giovedì 28 aprile 2011

ANARCHICINI: ANARCHIA E ARTE 2 : EDVARD MUNCH (1863- 1944), GIUSEPPE PELLIZZA DE VOLPEDO ( 1868-1907), HENRI ROBERT ( 1865-1929 ); RALPH FASANELLA ( 1914- 1997) , ENRICO BAJ ( 1924-2005), FLAVIO COSTANTINI (1926-2013), ANGELO CASILE (1950-1970)

                                                                                   
   EDVARD MUNCH (1863- 1944) Nacque Loten in Norvegia , nel 1863, da Christian Munch, medico militare, e da Laura Cathrine  Bjolstad . La madre morì di tisi e fu sua sorella,  la zia Karen , a occuparsi dei cinque fratellini. Dedicatosi completamente alla pittura frequentò gli ambienti artistici di Cristania (oggi Oslo) e lo scrittore anarchico norvegese,  HANS  JAEGER( 1854-1910), autore, tra l’altro del libro  Anarkiest Bibel ( La Bibbia anarchica).  Munch viaggiò in tutte le grandi città europee e negli USA ( tra cui Parigi,  Vienna, Copenhagen, Berlino. Bruxelles,  Monaco, Chicago, Oslo, San Pietroburgo, Venezia.) e ovunque  le sue opere ( Il grido, Angoscia, Pubertà , Il bacio, Madonna ecc.) suscitarono  grande clamore e scandalo. Fu amico di August Strindber e di Enrik Ibsen. Nel 1898 incontrò Tulla Larsen, figlia di un commerciante di vini.  Ebbe con lei una relazione molto intensa che si concluse  tragicamente  nel 1902 con una grande scenata in cui  egli sparò  e si ferì ad una mano.  Pur continuando  incessantemente a dipingere venne spesso ricoverato in case di cura  per abuso di alcol e per allucinazioni. Tra le sue opere importante per il suo contenuto sociale e libertario è, a mio parere, il quadro intitolato  I lavoratori tornano a casa, composto nel 1912.
 Il quadro di Munch mi ha  fatto nascere il desiderio di fare delle figurine di creta , che grosso modo  si ispirano ad esso e sullo sfondo ho messo una carrozza  con dentro un borghese  che probabilmente  li osserva con il consueto disprezzo riservato agli operai da parte della borghesia  oppure con una presa di coscienza, che potrebbe portare quell’osservatore dall’ altra parte della barricata rinnegando i suoi privilegi di classe.  In fondo la  «carrozza « , che ho usato è la stessa di cui mi sono servito per la fuga di Kropotkin  nel  post dedicato a quell’anarchico russo.
Dal 1916 Edvard Munch si ritirò nella sua tenuta di Ekely, vicino ad Oslo , dove morì nel 1944.       
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  GIUSEPPE PELLIZZA DE VOLPEDO ( 1868-1907). Nacque a Volpedo da una famiglia di agricoltori       Dopo avere studiato disegno nella Scuola Tecnica di Castelnuovo si iscrisse all’ Accademia i Belle Arti di Brera. Continuò poi gli studi a Roma e a Firenze. Nel 1889 si recò a Parigi. Tornato a Volpedo sposò Teresa Bidone. Nel 1901,  particolarmente scosso  dai moti del 1898 e la feroce repressione  , che seguì, agli infami ordini del generale Bava de Beccaris ( cfr . post : LE LOTTE OPERAIE FINE SECOLO  XIX )  tornò con motivazioni nuove su un tema pittorico già affrontato negli anni precedenti  ( tra cui  gli Ambasciatori della fame,   e  La Fiumana ) in  un dipinto dapprima chiamato « Il cammino dei lavoratori» e  poi, col nome , ora noto, di Quarto Stato, che assume rispetto ai  suoi «dipinti sociali» precedenti , un più esplicito messaggio politico ed è stato giustamente considerato  il « più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l’ otto e il novecento.
                                                           
Il quadro di Pelizza de Volpedo mi aveva ispirato già parecchi anni fa in una serie che avevo chiamato « i rivoluzionarini» le seguenti cinque figurine di creta che sintetizzavano la mia idea del «movimento operaio» tra la fine del secolo XIX e il primo decennio del XX secolo. 
                                                         
  A partire da sinistra: 1) Internazionalista di tendenza bakuninista ,  disertore  della classe borghese e “apostolo” degli ideali socialisti e rivoluzionari. Nel primo decennio del novecento, i cosiddetti “apostoli” ancora viventi, erano generalmente dei “vecchi” con idee in gran parte superate, il che è, in questa figurina, rappresentato metaforicamente dall’abito, alquanto demodé . Tuttavia, questo personaggio , così come me lo immagino io, si differenzia nettamente dal protagonista del film di San Michele aveva un gallo dei fratelli Taviani, ( e dalla novella di Tolstoj,  Il divino e l’umano) .  Egli sebbene alquanto spaesato nel nuovo contesto sociale , soprattutto se reduce da un lungo periodo di prigione e di isolamento,  otteneva  grazie al suo carisma e alla  sua enorme esperienza di lotta,   facilmente ,  senza cercalo e tanto meno imporlo, stima e rispetto tra le giovani leve. Le figure n. 2-3-4 sono ispirate al quadro Quarto Stato di Polizza da Volpedo . La figura 5 è un giovanissimo operaio, molto arrabbiato. Mi piace ancora immaginare che dopo l’eventuale arresto del giovane,  il numero 1 , in qualità di avvocato, avrebbe assunto la sua difesa, in tribunale,  evidenziando le condizioni miserabili e disumane in cui versava la classe operaia, e i sistemi ferocemente repressivi usati contro di essa. Tanto, per inciso, ci si ricordi che, anche, le celebrate riforme sociali, attuate nell’età giolittiana , non furono il regalo di nessuno, bensì sofferte conquiste, acquisite duramente, dalla classe operaia. 
Nel 1907 Pelizza de Volpedo si uccise, sconvolto dalla morte per parto della moglie,  che era stata la modella  della donna del Quarto Stato .  
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ROBERT HENRI


ROBERT HENRI ( 1865-1929 ).   Un suo antenato paterno, noto con il nome di Cazat, era un ugonotto francese, fuggito in America dopo la   «Notte di San Bartolomeo « (1572)  .  I suoi discendenti  svolsero tutti  importanti ruoli nelle guerre d’indipendenza degli Stati Uniti, Il padre di Robert Henri, John  Cozad, ebbe una vita avventurosa e fondò il villaggio di Cozzadale vicino a Cincinnati, ma dopo avere ucciso un uomo, durante una lite, dovette fuggire e cambiare il nome in Richard Henri. Ad allevare e a educare Robert Henri, trasmettendogli l’amore per l’arte e la letteratura, fu la madre, anche lei discendente da una vecchia famiglia del Sud. Nel 1886  Robert Henri si iscrisse alla rinomata  Pennsylvania Accademy the Fine Arts ( PAFA) Nel 1888 ,  per rafforzare la propria cultura  artistica si recò in Francia  e in Italia .   A Parigi Robert Henri frequentò ambienti  bohemiens ed anarchici, in cui erano assai diffusi scritti di Jean Grave, di Elisée  Reclus e di Piotr Kropotkin. Tornato a Filadelfia nel 1891 si dedicò all’insegnamento,  ma presto   si ribellò nei confronti dell’ arte e della cultura dominante e nel 1907 fondò  il cosiddetto « gruppo degli Otto», composto da artisti anticonformisti,  tra cui John Sloan e George Bellows .  Il gruppo organizzò diverse mostre in cui si affrontavano temi alternativi a quelli accademici ( l’emancipazione della donna, denuncia delle disuguaglianze sociali , ecc.) e la stampa dominante  li  definiva beffardamente «scuola della cassetta delle immondizie « per la scelta di soggetti pittorici come i miserabili quartieri perficerici, gli operai, gli  Afroamericani, le prostitute, ecc. (cfr. brano)
Brano da commentare: «  «… Ed egli creò un circolo di studenti con il suo proprio programma che comprende diversi punti: - Nessuna materia obbligatoria, né limiti ai soggetti e alle discipline scelte dallo studente; - Abbandono delle credenze accademiche tradizionali, insistenza sull’importanza dell’immediatezza e dell’autenticità e dunque delle esquisses pratiche; - Rigorosa eguaglianza tra gli studenti dei due sessi. Robert Henri incoraggiò ciascuno e ciascuna  a sviluppare la propria personalità andando piuttosto nel quartiere (cadre) miserabile delle periferie operaie. Si dipingeranno lavoratori, Afroamericani, e anche prostitute. Si uscirà dalle concezioni borghesi sulle donne, ciò che sarà più tardi ripreso  dal movimento femminista., e i suoi studenti  furono centinaia ..» (Ronald Creagh,  Ars e Anarchisme dans les Etats -Unis. A’ la rencontre du Cygne Noir )pressions Libertaires du XIX au XX siècle , oordinateurs Paola Domingo  

Bibliografia:  Ronald Creagh, Ars e Anarchisme dans les Etats -Unis. A’ la rencontre du Cygne Noir,  in  Amerique Anarchiste. Expressions libertairesw du XIX au XX siècle,  coordinateurs  Paula Domingo -Alba Lara – Alengrin Karim Benmiloud,  America Libertaria, 2014 pp. 245-246. traduzione italiana mia

 Nel 1912, attraverso la lettura della rivista anarchica Mother Earth , di cui era abbonato, conobbe Emma Goldman, allora impegnata ad animare il Centro Sociale Ferrer, fondato da lei e ad altri compagni,  due anni prima,  a New York. A Robert Henri fu chiesto di aprire, nel Centro , una scuola d’ arte , ed egli, insieme ad alcuni altri artisti, accettò con entusiasmo. (. cfr. brano) 
Brano da commentare: « L’insegnamento di Henri si basa essenzialmente su un corso di due sere settimanali che alterna con un altro insegnante, il pittore George Bellows. […] La scuola è aperta ogni giorno , compreso il sabato e la domenica, ma di giorno è aperta ai bambini e la sera e nei week-end agli adulti; non c’è obbligo di frequenza, ed è gratuita, sebbene gli iscritti versino un contributo libero per pagare le modelle. Henri incoraggia nei suoi allievi la lettura dei capolavori della letteratura e del teatro. Convinto che questi testi possano nutrire la loro pittura. Si limita a correggere pochissimo, proprio per dare spazio alla sperimentazione. Ma la cosa più importante è che il pittore fissa l’idea base che ogni studente può, anzi, deve imparare dai propri compagni tanto quanto dall’istruttore o da una causa naturale, lasciando che nulla passi inosservato, maturando cioè quell’attenzione per il particolare tanto preziosa non solo agli artisti visivi. […] Le lezioni al Centro sono intervallate  da pause pranzo, che si svolgono alla mensa e consentono di continuare le lezioni oltre le normali ore scolastiche e, allo stesso tempo, di tessere delle relazioni tra studenti o tra studenti e insegnanti. Nascono così amicizie, gruppi di lavoro e persino storie d’amore …». ( Cristiano Gilardi, Arte § Educazione. Visioni pratiche antiautoritarie ..)
Bibliografia:  Cristiano Gilardi, Arte § Educazione. Visioni pratiche antiautoritarie,  La Fiaccola, 2016,  pp. 29-30

 La scuola d’ arte ebbe successo e dal 1915 si trasferì nella Colonia di Stelton. Numerosi (relativamente) furono i suoi allievi e alcuni di essi divennero artisti famosi come per esempio Man Ray.  Robert Henri, sino alla sua vita , continuò nella sua missione di diffondere le idee libertarie e anarchiche  attraverso  esposizioni d’arte antiaccademica  e creando spazi per un’educazione artistica libertaria.  Tra Emma Goldman e Henri Robertsi  stabilì  un solido rapporto di reciproca ammirazione . Da questo rapporto derivò, tra l’altro , la richiesta di Henri Robert di poterle fare un ritratto., che Emma Golldman però non vide mai. (cfr. brano)

Brano da commentare: « Imparai a conoscere Henri e constatai che era un uomo dalla personalità eccezionale, uno spirito libero e generoso. La sua concezione dell’ arte e del rapporto tra arte e vita era, di fatto, anarchica. Quando inaugurammo le classe serali alla scuola Ferrer, egli aderì prontamente all’invito di tenere un corso sull’arte.  Riuscì anche a coinvolgere George Bellows e John Sloan, e insieme i tre instaurarono nei corsi ad indirizzo artistico un cima di libertà che probabilmente non aveva l’uguale in nessuna altra scuola di New York a quell’epoca. In seguito Robert Henri mi chiese di posare per un ritratto. Ero molto occupata in quel periodo  , e poi molti altri pittori avevano cercato di ritrarmi senza successo.  Henri disse che voleva dipingere «la vera Emma Goldman» « Ma qual è la vera Emma Goldman?» domandai « io non sono riuscita a scoprirla». Il bellissimo studio di Henri nel Gramercy Park, così lontano dalla polvere e dal frastuono della città, e l’ospitalità squisita di sua moglie furono come un balsamo per me. Insieme discutemmo di arte, di letteratura e di educazione libertaria. Henri era versatissimo in questi argomenti ; inoltre , possedeva un insolito intuito che gli permetteva di riconoscere quando un impegno era sincero. Nel corso di quelle conversazioni, estremamente illuminanti, appresi della scuola d’arte, da lui fondata  alcuni anni addietro. « Gli studenti sono lasciati completamente liberi e possono sviluppare ciò che è in loro»  spiegò « Io rispondo soltanto alle domande e dò consigli per risolvere i problemi più difficili» Non cercava mai di imporre le sue idee agli allievi. Ovviamente, ero ansiosa di vedere il ritratto, tuttavia, sapendo  che Henri non amava mostrare le sue opere non concluse, non gli chiesi nulla. Quando il quadro fu terminato, non ero a New York, ma qualche tempo dopo mia sorella Helena mi scrisse di averlo visto esposto in una mostra a Rochester. « Non ti avrei riconosciuta, se non ci fosse stato il tuo nome sotto il quadro» mi spiegò. Molti altri amici concordarono con lei. Comunque fosse, ero certa che Henri aveva cercato di ritrarre quella che pensava fosse « la vera Emma Goldman». Non vidi mai il dipinto, ma conservai un caro ricordo delle sedute, dalle quali avevo ricavato molto .» (  Emma Goldman, Vivendo la mia vita … )
Bibliografia: Emma Goldman , Vivendo la mia vita, Volume III, 1908-1917, La Salamandra, 1985 pp. 130 -131
Questo ritratto, per quanto ne so, è , oggi, andato distrutto  , e, se ho capito bene , se ne può avere un’ idea solo tramite una foto in bianco e nero, fatta, a suo tempo, da Peter A. Juley § Son.  Ispirandomi ad esso nel fare la mia figurina di creta mi sono quindi inventato i colori
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MAN RAY

MAN RAY ( 1890-1976) fotografo  e pittore statunitense, la cui fama  è tale, che  rende superfluo ricordare qui la sua biografia e la sua arte. Qui mi soffermerò brevemente soltanto sulla sua esperienza  artistica giovanile  nella Scuola Moderna di Stelton, nota anche con il nome di "colonia Ferrer , sotto la "guida" di Robert Henri,  definita  da lui stesso nel 1924 durante una intervista con Anna Guerin " il periodo formativo della sua opera avvenire" . (cfr. brano)
 Brano da commentare: “ E’ allora che intesi parlare di un centro sociale a nord della città, ci si poteva iscrivere ad un corso serale in cui dei modelli posavano .    (…) Potevo iscrivermi quando potevo, il corso era gratuito per i membri che si effettuavano una colletta per pagare il modello (…). Questo centro era stato fondato , in ricordo dell’esecuzione dell’anarchico spagnolo Francisco Ferrer, da dei simpatizzanti di quest’ultimo.  Era finanziato da uno scrittore benestante newyorchese. Oltre i corsi artistici, c’erano corsi di letteratura, di filosofia ed una scuola per i bambini dei membri che desideravano allevare la loro progenitura in un ambiente più liberale di quello offerto dalle scuole pubbliche. Tutti i corsi erano gratuiti , alcuni scrittori e pittori conosciuti fungevano benevolmente da professori. Di fatto tutto era libero, anche l’amore. La maggior parte disapprovavono le convenzioni imposte dalla società”( in Gurin Anna, Man Ray, autoportrait" (1964)
Bibliografia: in Isabelle Marinone, Man Ray, La sintesi di due espressioni di una stessa contestazione, da Anarchisme et Cinéma., 2004 in  dada100.over-blog.it › article-saggio-granier-man-ray-la-sintesi-di-due-esp...


E fu proprio all’interno Colonia Ferrer che Man Ray espose le sue prime opere e, in quel periodo, illustrò anche, disegnandone le copertine, alcuni numeri della rivista “Mother Earth, fondata da Emma Goldman. Tra quelle belle copertine ho scelto di inserire qui quella che rappresentava lo strazio dell’umanità divorata da due mostri: Il capitalismo e il governo. A modo mio, nella figura due ho cercato di riprodurla con la creta.
Figura 1:  copertina di Man Ray  Figura 2: mia ( come se non lo si capisse)
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RALPH FASANELLA (New York 1914- 1997) : E’ nato  a New York nel 1914 da genitori italiani emigrati negli USA nel 1910,  Giuseppe (Joe) Fasanella , venditore ambulante di ghiaccio e Ginevra Spanoletti, attiva antifascista e madre di altri 5 figli. Il padre nel 1920 lasciò la famiglia e tornò in Italia. Da ragazzino fu vittima , in una scuola cattolica , di un abuso sessuale da parte di un prete.   Allo scoppio della guerra civile Ralph Fasanella si arruolò come volontario nella brigata internazionale “ Abraham Lincoln” Tornato in America divenne un attivo sindacalista e iniziò ad esporre suoi quadri durante le riunioni e le feste sindacali. Nel 1950  sposò , in seconde nozze, l’insegnante Eva Lazorek, da cui ebbe due figli, Marco e Gina.   Il primo matrimonio con  Matilde Weiss era durato appena un anno. Durante il maccartismo , etichettato come uomo di sinistra,  non poté più lavorare se non nella stazione di servizio di suo fratello. Negli anni settanta i suoi quadri , dal  contenuto fortemente sociale,  vennero assai apprezzati  e lodati anche da diversi critici d’arte (es. John Berger). Durante gli ultimi anni della sua vita il mutamento della situazione politica americana in senso conservatore e neoliberista provocò un relativo  declino della sua popolarità. Alla sua morte venne comunque riconosciuto  dalla stampa di sinistra come “un vero artista del popolo al pari di Paul Robeson e di Woody Guthrie”.  

 Tra i suoi quadri mi limito a ricordare qui " Iceman crucified  " precisando comunque che l'immagine del padre, Giuseppe Fasanella, emigrante italiano, venditore di ghiaccio, inchiodato sulla croce, ricorre in molte altre sue opere. Questa  immagine  dell’emigrante italiano crocifisso mi ha fatto venire in mente altri crocifissi di oggi : i rom, gli extracomunitario, i bambini poveri, le donne ,  * queer

CROCIFISSI OGGI



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Enrico Baj è stato uno dei più importanti artisti contemporanei e un instancabile “fustigatore del potere”. Nel 1954  fondò assieme ad Asger Jorn  il “Mouvement international pour un Bauhaus immaginiste”. Nel 1983 scrisse il Manifesto del "Futurismo statico" , dove contestava le idee espresse nel manifesto futurista del 1909.  
Brano da commentare: "....1) Noi disprezziamo il pericolo, lo spreco, la  forza. 2) Coraggio, audacia e ribellione continua portano solo lotta e morte. 3) Disprezziamo il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno. Esaltiamo la quiete pensosa, l'estasi, il sonno e il dolce far niente .[.......] 5)   Noi disprezziamo il volante, il cambio, l'acceleratore, il motore sprint e la fetente benzina, droga d'ogni motorista. Siamo tutti dei benzotossicodipendenti. [....] 9) Vogliamo glorificare la donna, e disprezzare la guerra, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore e le "belle idee " per cui si muore. Unica morte accettabile è quella nel proprio letto.  [....]11) Fanno schifo le grandi folle manipolate dai media, il fervore degli arsenali e dei cantieri, i fumi puzzolenti e venefici delle officine, i moti rivoluzionari e fasulli delle violente e criminali città moderne. Fa schifo il baccano delle locomotive e ogni pretesto motoristico che induce corruzione, consumismo, miasmi, inquinamenti e incidenti a catena. Vogliamo una città solare. Noi fondiamo oggi il Futurismo Statico, in nome dell'immobilismo plastico, per liberare gli uomini dalla cancrena del moto, del motore, del turismo dopolavoristico o intellettuale che sia ........" ( da Enrico Baj, Nuovo Manifesto futurista  Ottobre 1983)

 Tra le sue opere libertarie più importanti mi limito a citare per ragioni di spazio, soltanto "I funerali dell’anarchico Pinelli” (1972); e il “Monumento a Bakunin” (1996). 




I funerali dell’anarchico Pinelli” avrebbero dovuto essere esposti a Milano nel 1972 , ma la mostra fu annullata per la morte del commissario Calabresi e solo recentemete  quest’ opera ha potuto  ricircolare in Italia.  Questo bellissimo quadro  di  Baj  (figura n. 1) sulla morte di Pinelli mi ha fatto venire la voglia di rappresentarla anche io pur essendo completamente consapevole che in quel grande artista esisteva una perfetta coincidenza tra arte e “sentimenti libertari”, mentre nel mio caso esistono solo “ sentimenti …. ( figura 2)”.                                            

PROGETTO DI MONUMENTO  (?) A BAKUNIN
    
Brano da commentare:  « …. Mi arrivò , da parte di Bernd Kramer, l’invito a partecipare , con un mio progetto, ad una mostra di proposte per un monumento a Bakuninb, da erigersi possibilmente a Berlino . Il primo monumento a l mondo per Bakunin. Volevo partecipare alla mostra; volevo ideare un modello; e la mia mente andò a quel cavalletto, posto sopra la cassa di legno. Realizzai il  progetto, in piccolo, miniaturizzando  quell’idea. Feci, cioè , una piccola scatola di legno e sopra posi un piccolo cavalletto di legno, di quelli che talvolta vengono utilizzati per le vetrine. Sul cavalletto pensai che ci andava bene una tela da pittore, una piccola tela che approntai con il ritratto di Bakunin. Data la somiglianza, volevo chiamare Pierre Casè a posare per il ritratto, ma poi usai una delle classiche foto a mezzo busto. Aggiunsi sulla scatola in legno una bella A ricavata  con gli stampini per  casse . A come Arte, A come Anarchia. L’immaginazione sta all’arte come il seme della libertà sta all’anarchia.. Il progetto mi convinse e lo posi ad  asciugare sulla grande cassa con sopra il cavalletto con sopra il cappuccio.  Presi una tela più grande , di cm. 80 X 60, e  per trasporto fotografico ci feci sopra un altro ritratto di  Bakunin . Messo sul cavalletto grande il ritratto grande, capii che il monumento maggiore conteneva in sé quello minore , anzi poteva partorirne molti di quelli piccoli come voi qui li vedete.  …» (Enrico Baj, Un monumento ? )
Bibliografia:  Baj Bakunin Atti del convegno. Monte Verita’ Ascona 5 ottobre 1996, Città di Locarno Musei e Cultura , Edizioni La Baronata, 2000 pp. 29-30.  Subentrò poi un' altra idea , quella di un "semplice blocco di marmo di Carrara percorso da una crepa allargata, una fenditura provocata da un cuneo. Il cuneo del pensiero di Bakunin." (pp. 30-31)

 Infine  ricorderò, qui,  una delle opere di Baj , che preferisco : Adamo ed  Eva , in cui dio  (o un angelo)   rimprovera  Adamo ed Eva rivelando la propria vera natura di guardiano  collerico e autoritario.

Questa scena   ha fatto sorgere anche  in  me  un’immagine della vita  nel mitico “paradiso” terrestre  alquanto inquietante e ben poco beata. 
                                                                               
  Nota: il povero serpente, prima della punizione divina,  aveva ancora le gambe.
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FLAVIO COSTANTINI (1926-2013) Dopo alcuni anni di servizio , prima nella Marina militare e poi in quella mercantile lavorò per alcuni anni come disegnatore di stoffe e collaborando come grafico a  molte riviste aziendali  ( tra cui l’italsider).  Si interessava anche di letteratura, in particolare di Kafka di cui illustrò  alcuni romanzi . Dopo un viaggio in Spagna , nel 1959,  iniziò una serie che intitolò Tauramachia . (cfr. brano)
Brano da commentare: « … Un giorno si decise a visitare la Plaza de Toros. La tauramachia fu per lui lo spettacolo  perturbante della violenza, della sopraffazione, della lotta. « Io sto dalla parte del torero. Lei no ? Provi a trovarsi davanti un toro, poi mi dice».  Ritornato in Italia cominciò a dipingere tauromachie. […]  «Nei miei quadri il torero ha quasi sempre la peggio « . In  Tauromachia V il pubblico e i picadores guardano fuori campo. Una muleta e  un cappello giaciono nella sabbia. La bestia, con le picche nel dorso e una spada nelle scapole, fissa noi. Il toro è nero, come il fascismo. « Ma fosse rosso, non sarebbe meglio» . La tauromachia riflette la condizione umana: la grazia e la tecnica del torero sono gli attributi della civiltà, il toro è la furia cieca della vita. Sebbene siano ancora presenti l’angoscia e il senso di sconfitta dei quadri precedenti, nelle tauromachie qualcosa è cambiato, mentre gli eroi kafkiani, schiacciati dal senso di colpa, non trovano la forza di ribellarsi e sono destinati alla sconfitta, nell’arena c’è la lotta « ( in Roberto Farina, Flavio Costantini , l’anarchia, molto cordialmente  …) 
Bibliografia:  in Roberto Farina, Flavio Costantini , l’anarchia, molto cordialmente , Milieu 2015, pp. 37-38
 
Negli anni sessanta e settanta, dopo un viaggio a Mosca, dove rimase fortemente deluso dal socialismo autoritario russo e  la lettura  del libro  Memorie di un rivoluzionario di Victor Serge, Flavio Costantini iniziò la serie , pubblicata col titolo The Art of Anarchy nel 1975.  (cfr. brano)
Brano da commentare:  « … « Il periodo storico su cui si concentra la produzione di Flavio Costantini è quello della prima grande scintilla di resistenza dei lavoratori verso lo Stato che, sostenuto dal capitalismo rampante, in quegli anni stava distruggendo il ceto artigiano e il suo spirito indipendente per ammassarlo nelle fabbriche d’ Europa. […]  Ed è proprio sugli eventi di questa lotta contro l’oppressione che si sofferma Flavio Costantini. […]  Per comprendere l’arte di Costantini è necessario capire che il suo vero interesse è rivolto alla lotta di classe; e troppo spesso, purtroppo, per combattere la repressione, la miseria e le ingiustizie sociali perpetrate dallo Stato, quella lotta ha dovuto ricorrere alla violenza. Sono queste le azioni che formano il tessuto connettivo dell’anarchismo rivoluzionario. Gli eventi che Costantino raffigura sono episodi di una lunga odissea verso la libertà. Con la sua arte sta tessendo l’Arazzo di Bayeux della rivoluzione anarchica. Con questo arazzo dedicato alla conquista del pane e della libertà, ci accompagna attraverso le tappe salienti del movimento anarchico, i suoi picchi di speranza e di sconforto, quei momenti che hanno formulato un credo e hanno segnato una netta linea senza  demarcazione tra il socialismo libertario da un lato, e il socialismo riformista ed autoritario dall’altro, ognuno dei quali mostra a suo modo che senza libertà non può esistere l’ uguaglianza e che senza uguaglianza non può esistere la libertà  e senza lotta non può esistere né l’una né l’altra». ( Introduzione di Stuart Christie a Flavio Costantini, The Art of Anarchy,  London 1975)
Bibliografia:  Introduzione di Stuart Christie  a Flavio Costantini, The Art of Anarchy,   Cienfuegos Press London 1975.  Traduzione italiana dall’inglese in  Roberto Farina, Flavio Costantini , l’anarchia, molto cordialmente , Milieu 2015, pp.234-235

Le nove illustrazioni di Flavio Costantini , che inserisco in questo post sono tutte  tratte da The Art of Anarchy , fuorchè la terza a partire da sinistra, che fa parte della serie dedicata alla  Tauromachia e dove il toro, "con le picche nel dorso e una spada nelle scapole," potrebbe rappresentare ,  accantonando , per un momento, l' afffermazione di Costantini:  " Il toro è nero, come il fascismo"anche  quella "forza di ribellarsi e di resistere", che anima tutte le ilustrazioni dedicate da Costantini agli anarchici.

  Per questo motivo  ho fatto in creta una  figura antropomorfa:  mezzo toro e mezzo anarchico , una specie, cioé,  di Anarchik taurino.  ( Anarchik è, come è noto,  il protagonista  di  striscie a fumetti   create da Roberto Ambrosoli, che, da parecchi anni, appaiono mensilmente su A rivista anarchica)
ANGELO CASILE (1950-1970) :Sulla sua  breve vita e sulla sua più che sospetta morte , si veda , in questo blog, il post 1968 E GLI ANARCHICI .Aggiungo solamente alcune  informazioni  sulle qualità artistiche di Angelo Casile, contenute nel libro , già citato, di Nicoletta Orlandi Posti. (cfr. brano )
 Brano da commentare: «… Angelo è l’artista del gruppo: tra una manifestazione e l’altra dipinge quadri di grande effetto cromatico e di grande suggestione esistenziale. Nell’estate del 1970 vince il primo  premio di un concorso di pittura a Locri: 200 mila lire, qualcosa come duemila euro di oggi, che regalò ai suoi compagni permettendo loro di partecipare a una manifestazione nazionale contro la guerra in Vietnam organizzata a Roma. A ottobre 1970 la famiglia Casile riceve una lettera del critico d’ arte Rudolf de Jong , che lo invita ad esporre in una mostra permanente i suoi quadri ad Amsterdam» (Nicoletta Orlandi Posti,  Il sangue politico …… )
Purtroppo non ho mai visto i quadri  a cui accenna l’autrice, ma ho trovato su Internet  i tre seguenti schizzi

                           


Il  bel disegno sulla Nato   di Angelo Casile mi ha ispirato la seguente scenetta in creta :



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