venerdì 29 aprile 2011

ANARCHICINI: ANARCHICI ITALO AMERICANI NEGLI USA : GIUSEPPE CIANCABILLA ( 1871-19049 , ERSILIA CAVEDAGNI ( 1864- ?); ERNESTINA CRAVELLO (1880-1942), MARIA RODA (1877-?)



GIUSEPPE CIANCABILLA

CIANCABILLA GIUSEPPE (1871-1904) giornalista, socialista democratico e poi anarchico. Diciottenne combatté valorosamente  nella “Compagnia della morte”, comandata da Amilcare Cipriani nella guerra greco-turca del 1897 . Famose, durante quell’impresa, furono le sue corrispondenze di guerra sul giornale socialista, Avanti ! ( cfr. infra post AMILCARE CIPRIANI) ,  che si distinguevano , dalle altre contemporanee, per il loro contenuto  più rivoluzionario che militare. Negli ultimi articoli, scritti, ancora, in suolo greco,  Ciancabilla tracciò, infine,  una  suggestiva e disincantata interpretazione di  quella spedizione, ormai  giunta al termine dopo la cruenta battaglia di Domokos. (cfr. brani)

Brano da commentare:  1) …. Il governo italiano e i partiti conservatori in genere si sono compiaciuti per l’eroismo di mostrato dai nostri e per il  “prestigio” e l’ “onore” rilevati e messi in commercio. E sta bene. Ma poche eccezioni fatte, i volontari italiani  […) appartengono in Italia, chi materialmente e chi moralmente, a quella categoria che si è convenuto di chiamare degli spostati. Erano, in certo qual modo [non tutti, ripetiamo] i banditi dalla società, e perciò i ribelli, anche incoscienti. Erano il frutto della costituzione sociale presente e della pessima organizzazione politica ed economica dell’Italia. Anelanti alla libertà per la libertà combatterono, alcuni morirono.  … “  ( Giuseppe Ciancabilla, Il sacrifizio  sull’   Avanti! del 21 maggio 1897) ; 2) “ Le camicie rosse, son dunque partite. O meglio sono state congedate. E forse meglio sono state cacciate. Dopo la prova di Domoko [sic] visto che i  greci ci scapitavano al paragone, il governo si affrettò a rinviare i garibaldini senza nemmeno dar loro gli otto giorni come alle serve infedeli. […] Che il governo greco abbia avuto paura ch’essi diffondessero un po’ di coraggio e di valore e di ardimento fra questo popolo divoratore di agnelli? No, altra è la paura del governo e del re. Essi temono la rivoluzione. Mai parola così terribile suona ora così comica e così ridicola in bocca di questa gente. E’ il bis della parola guerra . Anche quella terribile espressione fu sciupata per mesi e mesi per ottenere una pace vergognosa […] Eppure il governo ed il re hanno una paura matta. …..” ( Giuseppe Ciancabilla,  Lettera dalla Grecia, sull’  Avanti !  del 5 giugno 1897)

Bibliografia: in  Eva Cecchinato, Camicie rosse. I garibaldini dall’Unità alla grande guerra, Editori Laterza, 2007. Primo brano a p. 259 e secondo brano a p. 260 . Sugli anarchici garibaldini nella guerra greco-turca del 1897, cfr. anche Maurizio Antonioli, Sentinelle perdute. Gli anarchici, la morte , la guerra,  Edizioni BFS 2009 pp. 23-39

Tornato in Italia,  il socialista Ciancabilla  divenne sempre più critico di fronte alla politica opportunista ed elettorale , proclamata durante il Congresso di Bologna del partito socialista democratico (P.S.I.) e dopo avere, come giornalista, intervistato, nell’ottobre del 1897, sempre per conto dell’ Avanti !,  Errico Malatesta,  appena rientrato in Italia clandestinamente,  aderì all’ anarchismo. (cfr. brano)

Brano da commentare “…  Il  congresso di Bologna, composto nella sua maggioranza di aspiranti, più o meno prossimi o remoti, alla deputazione e al consiglierato, i più borghesi che facevano sfoggio di discutibile abilità oratoria, il resto operai imborghesiti, goffi mestieranti della politica, non meno degli altri ambiziosi, tutti candidati del passato, del presente e del futuro, riaffermò , per quanto attenuato, il concetto dell’azione del proletariato socialista. Sortii da quel congresso disgustato, e non esitai a rendere pubblica la mia impressione sfavorevole. Vidi poco dopo Errico Malatesta, e all’espressione stringente del programma socialista-anarchico, io m’intesi ritemprato e come rinforzato in quel bagno di luce serena. Quel programma lo resi pubblico in un’intervista sull’ Avanti! La concezione socialista-anarchica, senza ambizioni, senza aspirazioni autoritarie, senza mistificazioni, senza transazioni acquietò l’animo mio disgustato e sfiduciato. L’ultimo colpo era, dato, le ultime esitazioni vinte […] Le mie aspirazioni eternamente ribelli e insofferenti di giogo, hanno trovato nell’anarchia il loro cielo e il loro acquietamento. “ ( Giuseppe Ciancabilla, Una dichiarazione,   scritta a Zurigo 24 ottobre 1897 e poi pubblicata su L’ Agitazione il 4 novembre 1897)

Bibliografia: Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di Lima , Gratis, 2012 p. 31. Cfr. anche  Ugo Fedeli, Biografie di anarchici: Ciancabilla Damiani Gavilli. Samizdat 1997 pp. 19-20

Dopo l’intervista a Malatesta, fatta nella clandestinità e ricca di notizie false atte a depistare la polizia,  Ciancabilla, insieme alla sua compagna  ERSILIA  CAVEDAGNI GRANDI,  fu costretto ad espatriare prima in Svizzera e poi in Francia. A Parigi, entrò in contatto con numerosi compagni francesi , tra cui  JEAN GRAVE che lo invitò a collaborare al prestigioso giornale da lui diretto, Les temps nouveaux.  L’articolo di Ciancabilla,  che, pubblicato su quel giornale, ebbe maggiore risonanza, tanto da provocare, tra l’ altro, l’effetto di una sua immediata espulsione dal territorio francese, fu  La jacquerie italienne , in cui vi era una acuta interpretazione, da un punto di vista rivoluzionario,  sia del “movimento dei fasci siciliani” e sia dei “moti per la fame del maggio 1898 a Milano”. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ Si aveva in Italia questa situazione di fatto: le condizioni economiche dell’Italia meridionale e della Sicilia erano talmente depresse che un giorno o l’altro avrebbe dovuto levarsi in armi per non morire di fame, ma d’altra parte di fronte a questa occasione rivoluzionaria, la mancanza di una coscienza assoluta dei diritti da reclamare in un’insurrezione sempre per scoppiare (e scoppierà di nuovo), ma che può essere calmata coll’elemosina d’un pezzo di pane. Nell’Italia settentrionale, al contrario, vi è una coscienza molto sviluppata, ma le condizioni economiche abbastanza soddisfacenti non favoriscono la condizione voluta ; […]   i grandi predicatori di pace erano soprattutto i socialisti. Dovevano sempre attendere, e nell’attesa addormentano gli spiriti coll’illusione della ginnastica parlamentare. Ed hanno raccolto i frutti di questa ipnotizzazione . […]  Non vi furono interruzioni nelle comunicazioni telegrafiche e ferroviarie; nessuna esplosione di dinamite o anche solo di polvere, né contro le forze armate nè per creare nel paese delle formidabili barricate. Al contrario, tutti gli infantilismi dei giovani: si rispondeva ai colpi di cannone col lancio di tegole e di mattoni! Si innalzavano barricate con tavoli e sedie! ( Giuseppe Ciancabilla,  La jacquerie italienne,  su  Les temps Nouveaux, 2 giugno 1898)

Bibliografia: Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di Lima , Gratis, 2012 pp. 11-12. Cfr. anche  Ugo Fedeli, Biografie di anarchici: Ciancabilla Damiani Gavilli. Samizdat 1997 pp. 23-26 , dove vi è, tra l’altro, la conclusione dell’articolo : “ Il popolo italiano ha imparato molte cose e saprà certamente tenerne conto. Si prepara a scrivere una pagina superba nella storia del proletariato”

Dopo l’attentato a Ginevra contro l’ imperatrice d’ Austria, già ritiratasi da alcuni anni dalla vita di corte e dalla scena politica, compiuto da LUIGI LUCCHENI ( cfr. post     Ciancabilla, venne espulso anche dalla Svizzera, dove si era rifugiato, per essere stato tra i pochi,  anche fra gli anarchici, a prenderne risolutamente  le difese . (brano da commentare)

Brano da commentare: “…. Coloro che si credono uomini, si struggono in lacrime più o meno sincere perché un’imperatrice si è spenta per un colpo di lima; e trovano il delitto tanto più efferato perché la vittima è un’innocente, un’irresponsabile, una donna. Ponetevi una ano sulla coscienza, e chiedetevi quale colpa e quale responsabilità hanno i poveri contadini e gli abitanti d’una città assediata allorché la loro dimora diviene teatro di sanguinosa battaglia!... […] Di quale colpa si macchiarono i milanesi inermi che nelle giornate dello scorso maggio, obbrobrio dell’umanità intera, venivano fucilati, cannoneggiati, falciati dal regio piombo, tra i vostri applausi ?...” ( Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di lima su L’ Agitatore, n. 12 settembre 1898)

Bibliografia: Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di Lima , Gratis, 2012 pp. 36-37.  Cfr. sempre in questo libro anche gli articoli  di Ciancabilla L’attentato di Ginevra  (pp. 42-46) e  L’epilogo della tragedia (pp. 46-48)

GIUSEPPE CIANCABILLA ED ERSILIA CAVEDAGNI

                                       

Espulso da quasi tutti i paesi d’Europa e nell’ impossibilità di tornare in Italia Giuseppe Ciancabilla, insieme alla sua compagna Ersilia Cavedagni Grandi  si trasferì negli Stati Uniti a Patterson dove risiedeva una consistente comunità italiana anarchica. A Ciancabilla fu offerta , sia per la sua fama di  esperto e brillante giornalista professionale e sia per il suo trascorso personale di rivoluzionario intrepido e intransigente, la direzione del giornale “La questione sociale” fondato da PIETRO GORI  nel 1895 durante il suo giro, coronato da un grande successo personale, negli Stati Uniti. ( cfr. post….) Ben presto però all’ idea di organizzazione anarchica di Enrico Malatesta , sino ad allora seguita dal giornale, in cui, pur, se entro una prospettiva libertaria, si faceva riferimento ad un programma e a organismi( riunioni, congressi, comitati di corrispondenza, ecc.) prestabiliti,  Ciancabilla, invece,  si fece promotore di un tipo di organizzazione o meglio di “antiorganizzazione” sostanzialmente differente. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ … Non possiamo concepire che da anarchici si stabiliscano a dogmi fissi i punti da seguire sistematicamente. […] Noi non vogliamo quindi programmi di tattica, eper conseguenza  non vogliamo organizzazione. Stabilito i fine, la meta cui tendiamo, lasciamo libera ad ogni anarchico la scelta dei mezzi  che il suo criterio, la sua educazione, il suo temperamento, il suo spirito di combattività gli suggeriscono come migliori. Non formiamo programmi fissi e non formiamo piccoli o grandi partiti. Ma ci aggruppiamo spontaneamente, e non con criteri permanenti, secondo le affinità momentanee per un dato scopo, e incessantemente trasformiamo questi gruppi a seconda che cessa lo scopo per il quale i eravamo associati, e altri scopi e altri bisogni sorgono e si sviluppano in noi e ci spingono alla ricerca di nuovi cooperatori, di gente che pensi identicamente in quella determinata circostanza…” ( Giuseppe Ciancabilla, Contro l’organizzazione)

Bibliografia: Ugo Fedeli, Biografie di anarchici: Ciancabilla Damiani Gavilli. Samizdat 1997 p. 45

    CIANCABILLA E MALATESTA

                        

Su questo tema la tensione crescente, all’ interno della redazione della  Questione  sociale, aggravata anche da pesanti polemiche di carattere personale, raggiunse il suo culmine con l’arrivo di Enrico Malatesta a Paterson (cfr. più sotto)e si giunse infine a una scissione. La direzione della “ Questione  Sociale, fu momentaneamente affidata a Enrico Malatesta e dopo la sua partenza a PEDRO ESTEVE, Ciancabilla  fondò il giornale “L’Aurora”, dove, tra l’altro , chiarì e approfondì la sua concezione antiorganizzatrice e dette, in più articoli, una valutazione sostanzialmente positiva del   gesto di rivolta individuale. Mi limito , come esempio, a citarne uno, scritto, poco dopo l’attentato di Gaetano Bresci al re Umberto I (cfr. brano) .

Brano da commentare: “   … né la propaganda anarchica, né  noi individualmente predichiamo ad alcuno la ribellione individuale e l’uccisione. Noi combattiamo la società borghese, le sue istituzioni, i suoi governanti, i suoi parassiti, ma la scelta delle armi, più che da noi, dipende dal modo col quale i nostri avversari ci combattono. Finché alla nostra serena propaganda di dee, fatta con metodi civili e umani, essi opporranno il bavaglio, il carcere, l’esilio, il domicilio coatto, le torture, la garrotta, la ghigliottina, e le fucilate, noi abbiamo tutto il diritto di far capire a quei signori che […] è bene che per le migliaia dei nostri che cadono sui campi di battaglia, anche qualcuno compensi […] gli innumerevoli martiri nostri, le infinite vittime del popolo oppresso e affamato “ ( Giuseppe Ciancabilla, Quel che ne pensiamo  su L’ Aurora, 8 settembre 1900)

Bibliografia: Giampietro Berti, Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale 1872-1932, Franco Angeli  Storia, 2003 p. 310

Un anno dopo l’attentato di Bresci, LEON  CZOLGOSZ uccise il presidente degli Stati Uniti , WILLIAM Mc KINLEY  e anche in questo caso, sul giornale L’ Aurora, Ciancabilla, in alcuni articoli, tra cui La disgrazia del signor Mc Kinley , prese le difese dell’ attentatore. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ … Noi lo ripetiamo, non siamo stati punto sorpresi dal fatto. Perche? Noi anarchici riteniamo che l’individuo, il quale sta più in alto  nella scala sociale e più sintetizza in sé l’oppressione economica di cui il popolo lavoratore soffre orribilmente, questo individuo è naturalmente il più esposto agli scatti di ribellione degli oppressi e dei diseredati, dei sofferenti del pensiero emancipato come dei sofferenti del ventre vuoto. Nella sua professione di presidente, di re, di imperatore, ha anch’egli i suoi incerti del mestiere, i suoi infortuni sul lavoro. […] Perciò noi pensiamo che il presidente Mc Kinley fosse rimasto semplicemente mister Mc Kinley, avrebbe scansato certamente la rivoltella del cittadino  Czolgosz . …” ( Giuseppe Ciancabilla, La disgrazia del signor Mc Kinley su L’ Aurora n. 47, 14 settembre 1901)

  Bibliografia: in Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di Lima , Gratis, 2012 p. 237. Per gli articoli in difesa di Czolgosz, dal suo arresto all’esecuzione finale sulla sedia elettrica, si vedano sempre in questo libro le  pagine :  247-249 ; 249-251; 254-257; 257-259

Con il precipuo fine di impedire la pubblicazione de  L’ Aurora , che si reggeva quasi esclusivamente sulla sua persona, e determinarne la chiusura, Ciancabilla fu incriminato per un pretestuoso reato postale e  costretto, a causa di una   alternativa cauzione da pagare eccessivamente alta, a passare alcuni mesi in prigione. Tornato in libertà si trasferì a Chicago e poi a San Francisco, dove , nel 1902, fondò insieme a ENRICO TRAVAGLIO   La Protesta  Umana, rivista di scienze, lettere ed arti, definita da Ugo Fedeli “ la pubblicazione di Ciancabilla più riposata ed importante”.  (cfr. brano)

Brano da commentare. “ Con la rivista, dove ormai il lato polemico è meno vivace, il Ciancabilla ha  maggiori possibilità di mettere in evidenza i risultati dei propri studi e delle nuove esperienze acquisite […]  Per questi motivi la rivista La Protesta Umana segna un particolare momento della vita del nostro, sia per la serietà della trattazione degli argomenti che per gli argomenti stessi trattati, cose che gli permetteranno di esercitare, con la nuova pubblicazione, una più estesa influenza su tutto il movimento anarchico. “ ( Ugo Fedeli, Giuseppe Ciancabilla)

Bibliografia: Ugo Fedeli, Biografie di anarchici: Ciancabilla Damiani Gavilli. Samizdat 1997 p. 55

 A Chicago nel settembre del 1904 Ciancabilla, assistito sino all’ultimo da Ersilia Cavedagni,  morì dopo una lunga e dolorosa malattia.

Nel  1901 Ciancabilla  scrisse un articolo  Il pregiudizio d’amore il pregiudizio della donna in cui elogiava incondizionatamente il concetto di amore libero, ma  giudicava negativamente l’ esperimento  di “ amore plurimo” , descritto dettagliatamente da GIOVANNI ROSSI /CARDIAS (cfr. post omonimo ) nell’opuscolo Un episodio d’amore nella  Colonia Cecilia  pubblicato nel 1893 a Livorno .(cfr. brano)

Brano da commentare: “… Noi e del resto tanti altri che, pur non essendo anarchici, preconizzano l’avvento duna società egualitaria, predichiamo l’amore libero, o, meglio, la libertà nei rapporti d’amore in quanto nessun altro vincolo di convenienza o d’interesse debba legare due individui di sesso diverso se non la comunione di affetti e finché essa duri, sia per entrambi, sia per l’uno o l’altra dei due amanti. Concezione così semplice e naturale, quale non si può ideare diversa e migliore. Concezione così completa, che risponde a tutte le esplicazioni  più varie e individuali dei rapporti di amore, quali l’affetto plurimo o singolo, la coabitazione o la vita separata, la famiglia, ecc. Ebbene, ci sono stati e ci sono degli anarchici che sono arrivati a fantasticare di stranezze impossibili partendo pure da un criterio così logico e di buon senso. E sono giunti all’amorfismo, all’amore esclusivamente sessuale, al bacio amorfo (sic) e a tante altre corbellerie non meno pazzesche , da spaventare i neofiti, a far credere che in Anarchia le donne debbano mettersi… in comune. Proprio così. C’ è stato persino qualche studioso delle donne altrui che ha voluto fare esperimenti in anima vili sulla pluralità degli affetti o meglio dei rapporti sessuali e ha pubblicato l’anatomia dolorosa e straziante di due anime ingenue e illuse che compiacentemente si prestarono al suo bisturi di vivisezionatore. …” ( Kordias/ Giuseppe Ciancabilla, Il pregiudizio d’amore, il pregiudizio donna in L’ Aurora, nuova serie n. 58 , 30 novembre 1901)

  Bibliografia: in Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di Lima , Gratis, 2012 p. 265

GIUSEPPE CIANCABILLE E NELLA GIACOMELLI

Sebbene sia soltanto, per quanto ne so,  una mia ipotesi personale ritengo che il dibattito sull’amore libero e plurimo, nato all’interno della rivista  antiorganizzatrice milanese,  Il grido della Folla il 3 settembre 1903, ( cfr. infra post DALL'INTERNAZIONALISMO AL FEMMINILE ALL'ANARCO-FEMMINISMO: NELLA GIACOMELLI… )  possa in  qualche modo essere stato influenzato dall’articolo di Ciancabilla, considerando le affinità culturali e ideali esistenti, pur nella varietà delle conclusioni,  tra lui e i collaboratori della rivista e in particolare con Nella Giacomelli, verso cui provava appassionati sentimenti amorosi. (cfr. brano)

Brano da commentare:  “  Sono conservate alcune lettere di Ciancabilla alla Giacomelli: Il 14 ottobre 1902 le scrisse una cartolina da Chicago: “ Attendo con ansia i tuoi scritti per la rivista. Ci conto mensilmente. Scrivimi, scrivimi, scrivimi”. E il 31 dicembre una lettera in cui dava voce in versi poetici alla sua passione amorosa per Nella: “ La pena che mi sal per te dal core/ è sì dolce ch’io non vorrei mutare/ con mille gioie questo mio patire./ […] Niuno lo sa ch’io ti ami. E pur vorrei/ gridare al mondo questa voce arcana/ che tumultua nel cor tremendamente./ Ma niuno intendere la potrebbe. Sei/ così lontana, così lontana!/ Neppur l’anima tua, forse, mi sente”  ( Lettere a Nella Giacomelli da Giuseppe Ciancabilla)

Bibliografia: in  Ercole Ongaro, Nella Giacomelli. Un’anarchica controcorrente, Zero in condotta 2019 p. 40 e n.12. Entrambe le lettere sono firmate Kordian. Sullo struggente rifiuto di Nella Giacomelli all’ invito di Ciancabilla di trasferirsi a Chicago,  cfr. anche Maurizio Antonioli,  Sentinelle perdute. Gli anarchici, la morte , la guerra,  Edizioni BFS 2009 pp. 197-198


ERSILIA CAVEDAGNI

                                 
ERSILIA CAVEDAGNI ( 1864- ?) Nacque a Bologna e si sposò  giovanissima con l’anarchico GIULIO GRANDI , da cui ebbe una figlia  Edvige.  Fu molto attiva nel propagandare  gli ideali anarchici in varie città italiane e collaborando a pubblicazioni come L’ Agitazione di Ancona ed altre. Fu amica di  Luisa Minguzzi e di Teresa Fabbrini .  Nel 1894 fu  relegata,   al  domicilio coatto a Bassano Veneto.  Nel  1897 tornata a Bologna contribuì alla fondazione del Circolo Giordano Bruno che , oltre a fare propaganda anticlericale, si prefiggeva fini esplicitamente anarchici. (cfr. brano)

Brano da commentare: ““I sottoscritti a nome degli anarchici di Bologna, dichiarano di trovarsi sempre pronti a combattere la battaglia in favore del popolo, e di combatterla a fianco di qualunque partito. Approvano la necessità di un’agitazione di fronte agli ordinamenti attuali e respingono la tattica e la lotta parlamentare”.

Bibliografia: T. Marabini- M. Ortalli, Elisa Cavedagni in DBAI, volume I p. 360


Continuamente perseguitata dalla polizia,  significativi sono i commenti maschilisti e denigratori  di chi  costantemente la sorvegliava:

““Per sottrarsi alle conseguenze della vita libera che mena […] riscuote cattiva fama […] anche per essere di costumi licenziosi [...], frequenta[va] la compagnia degli anarchici più convinti e più esaltati ai quali abbandona[va] anche la persona […] . È propagandista attivissima ed indefessa e con buon profitto, addimostrandosi in ogni contingenza solertissima ed acerrima nemica dell’ordine”.

Bibliografia: T. Marabini- M. Ortalli, Elisa Cavedagni in DBAI, volume I p. 360 e cfr. Elena Bignami,  Le schiave degli schiavi. La questione femminile del socialismo utopistico all’anarchismo italiano ( 1825-1917)  Clueb, 2011,  p. 173

ERSILIA CAVEDAGNI EMIGRANTE

                                                                    

 A Bologna conobbe  Giuseppe Ciancabilla , di cui divenne compagna di idee e di vita e partirono insieme per Parigi e poi a Paterson negli Stati Uniti. Durante il viaggio transoceanico che doveva portarli  in America fece amara esperienza di che cosa voleva dire essere “stranieri”  persino con persone che condividevano la stessa sorte. (cfr. brano)

 Brano da commentare: “Ho traversato l’Oceano; e allontanandomi dalla terra dove gli esseri sono separati dalle sciocche divisioni di frontiere, di Stati, di rivalità, di tradizioni di odio, ebbi per un istante l’illusione che là, in mezzo al mare, su quel naviglio perduto nell’immensità dell’Oceano, fra i pochi esseri ivi raccolti da un destino quasi per tutti comune, fossero cessate le maledette vibrazioni di quel sentimento nefasto che si chiama patriottico. Povera illusione la mia! E ben presto ne feci l’esperienza a mie spese. Quando la necessità dell’avvicinamento ebbe fatto noto a quegli emigranti uomini e donne, per lo più scandinavi, irlandesi, inglesi, che io ero una straniera, e la mia lingua era diversa dalla loro, e il mio vestito pure, e tutte le mie abitudini infine, quando essi seppero che io ero una figlia della disgraziata terra d’Italia, io vidi con dolore allargarsi intorno a me come un gran cerchio di diffidenza e d’isolamento.   Né bastò. Alcune creature, nella loro povera ignoranza che mi faceva compassione, aggiunsero talvolta, durante i tristi giorni del viaggio, la cattiveria dello scherno e della derisione. […]E mai come in quei tristi giorni della traversata dell’oceano, io compresi quanto grande sia la colpa, e quanto più grande dev’essere l’espiazione di una società infame che, contro ogni legge naturale ed umana, ha creato, per un capriccio malvagio, il delitto di essere stranieri…..” ( Ersilia  Cavedagni,  Straniera,….

 Bibliografia: Ersilia  Cavedagni,  Straniera,  in La Questione Sociale, Anno IV, n. 92 del 31 dicembre 1898 p. 361 in https://machorka.espivblogs.net/tag/ersilia-cavedagni/

Giunti a Paterson ( New Jersey) Ersilia Cavedagni collaborò spesso al settimanale La Questione Sociale, di cui Ciancabilla era stato nominato direttore.  Dall’ America Ciancabilla e la Cavedagni  inviarono sovente  soldi  destinati ad aiutare il movimento anarchico in Italia, tra cui  le  iniziative culturali promosse, in quel periodo, da Ettore Molinari e Nella Giacomelli. (cfr. brano)

Brano da commentare: “In questo modo alla Posta andavano accumulandosi sempre più i denari che dall’Italia e dall’America – per opera specialmente di Ciancabilla e di Ersilia Cavedagni – generosamente affluivano per noi, a sostegno della nostra battaglia, a incoraggiamento della nostra resistenza, a conforto dei nostri sacrifici”.

( Nella Giacomelli, Un triste caso di libellismo anarchico 1909)

 Bibliografia: Ersilia  Cavedagni,  Straniera,  in La Questione Sociale, Anno IV, n. 92 del 31 dicembre 1898 p. 361 in https://machorka.espivblogs.net/tag/ersilia-cavedagni/. Sulla particolare attrazione che Ciancabilla provava per Nella Giacomelli, secondo quanto lei stessa confidò al suo amico  Oberdan Gigli, cfr.

Anche dopo la morte di Giuseppe Ciancabilla nel 1904  continuò per quanto le potevano permettere le sue condizioni economiche a sostenere  pubblicazioni anarchiche di vario orientamento, tra cui per esempio nel 1912 il periodico settimanale  Il Libertario diretto da Pasquale Binazzi e nel 1932   Il Martello . fondato e diretto da Carlo Tresca .   Ersilia Cavedagni continuò ad essere sempre attiva nel movimento anarchico italo-americano.  Nel 1905 organizzò una serata lirico-drammatica  a beneficio dei rivoluzionari russi e collaborò, spesso,  con articoli sul famoso giornale in lingua italiana, Cronaca Sovversiva  fondato nel 1903 da Luigi Galleani e che fu pubblicato sino  al 1918. Si spostava frequentemente , come si deduce dalle segnalazioni poliziesche da una città americana a un’altra ( New York,  Filadelfia, San Francisco, Seattle , dove convisse con l’anarchico spagnolo , LEON MOREL.  Non sono noti la data e il luogo della morte, anche se è certo che non rientrò mai in Italia.

 

ERNESTINA CRAVELLO

                                                                                                                      

ERNESTINA CRAVELLO (1880-1942) :  Nel 1895  partì dall’Italia per emigrare in America e andò a stabilirsi con i suoi due fratelli anarchici, Antonio e Vittorio,  a Paterson , In questa città,  famosa per la produzione tessile e per l’alto numero di emigranti politicizzati, la Cravello si distinse per il suo impegno nella “Società per il diritto all’esistenza” , frequentata assiduamente, durante il suo soggiono a Paterson , anche da Gaetano Bresci. (cfr. post NEL FOSCO FIN DEL SECOLO MORENTE 2....) Dopo il riuscito attentato di Bresci si cercò con tutti i mezzi  di dimostrare l’esistenza di  un collegamento  tra  il gesto di Bresci con gli anarchici di Patterson. A questo scopo Ernestina Cravello, a cui  fu appiccicato il titolo di “regina degli anarchici” fu convocata dalla polizia e sottoposta a pressanti interrogatori, a cui lei,per nulla impaurita, rispose con dignità e fermezza. (cfr. 1 brano).   In quei giorni, inoltre, all’uscita della fabbrica , dove lavorava come operaia tessile, fu una volta aggredita e sottoposta a un tentativo di linciaggio, che per fortuna non riuscì.  Anche in tal caso non rinnegò  i suoi ideali che anzi  riconfermò pubblicamente sul giornale  locale libertario, La questione sociale” ( cfr. brano n. 2):

Brani da commentare:  1) “ Siamo tutti anarchici e molti di noi ebbero la fortuna e l’onore di conoscere Gaetano Bresci, che è uno di noi. Ma chi di noi sapeva che Bresci si accingeva a uccidere questo re allorché lasciò Paterson? Nessuno lo sapeva. Noi non abbiamo mai progettato di uccidere re Umberto, ma siamo lieti che Bresci lo abbia fatto. “ ( parole di Ernestina Cravello ad una assemblea) ; 2)  “ … Mi chiamate sedicente anarchica. Perché? Sapete che cosa vuol dire l’aggettivo sedicente?... Per vostra norma, sappiate che sono anarchica nell’anima; che anelo al giorno in cui le mie teorie diventino realtà … E’ appunto perché m’immedesimo e mi commuovo di fronte alle odierne sofferenze di centinaia di proletario che io lotto per un assetto sociale ove non fosse più possibile lo sfruttamento dell’uomo; ed ove- se non tutti, almeno una gran parte dei mali che affliggono il genere umano – venissero a sparire.  Questo è sinteticamente  Anarchia. Chi dunque, fra me e voi, ha il cuore più gentile? Sareste forse voi, che altro culto non avete se non il Dio dollaro, altra educazione se non il farabuttismo?..” ( Risposta di Ernestina  Cravelllo  sulla Questione  sociale del  1 settembre 1900, alla campagna padronale contro di lei e fomentata dal giornale locale , il Bollettino dellla sera.)

 Bibliografia: Fabrizio Montanari, Libertarie. Quattordici figure esemplari di donne anarchiche Compograf  Reggio Emilia 2007 . Primo brano p. 68 e secondo brano  a p. 71         


MARIA RODA

  MARIA RODA (1877- ?  )Figlia  di  Cesare Balzarini Roda, operaio anarchico di Como,   fu compagna di scuola di Sante Caserio, ed ebbero  come maestra la poetessa Ada Negri.  Lavorando  giovanissima , insieme alle sue sorelle,  in una fabbrica tessile, crebbe in lei sempre più una coscienza di classe e un’attitudine alla lotta. Per avere partecipato come oratrice a un comizio  ed avere  cantato canzoni anarchiche e gridato “ Viva l’Anarchia” e “Morte al papa e a re” fu condannata insieme alla sua compagna Ernesta Quartiroli  a tre mesi di carcere e 50 lire di multa .  La stampa dette ampio spazio all’ atteggiamento battagliero  delle due ragazze durante il processo ( cfr. brano)

Brano da commentare: “ La Quartiroli ha uno sguardo e un sorriso tutt’altro che antipatici, ma la Roda era addirittura una splendida ragazza, è vestita in nero e piuttosto bene. Bruna, coi capelli ricci svolazzanti, una rastrelliera di denti magnifica, un corpicino   elegante, un volto ovale e leggermente roseo, due occhi sfavillanti.  E’ di Como, ed è scappata d[ casa; è niente commossa, ride rumorosamente ed è di una spavalderia  straordinaria. Essa rispose che trovavasi a porta Genova per i suoi affari particolari; non cantò nessuna canzone, e fu arrestata. Si professò recisamente anarchica. […] E uscendo anch’io, insieme al redattore giudiziario del “Secolo” e con un corrispondente ci imbattemmo sulla porta del tribunale con due giovani e pallide monache, dai larghi cappelloni di tela bianca inamidata. E dico la verità!  La mente mi si arrestò confusa di fronte al colossale contrasto contro il quale urtava. Di dentro due giovani donne con l’ardente gioventù sul volto, con il corpo , rigoglioso che gettano la loro vita al sole – di fuori due giovani emaciate dal volto non colorito dal sangue vivo, ma dal siero, tormentate dal desiderio di sottrarsi alla vita. E’ curioso! Le une e le altre spinte dai nervi  a due estremi con quasi lo stesso ideale sulle  labbra: l’uguaglianza sociale! Problemi straordinari di fine secolo. “ ( articolo di un cronista di un  giornale non precisato che assisteva al processo contro la Roda e la Quartiroli ed altri compagni)

Bibliografia:  Francesco Lisanti, Storia degli anarchici milanesi (1892-1925) , La coda di paglia 2016 p. 27-29

Nel giornale , l’Indipendente di Brescia si riportò, mantenendo il dialetto  usato dalla quindicenne Maria Roda, il suo fiero e sprezzante comportamento in aula e i suoi  scontri verbali col giudice. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ Al processo vestiva di bruno, piuttosto bene; niente commossa, rideva sgangheratamente, con una spavalderia meravigliosa. Essa rispose che trovavasi a Porta Genova per i suoi affari particolari, non cantò nessuna canzone, e fu arrestata. Si professò recisamente anarchica.  Pres. . “ - Ma scommetto che non sapete nemmeno voi cosa voglia dire  l’anarchia” . Imp. - Oh! El so minga?  Ben, allora me l’insegnerà lu…  . Durante la deposizione di una guardia si alza gridando:  “ - El compatissi perché anca lu l’è in miseria e ghe tocca mangà la pagnotta. Vergogna, a ligàa su i so fradej… “. E fu tutto il tempo del processo provocante, petulante. Durante la requisitoria continuò, a dispetto delle ammonizioni del presidente, ad interrompere il  Pubblico Ministero, e quando in ultimo le venne accordata la parola esclamò: - “ Mi disi nagott, perché tanto l’è inutil! “. Mentre il tribunale si ritirò per la sentenza, la comasca petroliera si tolse una pagnotta secca e andava battendola contro la gabbia; rideva fragorosamente, si metteva in testa il cappello anarchico a larghe tese del vicino, e al vicino che le imponeva di toglierlo, rispondeva: -“ Chi comanda nissun! “  E poi volgendosi ai giornalisti: - Ades comincierà el scacc che veden in di anrchich anca i donn”. ( Cronaca del processo contro Maria Roda e altri compagni-e nell’ Indipendente di Brescia)

Bibliografia:  Marabbo e Alessia Bruni Cavallazzi, Attorno a una vita: Maria Balzarini Roda in Malamente. Rivista di lotta e di critica del territorio,  20 giugno 2020 pp.101-102 e approfitto dell’occasione per ringraziare questa bella rivista di avere usato la foto della mia figurina in creta raffigurante Maria Roda.

Nel 1893 emigrò insieme al padre Cesare e alle sorelle, assillati dalle incessanti persecuzioni poliziesche del,  noto per il suo sviscerato  odio contro gli anarchici,  commissario Ettore Prina, negli Stati Uniti d’America e si recò anche lei, come molti altri italiani anarchici  a Paterson. Nel 1894 Maria Roda,  collaboratrice appassionata di varie pubblicazioni anarchiche , scrisse sulla rivista Il grido degli oppressi, l’articolo  Cosa vogliono  gli anarchici. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ Gli anarchici in primo luogo, vogliono la scomparsa dell’autorità, della proprietà individuale , della religione, e della famiglia per sostituire all’autorità, l’indipendenza relativa, ossia fino al punto di non nuocere agli altri. Alla proprietà individuale, quella comune, o meglio patrimonio sociale, senza tutori speciali: che maneggiano gli affari altrui. Alla religione, la scienza, il progresso, quella potente arma che sradica i pregiudizi inculcati da quel vento pestifero religioso che da secoli incretinisce ed impedisce al cervello umano la sua marcia trionfale. Alla famiglia attuale che trovasi basata sull’interesse sostituirci quella basata sull’amore reciproco, ove i figli saranno educati e custoditi dall’intera comunità. In secondo luogo gli anarchici vogliono possedere gli attrezzi necessari per lavorare i campi e nelle manifatture, le macchine triplicate, studiare in maniera che i lavori più penosi e pericolosi, siano fatti dalle macchine, acciocché il lavoro diventi più piacevole che sia possibile. Inoltre vogliono il libero scambio per non cercare occasione a chicchessia di alzarsi al di sopra degli altri […] vogliono un’esistenza migliore, perché nel mondo il posto vi è per tutti, e tutti dobbiamo prendere parte al gran banchetto della vita […] Per voi  odiati spogliatori, ladri e assassini la condanna è scritta, e ad onta delle vostre forche, delle vostre manaie, del vostro patrio piombo, e delle vostre infami leggi, non c’impedirete di rovesciarvi nel fango donde siete venuti “

Bibliografia:  Marabbo e Alessia Bruni Cavallazzi, Attorno a una vita: Maria Balzarini Roda in Malamente. Rivista di lotta e di critica del territorio,  20 giugno 2020 p. 103

MARIA RODA ED EMMA GOLDMAN

.A New York,  durante una conferenza tenuta dalla giovane italiana  Emma Goldman rimase assai colpita dalla bellezza e dal melodico impeto  oratorio di Maria Roda, sebbene parlasse  non in inglese, ma in italiano .)  (cfr. brano)

Brano da commentare: “ “Improvvisamente giunse nel camerino il suono di una bellissima voce. Parlava una lingua che non conoscevo. “ Chi sta parlando adesso?” domandai. “ E’ Maria Rodda, un’anarchica italiana. Ha solo sedici anni ed è appena arrivata in America.”. La voce mi elettrizzò e volli vedere l’oratrice. Mi avvicinai alla porta che dava sul palco. Maria Rodda era la creatura più meravigliosa che avessi mai veduto. Edra una ragazza di media altezza; la testa, ben formata e coperta da folti riccioli neri, spiccava come un giglio sul collo esile e slanciato. Il viso era pallido, le labbra rosse come il corallo, ma ciò che più colpiva erano gli occhi: grandi, scuri come carbone e illuminati da una luce interiore. Come me, la maggior parte del pubblico non capiva l’italiano, ma la strana bellezza di Maria e la musica delle sue parole suscitavano un senso di tensione e di entusiasmo nell’assemblea. Per me fu come un raggio di sole. I fantasmi svanirono, il peso della prigione scomparve. Mi sentii libera e felice, tra amici […] Dopo la riunione, alcuni compagni si ritrovarono nel locale di Justus. C’era anche Maria, e io ero ansiosa di sapere tutto sul suo conto. Pedro Esteve , un anarchico spagnolo, fungeva da interprete. Seppi dunque che Maria era stata compagna di scuola di Sante Caserio e che la maestra di entrambi era stata Ada Negri, l’ardente poetessa rivoluzionaria. Tramite Caserio, Maria, appena quattordicenne , era entrata in un gruppo anarchico. Quando Caserio aveva ucciso Carnot, il presidente francese, il gruppo era stato colpito da una retata della polizia e Maria, insieme a tutti suoi compagni, era finita in prigione. Subito dopo la scarcerazione era partita per l’America con la sorella più giovane. Quello che avevano sentito raccontare di me e di Sasha le aveva convinte che anche in America, come in Italia, gli idealisti erano perseguitati. Maria sentiva di poter fare molto per i suoi compatrioti negli Stati Uniti. Mi pregò di aiutarla, di farle da maestra. L’abbracciai forte per proteggerla dai colpi crudeli che, sapevo, la vita le avrebbe inflitto. Sarei stata la sua maestra, la sua compagna …” ( Emma  Goldman  Vivendo la mia vita….). Sulla sua intensa propaganda anarco- femminista cito brani di due articoli

Bibliografia: Emma Goldman, Vivendo la mia vita, vol. 1 1889-1899, La salamandra 1980 p. 143. e Stefania Mazzone, Seta e anarchia. Teorie e prassi degli anarchici italiani a Paterson, Rubettino Università, 2018 pp. 84-85. Cfr. anche per gli emigrati anarchici  negli USA Gino Vatteroni, Dalle Apuane alle Green Mountains. Anarchismo ed anarchici fra Carrara e il Vermont (1888-1910),Edizioni Monte Bove Collana Rossa,  2019 pp. 170-172 Un bel libro ma mi è dispiaciuto che non fossero menzionate le  anarco-femministe italo americane come Ernestina Cravello, Maria Roda, Ersilia Cavedagni, pur facendo menzione di Pedro Esteve, Giuseppe Ciancabilla ed altri.

Accortasi di quanto anche all’interno del movimento anarchico italo americano di quei tempi la donna venisse alquanto emarginata , fondò, nel 1897,  assieme ad Ernestina Cravello e ad altre il “Gruppo di  emancipazione delle donne”, aiutate in questo anche dal suo noto compagno catalano, PEDRO ESTEVE (1865- 1925) , amico di Malatesta e redattore  del giornale  La Questione  sociale .   , con cui ebbe 10 figli (cfr. più avanti) Su questa rivista Maria Roda pubblicò vari articoli , tra cui uno rivolto alle operaie e l' altro alle madri.  ( cfr. brani)

Brano da commentare: 1) “ Alle Operaie- Compagne; è ormai tempo che anche noi ci agitiamo, ci organizziamo per provare al mondo che ci accusa, che anche noi siamo capaci a qualche cosa. Facciamo conoscere all’uomo, che impedisce ogni nostra volontà, che non ci permette di pensare a modo nostro, di agire secondo il naturale nostro impulso, ma ci considera molto al di sotto di lui, imponendoci sia la sua autorità di padre, sia quella di fratello, sia quella di marito, e come tale si crede più forte e ci calpesta, ci opprime, e tal volta la mano pesante di lui perquote la nostra guancia, e noi quali più deboli dobbiamo sottostare a tutti, noi siamo fatte oggetto di piacere che vogliamo noi pure goder dei nostri diritti, della nostra libertà.  Io sentii l’uomo. Io sentii l’uomo, e voi pure compagne, lo sentiste, dire che noi non sappiamo che fare dei pettegolezzi, che siamo linguacciute, che noi non ci occupiamo che di mode e di gingilli, ma che siamo incapaci a comprendere le cose serie, che noi non prendiamo a cuore le miserie della società, che noi non ci curiamo di combattere le infamie di una casta che ci danna al dolore ed alla fatica. Si dice che noi siamo frivole, siamo deboli, che siamo incapaci a sostenere la lotta contro questa infausta società, che noi non sappiamo comprendere l’ideale anarchico[…] Addimostriamo, compagne, che invece anche noi siam capaci a qualche cosa, che anche noi sentiamo l’onta di questa società infame che, anche nel nostro cuore sorge l’idea della rivolta, perché siamo stanche delle ingiustizie di cui siamo vittime, perché vogliamo noi pure abolito il servaggio , perché vogliamo sorgere a libertà . Ed è appunto perché sentiamo e soffriamo che noi pure vogliamo immischiarci nella lotta contro questa società, perché anche noi ci sentiamo nate per essere libere, per esser uguali. …” ( Maria Roda, Alle Operaie in La Questione Sociale, 1897) ;  2“ Alle  Madri […] “ Credo che, come madri generose, non permetterete che i vostri figli siano educati colla falsa istruzione del sistema attuale, e che, al contrario, infonderete nei loro cuoricini la Verità, la Bellezza. Spero che non insegnerete loro ad adorare un dio che non esiste, che è una menzogna; ma in vece di dio insegnerete ad ammirare la Natura. Che non insegnerete loro di amar la patria, perché non è che una causa di carneficina tra fratelli, per il capriccio degli uni e la vanità degli altri; ed inculcherete loro il sentimento dell’amore a tuti i popoli. Che non imporrete ai vostri figli, o madri, il matrimonio legale, perché non è altro che un patto d’interesse, un laccio odioso, come cosa sacra; ma parlerete loro, invece, dell’amor puro, naturale, di due cuori che si uniscono, dell’amor libero. Che non insegnerete loro ad essere umili  e sottomessi al capitalista, il quale li sfrutta giornalmente; ma ad essere fieri e dignitosi e a sottrarsi alla sua prepotenza, proclamando i loro diritti. Così saremo certe che otterranno il benessere, la felicità e l’amore, perché le loro madri avranno loro insegnato la via della  Verità” ( Maria Roda, Alle Madri in La questione Sociale settembre 1901)

Bibliografia:  Marabbo e Alessia Bruni Cavallazzi, Attorno a una vita: Maria Balzarini Roda in Malamente. Rivista di lotta e di critica del territorio,  20 giugno 2020. Primo brano a pp. 105-106 e secondo brano  a p. 107

MARIA RODA E PEDRO ESTEVE

 
L’attività delle compagne, non subalterna a quella maschile, incontrò una forte reazione maschilista da parte di alcuni compagni tanto che il 4 settembre 1902 il Gruppo femminile di Paterson si rivolse alla “Questione sociale” con questa lettera, scritta probabilmente dalla stessa Maria Roda. (brano da commentare)

 Brano da commentare : “In disposizioni conformi di solidarietà e di benevola collaborazione noi speravamo quando, or fa quasi un anno, nel gruppo femminile Emancipazione della Donna ci disponemmo, coi poveri mezzi che erano a nostra disposizione, senza alcuna pretesa, a diffondere le idee comuni d’emancipazione dando speciale sviluppo a quella parte che ha più diretto rapporto colla nostra condizione servile, vilipesa, mortificante. Dobbiamo aggiungere che se la bontà e la modestia delle nostre intenzioni furono riconosciute da molti buoni compagni che ci sovvennero di largo e fraterno incoraggiamento, non giunsero però mai a salvarci dalla persecuzione rabbiosa di molti eterni malcontenti i quali nelle nostre intenzioni non vedono che l’orgoglio, nei nostri atti non cercano che l’errore, nelle nostre parole... l’ortografia, e ci gratificano delle loro malignità, dei loro scherni, della loro assidua derisione d’uomini superiori. Dica la Questione sociale in proposito il suo modo di vedere e se noi abbiamo proprio tutti i torti a credere che l’emancipazione delle donne sia così direttamente subordinata alla libertà ed al rispetto di cui deve godere che mal vi provvedono e la censura sistematica e l’irrisione abusata”.  (Gruppo  femminile di Paterson, Questione sociale, settembre 1902)

Fu probabilmente lo stesso  Pedro Esteve a nome della  redazione della Questione sociale a rispondere alle rivendicazioni del Gruppo femminile di Paterson:

 Brano da commentare: “Alle nostre compagne del Gruppo Femminile. [...] Esse dovevano prevedere che se attorno all’opera loro sarebbero convenuti solidali tutti coloro in cui la convinzione turgida cerca ogni giorno nuove arterie a più diffusa e più vitale circolazione, dovevano, per converso, contro l’opera loro schierarsi tutti i rachitici della fede denutrita, tutti gli ibridi, tutte le mezze coscienze, tutti i mezzi caratteri fino a coloro che a dispetto delle intenzioni povere e della boria facile, di carattere e coerenza non sanno che farne e non perdoneranno mai alle donne, sieno quanto vogliono compagne, di voler fare da sé. Finché a parlare di redenzione delle donne sono... gli uomini, magari di buona volontà, le cose procedono su per giù come per l’emancipazione dei lavoratori per cura dei capitalisti, vale a dire col massimo ordine e con risultati irrisori. Ma il terreno diventa scabro non appena, emancipate dalle tutele più prossime cominciano a dissodarlo... le donne stesse con un ribelle sentimento d’indipendenza e coll’esercizio pratico di quell’azione diretta che raccoglie nei comizi tante simpatie, [ma] tanta corona d’oltraggi nella pratica e nella lotta, come avviene appunto alle compagne nostre del Gruppo Femminile. [...] le compagne nostre hanno torto a meravigliarsene e di dubitare del loro nobilissimo lavoro di propaganda; torto tanto maggiore che esse non potranno impedire mai agli idrofobi di perdere la bava né di ridere stupidamente agli idioti”. ( Redazione della Questione sociale, 1902)

Bibliografia:  Marabbo e Alessia Bruni Cavallazzi, Attorno a una vita: Maria Balzarini Roda in Malamente. Rivista di lotta e di critica del territorio,  20 giugno 2020. Entrambi i testi sono a pp. 108-109


PEDRO ESTEVE E MARIA RODA PIU' ANZIANI

Dopo il 1908 Maria e Pedro  lasciarono Paterson e  viaggiarono, sempre a fini di propaganda,  in tutte le più importanti città americane sino a che si stabilirono definitivamente a  Weehawken (New Jersey)  e la loro casa divenne un noto luogo, dove, soprattutto le domeniche, si organizzavano raduni. Dopo la morte di Pedro Esteve nel 1925 e quella del padre Cesare nel 1932 continuò a vivere insieme ai figli  Violetta, Sirio, Sensitiva, Pedro, Flora, Elio, Iris e Zeffiro a Weehawken, restando sempre “ un’ardente anarchista”. Non se ne conosce la data precisa della morte.

 





 

 







                                                                                          




                                                                          










 
 






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