bruno). L'articolo di Failla lo si trova anche in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 16-19. Cfr. anche Giorgio Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del Ministero dell'Interno. Schedatura e controllo poliziesco nell'Italia del novecento, La Fiaccola, 2002 pp.  36-37.

Il giovane compagno siciliano di cui si parla nel brano è lo stesso Failla.  Personalmente    ritengo importante questa testimonianza, in quanto conferma di come Misefari , ancora nei primi anni trenta, fosse un attivo  antifascista, pur  “sapendo  ” nascondere l’intenso lavorio propagandistico ed associativo”, grazie alle sue  “spiccate capacità cospirative”. E' interessante, in questo contesto, anche l'accenno all' iniziativa di Bruno Misefari di discutere, dividendosi per non destare sospetti, in piccoli gruppi di confinati, sul come mettere in pratica azioni clandestine future quando fossero tornati in libertà.

E’ comunque da notare che questa testimonianza di Alfonso Failla, scritta ben prima della “leggenda aurea”, nata, secondo Giuseppe Tripodi, da “ parenti falsari e da reticenti compagni di fede” intorno a  Bruno Misefari,  non è tenuta  in nessun conto dall’autore di “ L’ invenzione del ribelle”,  in quanto secondo lui  Alfonso Failla non è mai stato confinato a Ponza.   (cfr. brano). 

Brano da commentare:  “ nulla risulta a proposito della biblioteca fantasma che certo non fu fatta con Failla che il suo confino lo fece a Ventotene e non a Ponza…” ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle, Vita tortuosa….)

Bibliografia: Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle, Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936), Città del Sole, 2020 p. 225 infra nota 2, dove cita come prova di questa assenza , l'affermazione di Mario Finzi (?), Alfonso Failla in Wikipedia che Failla fu confinato a Ventotene. Il che è vero, ma anche a Ponza (due volte),  Tremiti (due volte), Ventotene  (due volte) e infine a Renicci d' Anghiari. (cfr. in questo blog il post  ANARCHICI AL CONFINO. ALFONSO FAILLA ..." )

 Nel  maggio 2021  Tripodi  presentando tre affettuose lettere di Vincenzina Vanzetti a Pia Misefari , scritte nel 1971  in occasione dell’ uscita del film “Sacco e Vanzetti” di Giuliano Montaldo, ha parzialmente corretto quanto aveva scritto in L'invenzione del ribelle e attualmente ritiene la presenza  di Failla a Ponza probabile (cfr. brano)

Brano da commentare; “ … Alfonso Failla (Siracusa 1906-Carrara 1986) anarchico impenitente che passò una decina di anni al confino tra Ventotene e, probabilmente, anche a Ponza; a Ponza soggiornò, e vi venne anche carcerato dall’otto giugno al 10 agosto 1932, Bruno Misefari”  ( Giuseppe Tripodi Tre lettere di Vincenzina  Vanzetti a …)

Bibliografia:   Giuseppe Tripodi, Tre lettere di Vincenzina Vanzetti a Pia Zanolli, in Cultura e Società 12 maggio 202 in https://www.calabriapost.net/cultura/tre-lettere-di-vincenzina-vanzetti-a-pia-zanolli

Prescindendo dal risibile " probabilmente", neanche, in questo  contesto, si accenna alla testimonianza di Alfonso Failla sul comportamento tenuto da Misèfari a Ponza, nonostante che essa fosse stata integralmente citata   anche nel libro di Pia Zanolli Misefari. 
Nel giugno 1932 il confinato Bruno Misefari fu arrestato e rinchiuso nel carcere di Ponza.  A denunziarlo fu un abitante di Ponza. (cfr. brano)
 Brano da commentare:  "  Il confino aveva dunque preso una piega non molto svantaggiosa per l’anarchico calabrese fino a quando, l’invidia camminava anche a Ponza, il giorno 8 giugno 1932, egli venne arrestato dalla Milizia fascista. La vicenda sembra tratta dal copione di una commedia ed ha un antefatto [ nota mia: salto, per ragioni spazio, il riferimento di Tripodi ai tentativi non riusciti dell’anarchico Angelo Sbardelotto di  uccidere Mussolini ] [...] Il signor Feola Giuseppe, nell’allegato alla denuncia, riferiva di una frase del confinato  “ i topi a furia di rosicchiare la noce verrà un giorno che la rombano” A dette parole i confinati presenti si sono messi tutti a ridere”. “La lettura integrale del verbale con le versioni dei  Militi lascia intendere quale livello di arbitrio si esercitasse in tali occasioni: anzitutto nessuna offesa a Mussolini ma solamente l’impiego di un proverbio calabrese ( il testo italiano riportato con le varianti dialettali non rende la bellezza dell'originale : Nci dissi lu surici a la nuci: " Dammi tempu chi ti perciu!" ) per interpretare il fatto di cronaca: i ripetuti attentati progettati e messi in atto per eliminare il dittatore sono assimilabili ai morsi del topo alla noce e, prima o poi, come il roditore, avrebbero raggiunto lo scopo. Una analogia che giustamente , aveva sollevato il riso dei confinati uditori ma che mai e poi mai avrebbe dovuto avere le conseguenze che ebbe su Bruno. “ ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle… )

Bibliografia: Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle, Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936), Città del Sole, 2020 p. 163. E' probabile che Giuseppe Feloa, stando, a quanto ho capito, dalla versione di Tripodi ,  sia un geometra di Ponza invidioso dei lavori di Misefari per conto del  comune di  Ponza, Cfr. Enzo Misefari, Bruno , ritratto di un fratello, Zero in condotta, 1989, p. 127. Cfr. anche Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972, p. 259  secondo cui  a fare la denuncia fu un    ragazzo di 17 anni per conto di un geometra locale, di cui non si fa il nome.

Tale versione riportata da Tripodi, purtroppo non integralmente,  mi sembra che sia in palese contrasto con la testimonianza di Failla, citata sopra, secondo cui "il giovane compagno siciliano", non identificato a causa del buio né dal denunziatore  né dai militi,  fu l’unico, a cui Misefari recitò il proverbio calabrese. E fu proprio questo insieme di  circostanze a impedire che contro Misefari fosse mossa l’accusa  di apologia dell' attentato del capo del governo.  A questo punto mi sembra bene ricordare l’art. 1 e l’art. 3 della Legge (fascistissima) del 25 novembre 1926 n. 2008.  ( cfr . articoli da commentare)

Articoli da commentare : Art. 1. Chiunque commette un fatto diretto contro la vita, l’integrità o la libertà personale del Re o del Reggente è punito con la morte. La stessa pena si applica, se il fatto sia diretto contro la vita, l'integrità o la libertà personale della Regina, del Principe ereditario o del Capo del Governo. […] Art. 3 : Chiunque, pubblicamente o a mezzo della stampa, istiga a commettere alcuno dei delitti preveduti nei precedenti articoli o ne fa apologia, è punito, pel solo fatto della istigazione o della apologia, con la reclusione da cinque a quindici anni.

Bibliografia:   Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 281, 6, 12, 1926 in file:///C:/Users/maxfe/Downloads/19261206_281-1.pdf

  Con  la mancanza del requisito della pubblicità per potere sostenere l'imputazione contro Misèfari prevista  dall'art. 3 della Legge del 1926,  subentrò  contro di lui, l'accusa più generica di offesa all'onore e al prestigio del Capo del Governo ( art. 282 Codice Penale  Regio Decreto 19 ottobre 1930 n. 1938, per cui era prevista la reclusione da uno a cinque anni). Si noti come quello che secondo la testimonianza di Failla è stato uno degli "episodi più tormentosi della vita militante" di Misefari è diventato nella ridanciana  interpretazione data da Tripodi "una vicenda che sembra  tratta da un copione di commedia".  In contrasto con la leggerezza con cui Tripodi tratta questa vicenda vorrei far notare che, durante la dittatura fascista, la figura del Duce, quale personificazione del  Regime, aveva raggiunto un tale livello di inviolabilità che chi attentava , non solo alla sua vita, ma anche alla sua immagine, subiva "punizioni esemplari", che, se ho capito bene, "andando oltre la punizione stabilita dalla legge per un determinato comportamento, assegnavano al colpevole una condanna più pesante per ragioni di ordine pubblico e sociale". Pertanto ritengo personalmente che se  l'ilarità generale,  suscitata da quell' " analogia", fosse  realmente avvenuta in presenza dei militi essa non sarebbe passata senza conseguenze  disciplinari , o addirittura giudiziarie, per tutti i confinati presenti.  Anche per Bruno Misèfari le conseguenze se la insidiosa versione dei militi fosse stata confermata, sarebbero state ben più gravi di quelle allora subite. A tale  denuncia se ne aggiunse , poi, un'altra,  di "oltraggio a un milite " ( art. 341 Codice Penale  R. D. 19 ottobre 1930 n. 1398, punito con la reclusione da sei mesi ai due anni). (cfr. brani da commentare)

Brani da commentare: 1)“ Un giorno il 7 luglio 32 [nota mia: si tratta di un errore certamente involontario. A quella data Bruno Misèfari era già in carcere da un mese] uno dei militi si smise  a strillare contro di lui, che passeggiava sul molo, non si sa perché. Egli reagì con qualche parola grossa. Fu arrestato. Non aveva capito subito che si trattava di una premeditata provocazione.  Si trattava di un "nuovo complotto" per liberarsi della sua presenza nell'isola, divenuta insopportabile per un geometra del luogo, che si era visto sostituito nell'incarico di una progettazione del Comune a Bruno con promessa di pagamento non mantenuta. Fu denunziato e passato al carcere locale, un vecchio logoro casamento dove la calca affannava i detenuti. L'imputazione era grave: "offese al capo del governo e oltraggio a un pubblico ufficiale". ( Enzo Misefari, Bruno Biografia di un fratello….);  2) "  Mia carissima Pia, sono accusato, come ti ho scritto, di offese al Capo del Governo e di oltraggio a un milite ( Carceri di Ponza, 25 giugno 1932) [...]  "Pia mia il Ministero non ha trovato gli estremi per procedere contro di me per offese al Capo del Governo e già sarei libero se non dovessi rispondere di altro preteso reato, e cioè di oltraggio a un milite... " ( Carceri di Ponza, 10 agosto 1932)" ( Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria...)

Bibliografia; Primo brano in Enzo Misefari, Bruno , ritratto di un fratello, Zero in condotta, 1989, pp. 126-127 e secondo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 255 e  258. Sul reato di offese all'onore e al prestigio del Capo del Governo,  cfr. Alberto Vacca, Duce truce. Insulti, barzellette, caricature: l’opposizione popolare al fascismo nei rapporti segreti dei prefetti (1930-1945), prefazione di Vito Tartamella, Roma, Castelvecchi, 2012, 315  pp. 6-7 e p. 13

  Sul periodo carcerario di Bruno Misefari, . durante il confino a Ponza, dal giugno all'agosto del 1932, mi limito a citare, per  ragioni di spazio,  solo alcuni brevi  frammenti di brani tratti dal libro di Pia Zanolli, che possano, quantomeno,  dare  una pallida idea dell' iter carcerario di Misefari, solitamente sottovalutato. (cfr. brani)

Brevi brani da commentare: “ Il 12 giugno hanno rinchiuso Bruno tra alte, umide mura delle ruine della vecchia fortezza dell’isola di Ponza. E’ un’altra volta vittima di un’altra infamia. Gelosia di mestiere.! E’ uno dei più brutti periodi della sua vita. Confinato e -per giunta- in carcere.” [ nota mia: credo siano delle personali considerazioni di Pia Zanolli]; -//- “ Mia Cara Pia , quando si è sul pendio non c’è salvezza: bisogna rotolare fino in fondo al burrone. Ed io è da tre anni che ròtolo. Una disgrazia tira l’altra…” ( Carceri di Ponza , 18 giugno 1932) ; - -//- “Mia amatissima, ieri, finalmente , si è discussa la famosa causa contro Sottilaro e Giunta (don Bona) imputato di calunnie ai miei danni ( nota mia: intanto Sottilaro era morto in carcere). Come ti avevo scritto da Napoli – io quale parte lesa con obbligo – dovevo essere presente al Tribunale […] Ora sono in attesa di essere ritradotto a Ponza. […] Ho rivisto i miei, per un attimo, nell'aula del Tribunale, poiché io, parte lesa, ero e dovevo essere ammanettato, mentre l'imputato era libero! Come si è ridotta la mamma, la povera mamma mia! Ho l'animo straziato per lei, vittima inconsapevole. Usque tandem? Ah! Pia, se tu sapessi come e quanto io soffra!,Ti amo, Bruno.” (Reggio Calabria, 29 giugno 1932, Carceri Nuove) -//-   “Mia amatissima Pia, eccomi di ritorno a Ponza, dopo un periodo di traduzione di 20 giorni! Ed eccomi di nuovo in carcere …”( Carceri di Ponza , 16 luglio 1932) -//-  “  Eccomi, Pia, scarcerato dopo circa due mesi e mezzo di emozioni! A voce ti dirò della vicenda del processo! Per ora ti basti la gioia di sapermi fuori da un altro guaio…” ( Ponza, 17 agosto 1932) -//- " Pia, eccomi dunque liberato dal confino. Dopo il telegramma, inviatomi da Ponza che mi annunziava di essere prosciolto, è giunta ieri alla Questura di Reggio la comunicazione ufficiale del Ministero dell'Interno. Sono quindi da ieri sera in istato di "libertà" Speriamo che esso duri un pò... Mi chiuderei in un eremo a studiare e a scrivere. Specialmente a scrivere. Il tempo passa ed io muoio  e non vorrei morire senza fare qualcosa" ( Reggio, 13 novembre, 1932); " Amnistiato, sì, però a quale prezzo: la salute sconquassata, senza un soldo, senza prospettive per il suo avvenire..." (Reggio, 30 gennaio 1933). (in Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di ....) .

  Bibliografia, Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria  pp.  254, 256, 257.  259, 260, 261

Un’ ulteriore testimonianza della persistenza  degli ideali anarco-rivoluzionari di Bruno, durante il confino a Ponza, proviene da Umberto Tommasini, che stava scontando nell’isola, l’ultimo dei cinque anni di confino assegnateli nel 1926  (cfr. post : UMBERTO TOMMASINI IN: 2) ANARCHICI/E VOLONTARI/E …. …).  Nella sua autobiografia Tommasini accenna, infatti,  alle ferventi discussioni tra Misèfari e il capo della massoneria di Palazzo Giustiniani, Domizio Torrigiani, anche lui confinato politico in quanto antifascista. (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare:  “ Un nostro compagno, Misefari – ingegnere anche lui – discuteva con lui ( nota mia:  Domizio Torrigiani) e parlava dei problemi sociali e diceva “Soltanto con la rivoluzione si possono cambiare le cose…” “ E fatela, allora. Cosa aspettate? Fatela”. Misefari era un compagno molto preparato. …” ( Umberto Tommasini, Il fabbro anarchico… )

Bibliografia: Umberto Tommasini, Il fabbro anarchico. Autobiografia fra Trieste e Barcellona, Odradek , 2011, pp. 119-120. Cfr.  Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 252, in cui  Pia, oltre a menzionare le elevate conversazioni tra il massone e l'anarchico " discutendo, volano per diverse ore  verso le alte sfere", ricorda  che solo a Bruno e a lei era consentito di frequentare , a Ponza, la casa di Torrigiani, .  Su Domizio Torrigiani al confino cfr. anche  Nino Malara, Antifascismo  anarchico 1919-1945 ,  Sapere 2000 pp. 128-129, che racconta, tra l'altro, del suicidio della  guardia, che  aveva l'incarico di spiare Torregiani ,  per essere stato licenziato in tronco per avere  aiutato il vecchio massone,  quasi cieco, durante una giornata di pioggia.

   Per quanto riguarda, poi,  i lavori commissionati,   in quanto ingegnere, a  Misèfari   dal Comune di Ponza,   svolse un certo ruolo positivo  la raccomandazione di alcuni autorevoli fascisti calabresi in servizio nell’isola.  E’ la stessa Pia Zanolli a non farne mistero (cfr. brano)

Brano da commentare “ Il Console della Milizia, Pompilio De Vecchis ed il segretario dei fasci e medico condotto dott. Giuseppe  Abruzzese, calabresi, aiutano il confinato facendogli ottenere dal comune di Ponza  l’incarico di dirigere il progetto della scuola elementare, la sistemazione della pavimentazione delle strade più praticate e la completa verifica della rete elettrica” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria …)

Bibliografia, Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria  p. 252

Bisogna però anche  dire che l’ atteggiamento amichevole di questi due autorevoli fascisti verso  Misèfari  non evitò, durante il confino e  prima e dopo il carcere, il sorgere di forti attriti  tra l’anarchico e la milizia fascista locale.  Fu lo stesso direttore della Colonia   nell'agosto del 1932, in una lettera al Ministero, a dichiararsi favorevole, per motivi di ordine pubblico, a una dimissione anticipata dal confino di Bruno Miséfari.  (cfr. brano)

Brano da commentare: “ … indipendentemente dalla richiesta ( nota mia: il 21 agosto 1932 Misèfari aveva chiesto l'autorizzazione di lasciare momentaneamente il confino per dedicarsi alla propria attività professionale a Davoli) la cosa si impone perché in seguito al suo recente arresto e all’assoluzione si è creato uno stato di assoluta incompatibilità del detto confinato ( nota mia: Misèfari)  verso la milizia incaricata della vigilanza con prevenzione reciproca per la tranquillità di questa colonia” ( Lettera del direttore della Colonia al Ministero dell’Interno ) (Archivio di Stato di Latina, Confinati politici,  Ponza, Busta 109/9)

Bibliografia: Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936), cosiddetto anarchico di Calabria, Città del Sole 2020  p. 165 e anche p. 166 ove si accenna alle (relativamente) frequenti licenze concesse, dopo il carcere,  dalla direzione a Misèfari, tra il 3 settembre e il 12 novembre 1932. Personalmente penso, ma è solo una mia supposizione, che  esse, possano, almeno in parte,  essere collegate a quello " stato di assoluta incompatibilità " tra Misèfari e i militi, su cui mi piacerebbe poterne sapere di più.

Dopo il confino e il carcere  Misefari continuò ad  essere  ritenuto "pericoloso" e sottoposto a un strettissima e quotidiana  sorveglianza poliziesca   (primo, secondo e terzo brano). Dopo breve tempo   apparvero, in Misefari, i primi sintomi di un tumore al cervello che, gli procurarono, tra l’ altro, atroci mal di testa , che lo affliggeranno sino alla sua morte,  avvenuta nel 1936 (quarto brano).

Brani da commentare:  1) "In data 7 dicembre 1932 il Comando  Generale della M.V.S.N. ( Milizia Volontaria  Sicurezza Nazionale) fu avvertito del rientro a Reggio Calabria del "pericoloso anarchico". Il rientro era avvenuto effettivamente il 12 novembre 1932." (ACSR n. 9987/F.G./UPI in data 14 dicembre 1932); ; 2) “ Il 13 novembre 1932 [ Bruno Misefari] scriveva: “Sono quindi, da ieri sera, in stato di libertà. Speriamo che essa duri un po’ “  Sì,  è durata un po’: i suoi ultimi tre anni. Durante tutta la sua vita è stato abbastanza rinchiuso fra quattro mura. Sempre innocente. La sua fedina penale non è macchiata!  Però dal novembre 1932, fine del suo confino, fu trattato, ovunque, come per tutta la sua vita, da sorvegliato speciale. A Davoli è sorvegliato  dalla guardia municipale e dal podestà. In altri paesi, dai militi, dai carabinieri e dai questurini. Questa è libertà “fittizia”. ( Pia Zanolli Misefari,  L’anarchico di Calabria,  );  3) “ Gli anni perduti a causa delle persecuzioni selvagge che dovette subire, specie dal 1928 al 1932, furono deleteri per il lavoro di Bruno. Gli stessi vecchi amici finsero di non accorgersene: la paura di compromettersi tenne lontano da lui anche quelli che lo avrebbero aiutato volentieri. Rientrato dal confino, egli vide il vuoto attorno a sé, un vuoto torriceliano. […] A quarant’anni già si sente perduto. La salute è minata. Avverte un male oscuro.  ( Enzo Misèfari, Bruno biografia di un fratello); 4) "Nel novembre 1933 ritorna in Calabria, dopo uno dei suoi affannosi viaggi, con un mal di testa atroce, convulsioni inspiegabili, disturbi viscerali inconsueti. Un giorno mentre Bruno si dibatte contorcendosi e sbarrando gli occhi è presente il medico di famiglia dott.  Antonio Sergi. Scandisce “ Tumore al cervello”. Lo dice solo a Pia. Ella pensa con sgomento: “ Non può essere diversamente, troppi logorii. E poi la mazzata a Ponza …” ( Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria...)

   Bibliografia: Primo brano in in Enzo Misefari, Bruno biografia di un fratello,  Zero in condotta p.  128  Secondo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 274-275.Terzo brano in Enzo Misefari, Bruno biografia di un fratello,  Zero in condotta p. 129   Quarto brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 264

  Sulla   partecipazione ad  un’attività clandestina antifascista di Bruno Misefari, durante la dittatura fascista, prima   e dopo l’esperienza del confino,  non si sa, per quanto mi risulta, nulla di certo a causa della scarsezza e della contraddittorietà delle fonti, sinora, pervenute. Sussistono solo degli indizi da approfondire. Enzo  Misefari, accennando a incontri clandestini antifascisti a cui partecipò il fratello Bruno , citava  una  riunione clandestina notturna, nel 1934, a Palmi con l'inviato del Partito Comunista d'Italia,  Gian Carlo Pajetta.  (primo brano).   Giuseppe  Tripodi  ritiene la riunione notturna palmese alla presenza  di Pajetta un falso inventato da Enzo Misefari. (secondo brano)     A  smentire sia il 1934 come data del convegno clandestino di Palmi e sia la presunta falsità della notizia di un Pajetta presente in Calabria, è stato indirettamente   Gian Carlo Pajetta stesso che, nella sua autobiografia, Il ragazzo rosso,  riferiva della sua presenza  a Palmi avvenuta subito dopo la fine (21 aprile 1931) del  IV Congresso  del PCdI  tenuto a Colonia , quando su incarico del partito, intraprese un  viaggio clandestino per diffondere i risultati e le direttive del congresso nell' Italia centro-meridionale. (terzo brano). Antonio Piromallo ( citato da Giuseppe Tripodi) in un suo libro sulla letteratura calabrese ( nota mia: che io non ho letto) affermava che nella riunione palmese Bruno Misefari era insieme al poeta antifascista calabrese, Pasquale Creazzo. (cfr. quarto brano)

Brani da commentare:  1) Nel medesimo tempo Bruno seppure con larghe interruzioni, è aiutato dai fratelli, specie dall’uscita del carcere e nel 1934 operava nella clandestinità. Ricordiamo una per tutte la riunione notturna nella zona di Palmi di tutto un gruppo di antifascisti alla presenza del “corriere del P.C.d'.I, Gian Carlo Pajetta, presenti pure alcuni compagni che avevano scontato fino al '32 la pena inflitta a loro dal Tribunale Speciale ." ( Enzo Misefari, Bruno, ritratto di un fratello…) ;  2) " Le righe ( nota mia:  Giuseppe Tripodi  si riferisce al brano citato qui sopra) contengono un doppio falso: Gian Carlo Pajetta non scese mai, durante la sua clandestinità, al di sotto della “linea gotica” e nelle sue memorie relative agli anni 1932-1933 menziona soltanto Venezia, Verona, Modena, Reggio Emilia come città visitate prima dell’arresto, essendo lo stesso avvenuto nel febbraio 1933, non poteva darsi quanto riferito da Enzo sull’incontro palmese del 1934”( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle …); 3) [Nota mia: il seguente brano è tratto dalle memorie di Gian Carlo Pajetta) : Era arrivata  la primavera  del’31. […] Infine fu deciso anche quel mio viaggio in Italia che avevo aspettato con impazienza .[...]  Si trattava di arrivare a tempo giacché le prospettive del IV Congresso richiedevano a tutti di affrettarsi: bisognava portare il IV Congresso nel paese. [...] i compagni in Italia dovevano venir bene orientati perché non cadessero  nell'opportunismo di destra o nel settarismo di sinistra. [...] Ricordo le prime tappe di quello che avrebbe dovuto essere il primo itinerario. Avrei dovuto passare per Roma e per i Castelli romani che avevano allora un'organizzazione autonoma. Quindi proseguire per Napoli, passare in Calabria dove avevamo un punto molto vago di riferimento a Palmi, e infine vedere cosa ci fosse ancora a Messina. [...] Di Palmi di Calabria non sapevo niente, ma avevo letto il nome sull’ “Unità” per il fatto che c’era stato un processo importante prima delle leggi eccezionali. Avevamo un recapito e pareva che dell’organizzazione dovesse essere rimasto qualcosa. […] I miei gesti si ripetevano. Il contatto con il recapito, la consegna del materiale e poi una riunione  fra gli olivi, non lontano dalla città. [….] La cordialità fraterna e la fierezza dei calabresi mi parevano bene auguranti, ma un giovane torinese ci trovava qualcosa di esotico. […] Credo che non riuscii a entrare nelle cose e a capire i compagni; ...” ( Gian Carlo Pajetta, Il ragazzo rosso,….) ; 4) “Alla leggenda  dell’incontro con Pajetta crede anche Antonio Piromallo ( Letteratura calabrese, vol II, Cosenza, 1965, p. 125) che ne anticipa la data e trova a Bruno anche un compagno per quell’incontro, il poeta dialettale Pasquale Creazzo (1875-1963): “ A Palmi che era il centro direttivo del movimento, tra il 1930 e il 1932, assieme all’anarchico Bruno Misefari, incontrò Giancarlo Pajetta.” ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle…)

Bibliografia: Primo brano in Enzo Misefari, Bruno biografia di un fratello, Zero in condotta,  1989 p. 132. Secondo brano di Giuseppe Tripodi,  L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936)  cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del  Sole, 2020, p. 212. Terzo brano in Gian Carlo Pajetta, Il ragazzo rosso, Mondadori, 1983, pp. 114, 115, 123, 124. Quarto brano in Giuseppe Tripodi,  L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936)  cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del  Sole, 2020, p.212 nota n. 4

Devo ammettere che in base a queste fonti, tra loro contrastanti, la presenza di Misefari alla riunione resta, tuttora,   non provata. A metà aprile del  1931 Bruno Misèfari era, per quanto ne so,  detenuto nel carcere di Reggio Calabria in attesa di essere inviato al confino di Ponza. Comunque per quanto mi riguarda, prescindendo dalla riunione palmese, i cui obiettivi, d'altronde, non si spingevano oltre i problemi organizzativi di quel che restava del partito comunista locale e dei paesi vicini, mi piacerebbe  sapere di più sui rapporti esistenti , se ve ne furono,  durante la dittatura fascista, tra Bruno Misefari e il comunista e libertario Pasquale  Creazzo, accanitamente perseguitato dalle forze dell’ordine prima e durante il fascismo.  
Intorno alla primavera del 1933 Bruno Misefari pose le basi per la costituzione  di “una Società per lo sfruttamento delle silici italiane”  a Davoli insieme al commendatore  Chiaravalloti ( talvolta il conome presenta delle varianti, tra cui Chiaravallotti o Chiarevelotti e il nome: Beniamino o Guido) .  ( cfr .brano)

Brano da commentare: “ Catanzaro, 8 aprile1933, Mia cara Pia,[…] Ho ricevuto invito da Roma ad andare colà per stabilire le modalità dell’accordo per una società fra me e il commendatore Bellarmino Chiaravalloti, ( Questore di Casa Reale, proprietario di un fondo adiacente alle nostre cave di Davoli,) per lo sfruttamento del quarzo. Tu comprendi quale importanza abbia per la nostra industria un rapporto di società. E’ la fine delle lotte sociali e delle losche manovre dei signori di Reggio.  ed è perciò la sicurezza per Nino Spinner, (nota mia: svizzero, amico della famiglia Zanolli che, convinto da Pia e con la garanzia che fosse lei l'erede universale di Bruno, sovvenzionò per primo gli inizi dei lavori minerari di Davoli). se realmente continuerà a finanziare l'affare" (Pia Zanolli Misefari, L’Anarchico di Calabria…)

Bibliografia:  Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 264. Sulla controversia giuridica , tra il 1934 e il 1935, tra Spinner e Misefari , cfr.   il post PIA ZANOLLI MISEFARI)

L’interesse che spingeva  il comm. Chiaravalloti, a diventare socio di Bruno Misefari, era, come rileva Giuseppe Tripodi, essenzialmente motivato da interessi di natura puramente economica e col fine  di un profitto personale.  (cfr. brano)

Brano da commentare: “Bruno aveva, con tutta evidenza, deciso di legare le sorti della sua attività industriale a questo gruppo per meglio superare gli ostacoli frapposti dai suoi concorrenti e avversari.  . Chiaravalloti, da parte sua, ha interesse allo sfruttamento delle sue proprietà e sogna di ricavare grandi profitti dallo sviluppo che l’attività del Misefari imprimerebbe a terreni montani che, altrimenti, sarebbero rimasti poco o nulla produttivi.” ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle….)

Bibliografia:Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle . vita tortuosa di Bruno Misefari 1892-1936 cosiddetto anarchico di Calabria,  Città del sole, 2020 p. 174

Si deve inoltre notare che proprio in questo periodo, grazie al lavoro nelle cave di Davoli, Bruno Misefari stava conseguendo importanti successi scientifici, che ottennero, poi, un riconoscimento ufficiale durante  la  2° Mostra  Nazionale degli  Strumenti Ottici a Firenze (20 maggio-20 giugno 1934) (cfr. brano) 

Brano da commentare: “ ... Presso l’Istituto Sperimentale del Boro-Silicio, alla presenza del suo presidente, il principe Pietro Ginori Conti, di S.E.  il senatore Guglielmo Marconi, di Bruno e di altri membri del Consiglio Nazionale delle ricerche e dell’Istituto Italiano d’Ottica, si è proceduto  alla prova pratica della fusione del quarzo di Davoli per ottenere il vetro d’ottica. I risultati sono stati brillanti. Bruno è orgoglioso di questo successo, di questa sua conquista. Dopo le lotte inaudite, è riuscito a dar vita a quest’industria che minacciava di non realizzarsi. ...” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria …)

Bibliografia:  Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 266 e cfr. anche Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle . vita tortuosa di Bruno Misefari 1892-1936 cosiddetto anarchico di Calabria,  Città del sole, 2020 p. 177 e a pp. 178-179 dove sono citate  i calunniosi interventi  di concorrenti sleali, come  per esempio,   Paolo Corigliano, atti ad appropriarsi  indebitamente di quei successi. (cfr. post: PIA ZANOLLI MISEFARI
 Intanto il  4 marzo 1934, lo stesso giorno in cui Bruno Misefari segnalava  al Ministero dell’ Interno di subire a Davoli un’assillante persecuzione da parte del comando locale dei carabinieri (cfr . infra il post : PIA ZANOLLI MISEFARI)  egli  fu accompagnato da Chiaravalloti, davanti al vice questore Guido Leto, per  dichiarare di avere interrotto ogni attività politica dal 1923 (nota mia: cosa che sappiamo , e anche la polizia sapeva , non vera)   .  Questa  dichiarazione di  Misefari di "non esplicare più attività politica",  era già stata resa nota da Enzo Misefari nella sua biografia sul fratello Bruno , pubblicata nel 1989,  ben prima quindi di essere stata "scoperta"  da Giuseppe Tripodi (cfr. brano)

Brano da commentare : “ Roma 4 marzo 1934. Anno XII-  Il Sig. Miséfari Bruno recatosi stamane negli uffici del Ministero davanti a me (nota mia: Guido Leto) viene a dichiarare che fin dal 1923 non esplica più attività politica  e ciò oltreché per ragioni attinenti alla sua professione, anche perché quale militante nelle vecchie file del sindacalismo ha sentito di stare in benevola attesa dello sviluppo del programma sindacalista e  corporativo progettato dal governo per la cui realizzazione vuole anche egli contribuire con la sua ininterrotta opera di valorizzazione del sottosuolo nazionale e, particolarmente, calabrese. Gli ho dato atto di questa dichiarazione che sarà allegata al suo fascicolo personale.”  (Enzo Misèfari, Bruno  biografia di un fratello… )

Bibliografia: Enzo Misèfari , Bruno, biografia di un fratello, Zero in condotta, 1989, pp. 131-132. Si veda anche Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle . vita tortuosa di Bruno Misefari 1892-1936 cosiddetto anarchico di Calabria,  Città del sole, 2020 p. 272 e p. 331 Tavola 9, dove  è riprodotta la fotocopia del verbale in questione. Su Guido Leto  e  sul   proseguimento, a differenza di quanto si legge nella seconda di copertina (spero si dica così) nel libro di Tripodi,  dopo la caduta del fascismo, , della  sua carriera di dirigente di Pubblica Sicurezza e , dopo la pensione, di   stimato consulente, nei governi di destra,  in tema di ordine pubblico. cfr. Mimmo Franzinelli,   Il fascismo è finito il 25 aprile, Editori Laterza pp. 56-57 .

VERBALE DELL' "ABIURA" e di lato a sinistra NOTA AGGIUNTIVA DI GUIDO LETO

 Tripodi scorge in questa dichiarazione un' abiura  di Bruno Misefari  delle proprie idee anarco-sindacaliste. ( cfr. brani da commentare)

Brani da commentare: 1)  “L’autore di questa nota, [nota mia: Giuseppe Tripodi] sfogliando il fascicolo del Casellario Politico Centrale relativo a Bruno Misefari e conservato all’Archivio centrale dello Stato in Roma, si è imbattuto in un documento che, pur da contestualizzare, ha inferto un duro colpo all’immagine lungamente venerata dell’Anarchico di Calabria. Dunque Bruno  Misefari, antimilitarista durante la grande guerra, esponente di primo piano dell'anarchismo italiano e mondiale ( amico di Errico Malatesta, Angelica Balabanof, Francesco Saverio Merlino, Matilde Serao, Francesco Misiano, perseguitato dal regime fascista, incarcerato più volte e confinato per più di un anno a Ponza [nota mia: si noti l'inconsueto (da parte sua)  bell'elogio di Giuseppe Tripodi ai trascorsi rivoluzionari di Bruno Misefari] stava portando avanti con finanziamenti di suoi amici svizzeri, lo sfruttamento di una miniera di quarzo nel comune di Davoli (CZ); in paese però fascisti e forze dell'ordine mettevano il bastone in mezzo alle ruote e c'era il pericolo attuale che l'impresa che occupava quasi cento operai, fosse costretta alla chiusura. Evidentemente per evitare la catastrofe l'antifascista di lungo corso, in data 4 marzo 1934 e, accompagnato dall'ispettore Guido  Comm.  Charavalloti  si presentò al cospetto del Vice Questore Guido Leto, futuro potente capo dell'OVRA e fece mettere a verbale [nota mia: il verbale è qui riprodotto per intero...]  ( GiuseppeTripodi, IL DOCUMENTO. Quando Bruno Misefari….) ;  2)“ Si trattava di una piccola abiura ( o grande a seconda dei punti di vista, perché una volta immerso nell’acqua del regime, poco importava  che uno fosse rimasto appena sotto  la superficie o a un chilometro di profondità) condita con la captatio benevolentiae" del vecchio militante anarchico che dal 1923 è rimasto " in benevola attesa dello sviluppo del programma sindacalista e corporativo progettato dal governo" cui egli vuole contribuire " con la sua ininterrotta opera di valutatore delle ricchezze del sottosuolo nazionale e calabrese."  (Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle...;  

Bibliografia:  Primo brano in Giuseppe Tripodi,  IL DOCUMENTO. Quando Bruno Misefari abiurò promettendo una mano al fascismo in http://www.zoomsud.it/index.php/tutte-le-categorie/88400-storia-quando-bruno-misefari-abiuro-promettendo-una-mano-al-fascismoSecondo brano dello stesso autore , L’invenzione del ribelle . vita tortuosa di Bruno Misefari 1892-1936 cosiddetto anarchico di Calabria,  Città del sole, 2020 p. 175

 Sull' "abiura" di Misefari, io avrei, per quel poco che si deduce dal verbale, qualche riserva. Per esempio , mi sembra che sia alquanto sospetto nel verbale  il ritenere  possibile una interazione tra lo  “ sviluppo del  programma  sindacalista e corporativo progettato dal governo”  e  “ l' opera di valorizzatore delle ricchezze del sottosuolo nazionale e , particolarmente , calabrese" di Bruno Misèfari.  Con l’ espressione  “ sviluppo del programma sindacalista e corporativo di governo” , evocata nel verbale, mi sembra,  debba intendersi la graduale creazione  di uno Stato corporativo in cui  sindacato e corporazione dovevano, per legge,  evolvere in una istituzione statale avente il fine di anteporre all’interesse individuale o di classe quello nazionale. (cfr. brano)

Brano da commentare: " Le diverse tappe della regolamentazione delle corporazioni durante il ventennio fascista confermano l'evoluzione del C. ( nota mia: corporativismo) fascista in senso dirigista e totalitario. Per la legge del 3 aprile 1926 la corporazione è un semplice organo di collegamento fra i sindacati dei datori di lavoro e quelli dei lavoratori. Con la legge del 5 febbraio 1934 le corporazioni diventano un'emanazione dello Stato...." ( Ludovico Incisa, Corporativismo ...)   

Bibliografia: Ludovico Incisa,  Corporativismo in Dizionario di Politica diretto da Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino, TEA 990 p. 239  
 
  L’ espressione  “valorizzatore delle ricchezze del sottosuolo” era, invece, solitamente  usata da Bruno Misefari come premessa o chiusa nelle sue istanze alle  autorità amministrative o giudiziarie senza alcun riferimento a programmi corporativi e sindacali . (cfr. brani )

Brani da commentare:  1) “ Ingegnere Industriale e Direttore tecnico della Soc. Vetraria Calabrese di Reggio Calabria sto dedicando da parecchi anni la mia attività professionale alla valorizzazione delle risorse minerarie della Calabria …” ( Lettera di Bruno Misefari a Benito Mussolini del 13 giugno 1929) ; 2)  “ Sono perciò convinto che codesta On. Commissione, tenendo conto dei motivi suesposti […] vorrà rendermi piena giustizia, restituendomi al mio annoso lavoro di valorizzatore delle ricchezze del nostro sottosuolo …   (Copia trascritta delle note difensive. Archivio  Stato di Latina, Confinati politici, Ponza , busta 109, fasc. 9); 3)  Certo è da comprendersi la delicata condizione in cui viene a trovarsi un giovane Comandante la  Stazione dei RR:CC: in un nuovo piccolo “borgo selvaggio” […] ma tale comprensione però non deve perpetuare uno stato di cose negative  ad un cittadino che ha un solo scopo, quello di valorizzare la ricchezze del sottosuolo calabrese …” ( Lettera di Bruno Misefari al Ministro dell’Interno, 4 marzo 1934 (CPC); 4) Da allora in poi ( nota mia: dalla dichiarazione di Bruno Misefari davanti a Guido  Leto) e fino a gennaio 1936  quando il procedere della malattia impedirà ogni attività di Bruno, lo slogan del “ valorizzatore delle ricchezze” comparirà o sarà sottinteso in ogni documento di parte o amministrativo diventando una sorta di alone positivo...” ( Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle …. )

Bibliografia: Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936), cosiddetto anarchico di Calabria, Città del Sole 2020, p. 267 (primo brano);  p. 151 (secondo brano);  pp. 270-271 (terzo brano) e p. 175 (quarto brano)

A mio parere, trattandosi di due piani di lavoro sostanzialmente differenti e senza interferenze tra loro , mi sembra, che si possa  escludere, contrariamente a quanto si sostiene nel verbale,  un fattibile, anche volendolo,  contributo professionale di  Bruno  Misefari  alla realizzazione  del  programma sindacalista e corporativo del governo, che stava, tra l'altro,  come si è visto, assumendo un' impronta sempre più autoritaria e verticistica.( cfr. L. 163 del 5 febbraio 1934: Istituzione delle Corporazioni). Questa sospetta “captatio benevolentiae” verso il  governo attribuita,  alla fine del verbale, a  Bruno Misèfari, mi sembra evidenziare, piuttosto, una forzatura poliziesca del verbale, orchestrata dal vice  Questore, Guido Leto, che trasformava una mera dichiarazione di inattività politica in un'abiura di Misèfari delle proprie idee e nella promessa di un suo  contributo allo sviluppo del corporativismo. Di una personale ingerenza dello "sbirro" Guido Leto nella stesura del verbale, in qualunque modo essa si sia manifestata,  mi sembra, se ho capito bene,  essere  convinto anche Giuseppe Tripodi. (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare:" ... Un’abiura  verso il proprio passato condita anche, lo sbirro dovette essere buon consigliere, con quella preponderante e calcolata captatio benevolentiae verso il Governo, rectius derso [nota mia: credo che la parola esatta sia "verso"] il suo Capo.” ( Giuseppe Tripodi, Il Documento. ...)

Bibliografia:   Giuseppe Tripodi,  IL DOCUMENTO. Quando Bruno Misefari abiurò promettendo una mano al fascismo in http://www.zoomsud.it/index.php/tutte-le-categorie/88400-storia-quando-bruno-misefari-abiuro-promettendo-una-mano-al-fascismo 

Ritengo che non sia, poi,  da sottovalutare    l' opposizione " per ragioni di principio" di Bruno Misefari al corporativismo   fascista che si manifestò chiaramente, secondo quanto affermava Enzo Misèfari nella  sua biografia del fratello,   con il loro sdegnoso  rifiuto  quando  fu offerto ad entrambi di entrare a far parte del Consiglio delle Corporazioni come delegati dei lavoratori .  (vedi sopra).   Infine la rivendicazione di Bruno Misèfari, durante la sua dichiarazione davanti a Guido Leto,  della propria passata militanza anarco-sindacalista,  fondata sull’ azione diretta e sulla lotta di classe, ponendola a confronto del sindacalismo fascista , totalmente  subordinato agli interessi del Capitale e dello Stato,  rendeva, a mio parere, alquanto irrisoria l’espressione “in benevola attesa” . Come supporto di questa mia interpretazione mi avvalgo della descrizione di Alfonso Failla  del carattere di Bruno e di come fosse tipico di lui di reagire in situazioni difficili con una, più o meno nascosta,  ironia (cfr. vedi sopra).   Le reali motivazioni di questa dichiarazione ( mi riferisco a quella di non esplicare più attività politica) eseguita da  Bruno Misèfari   per evitare, tra l'altro,  la chiusura dell'impresa, non dovettero sfuggire  a un esperto di investigazione antisovversiva come Guido Leto, il quale aggiunse verticalmente a fianco del verbale un’annotazione che alludeva, senza menzionarle,  a sospette manovre in atto. (cfr. brano)

Brano da commentare : “ L’Ing. Misèfari era accompagnato dall’ Ispettore Gen. Comm. Chiaravelloti che lo conosce molto bene e che è perfettamente a giorno delle mene che si svolgevano”. ( Enzo Misèfari,  Bruno, biografia di un fratello ..)

 Bibliografia: Enzo Misèfari , Bruno, biografia di un fratello, Zero in condotta, 1989, p.132.  Cfr. anche GiuseppeTripodi,IL DOCUMENTO. Quando Bruno Misefari abiurò promettendo una mano al fascismo ,in http://www.zoomsud.it/index.php/tutte-le-categorie/88400-storia-quando-bruno-misefari-abiuro-promettendo-una-mano-al-fascismo, ove l'autore non  fa menzione di questa nota aggiuntiva al verbale di Guido Leto, sebbene essa fosse ben visibile nella riproduzione del verbale da lui stesso allegata. (vedi sopra)

 Pertanto furono proprio, a mio parere, i dubbi suscitati in Guido Leto sulla sincerità di quella dichiarazione a far sì che la strettissima vigilanza poliziesca nei  confronti di Bruno Misèfari,   non cessò, ma continuò sino al suo letto di morte  (cfr. primo brano) e anche oltre. (cfr. secondo brano)

 Brano da commentare:  1) Avvolto in un lenzuolo, eri steso rigido e freddo su di un tavolo di marmo nella stanza mortuaria della clinica. Eri bello, pur nella gelidità della morte! Un gran turbante bianco faceva aureola alla tua testa; ti avevano fatto l’autopsia. Dicevi sempre che il tuo corpo avrebbe dovuto essere utile alla scienza. Ebbene, la parte più importante di esso, il cervello è, ancor oggi, conservata presso la clinica Bastianelli. Ti erano accanto per vegliarti, per sorvegliarti, i tuoi fedeli inseparabili “ Freunde” [ nota mia: allusione ai poliziotti ] come tu li chiamavi. Potevi essere “pericoloso” anche da morto.” (Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria); 2)“ Le notizie che arrivano dalla Spagna nel corso del 1936-1937 infiammano gli animi. Si sottopongono a sorveglianza persino le tombe di Malatesta e di Bruno Misefari.”  ( in Giorgio Saccheti, Sovversivi agli atti...)

Bibliografia:  Primo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con  Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp 3-4. Secondo brano in Giorgio Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del ministero dell'interno. Schedatura e controllo poliziesco nell'Italia del  Novecento, La Fiaccola, 2002 , p.44

 

NOTA: cfr. anche post :  PIA ZANOLLI MISEFARI + considerazioni personali sul libro di Pia Zanolli ,L'anarchico di Calabria....... e sulle presunte "palesi compromissioni epistolari" di Bruno Misefari con il fascismo.

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